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Ecco il piano per Mps (Monte dei Paschi di Siena)

FABRIZIO VIOLA MPS

Banca Mps prepara la rete per il maxi aumento da 5 miliardi che seguirà la cartolarizzazione di non performing loan da 9,6 miliardi. Tra il fine settimana e lunedì dovrebbe vedere la luce il consorzio che garantirà l’inoptato nella ricapitalizzazione, la terza in tre anni per un importo complessivo di 13 miliardi.

ADVISOR IN AZIONE

In queste ore gli advisor e global coordinator Mediobanca e Jp Morgan starebbero contattando un gruppo di banche internazionali, proprio quei soggetti di cui due settimane fa MF-Milano Finanza aveva registrato la disponibilità a intervenire. Nel pool potrebbero entrare Bofa-Merrill Lynch, Citigroup, Goldman Sachs e Credit Suisse, mentre sarebbe ancora in forse l’intervento delle big italiane Unicredit e Intesa Sanpaolo (attraverso Banca Imi).

LE TAPPE E I NUMERI

L’intenzione sarebbe quella di lanciare l’aumento tra l’autunno e l’inizio del 2017, subito dopo la cartolarizzazione delle sofferenze che potrebbe essere una delle condizioni del deal. Quel che è certo è che l’operazione sarà più impegnativa di quanto stimato finora, visto che i pronostici del mercato oscillavano tra i 2 e i 4 miliardi di euro. Un importo così elevato, sostengono gli esperti, potrebbe essere spiegato con una revisione delle serie storiche imposta proprio dalla cessione dei portafogli di npl. Ma è anche possibile che il management voglia garantire alla banca una dotazione patrimoniale di tutta sicurezza prima di un’eventuale aggregazione.

L’INCOGNITA PUBBLICA

Resta ancora da capire se, anche alla luce dell’importo più elevato del previsto, sull’operazione scatteranno forme di backstop pubblico. Ieri del resto, durante il question time alla Camera, il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan non ha contribuito a chiarire questo delicato aspetto. Se infatti l’inquilino di via Venti Settembre si è allineato a Palazzo Chigi parlando di «soluzioni di mercato», non ha neppure chiuso a forme di garanzia pubblica. «Il sistema bancario italiano è in grado di implementare soluzioni di mercato sostenibili ed efficaci di fronte ad eventuali fabbisogni di aumenti di capitale e smaltimento di sofferenze», ha spiegato Padoan, che però ha anche menzionato il backstop previsto dall’accordo del 2013. Questo strumento, ha puntualizzato il ministro, dovrà «essere istituito entro il 2023. Nulla impedisce di agire subito e questa posizione è stata più volte ribadita in sede europea dalla delegazione italiana».

IL NODO BURDEN SHARING

A quel punto però bisognerà fare i conti con il burden sharing, che potrebbe essere applicato nella forma di una conversione in azioni dei bond subordinati. Lo scenario preoccupa non poco il premier Matteo Renzi che, memore della vicenda delle quattro banche, preferirebbe per il momento assumere una linea attendista e intervenire se necessario in una fase successiva. C’è poi un secondo aspetto da considerare: una forma di backstop sull’aumento potrebbe tenere lontani investitori privati, proprio come accaduto in circostanze diverse alla Popolare di Vicenza e a Veneto Banca.

LE IPOTESI

L’eventualità non piace ovviamente al pool di banche d’affari al lavoro sull’operazione che gradirebbe invece un’operazione tutta di mercato, senza interferenze da parte dello stato italiano. Non tutti però sono convinti che la strategia sia efficace: «L’intervento del governo sotto forma di un backstop all’aumento di capitale appare probabile», ha spiegato all’Ansa Lorenzo Codogno, ex capo economista del Tesoro e ora a capo della Lc Macro Advisors.

IL DOSSIER CARTOLARIZZAZIONE

Intanto è quasi concluso il lavoro attorno alla prima parte del piano di Mps, cioé la cartolarizzazione di npl per 9,6 miliardi. Lo schema messo a punto dagli advisor prevederebbe la costituzione di uno special purpose vehicle che rilevi da Mps e poi cartolarizzi portafogli di crediti in sofferenza, collocando i titoli generati dall’operazione presso investitori specializzati. In particolare, la tranche junior, quella cioè più rischiosa, e forse anche quella mezzanine dovrebbero essere rilevate da Atlante 2, il fondo gestito da Quaestio sgr in cui dovrebbero confluire le munizioni residue di Atlante 1 insieme alle risorse della Sga, della Cdp, delle Casse di previdenza e di alcune banche e assicurazioni italiane ed estere.

COSA FARANNO LE BANCHE PER IL FONDO ATLANTE 2

Se Intesa Sanpaolo e Unicredit (ma oggi Mustier ha smentito) potrebbero dare la propria adesione al veicolo per circa 300 milioni, sembra che altri gruppi come Ubi siano ancora freddi sull’ipotesi di un nuovo investimento dopo quello effettuato in Atlante 1. Nel frattempo sarebbero in corso trattative anche con gruppi assicurativi come Unipol, Generali e Mediolanum e banche internazionali presenti in Italia del calibro di Deutsche Bank, Bnp Paribas e Credit Agricole con l’obiettivo di raccogliere entro la fine della settimana almeno 3,5 miliardi. Sulla tranche senior invece potrebbe essere applicata la garanzia statale (Gacs), mentre i compratori potrebbero essere soggetti di varia natura. Visto però che i tempi della Gacs sono piuttosto lunghi, la liquidità necessaria per comprare questa tranche potrebbe arrivare da un prestito ponte di circa 7 miliardi anticipato da Jp Morgan. Nuovi incontri per definire l’operazione dovrebbero susseguirsi oggi.

(Estratto di un articolo pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)



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