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Io, banchiere, vi dico i veri motivi delle sofferenze bancarie

Il problema all’ordine del giorno è quello dei crediti deteriorati del sistema bancario (meglio, delle grosse banche, che non hanno il controllo del territorio a differenza delle medie). Chi liquida la questione dicendo che i banchieri scontano il fatto di aver finanziato «gli amici e gli amici degli amici» (come sostenuto da una populista leader di partito), o è in malafede o non sa quel che dice.

I crediti deteriorati sono in minima parte frutto di valutazioni sbagliate dei banchieri. In gran parte sono frutto di una situazione economica che, nella sua gravità e durata, nessuno poteva prevedere. In Italia, poi, le difficoltà in cui si trova oggi il sistema bancario sono il risultato di una tassazione che ha ridotto i valori immobiliari (e in modo proporzionale le garanzie e i parametri patrimoniali degli istituti di credito) di 2mila miliardi, di tanto impoverendo gli italiani (secondo i calcoli di Paolo Savona).

Individuare le ragioni di tale perversa tassazione è anche individuare gli ambienti che, a proprio beneficio, hanno promosso e voluto la situazione di cui le banche sono oggi (con gli investitori nel settore) le prime vittime. È dunque a tutti noto che a dare il via alla smodata tassazione immobiliare è stato in primo luogo il governo Monti. Il pretesto fu che occorreva equiparare la tassazione del settore in Italia a quella degli altri Paesi dell’Eurozona o dell’Ocse, ma entrambe le tesi si sono dimostrate sbagliate o capziose, senza replica degli interessati. Osservatori indipendenti sostennero che l’obiettivo, piuttosto, era (ed è) la finanziarizzazione della proprietà immobiliare e la sua appartenenza a società dedicate piuttosto che a persone fisiche. I Governi succedutisi a quelli Monti, tranne quello attuale, hanno ulteriormente aggravato l’imposizione sugli immobili.

Ma la tesi – sostenuta da Ocse e Commissione Ue oltre che dall’Agenzia delle Entrate (in cui è stata inglobata quella del Territorio) – che la tassazione immobiliare non riguardi beni capitali (la cui tassazione, è accertato, è dannosa per la crescita del pil) ma beni di consumo durevole, è altrettanto fallace, considerando che gli immobili generano un reddito annuo quasi permanente. Da ciò «consegue che la loro tassazione si ripercuote sull’accumulazione del capitale, analogamente a quella sugli altri risparmi e investimenti» (Forte, 2013).

Quanto all’attuale governo «sembra di capire che abolendo la Tasi sull’abitazione principale goduta dal proprietario, il ministro Padoan abbia ammesso che la tassazione immobiliare patrimoniale non è vantaggiosa in una politica fiscale orientata alla crescita» (Forte). Lo Stato continua, dunque, in una politica di tassazione degli immobili che ha creato e mantiene la crisi del settore, e ciò sulla base di tesi smentite dai fatti e prive di dignità scientifica, oltre che non condivise a livello governativo e della Pa (che comunque non hanno smentito).

Il sistema bancario, d’altra parte, ha sempre giustamente ravvisato negli immobili la garanzia patrimoniale più certa, non suscettibile di perdita di valore per inflazione o per cattiva gestione, com’è invece per i titoli mobiliari. E la crisi immobiliare, indotta solo in Italia da un’errata politica dei governi da Monti in poi (compreso per questo aspetto l’attuale, che non ha minimamente ricreato la fiducia nell’investimento immobiliare) rende difficile, in Italia, la realizzazione delle garanzie bancarie, tradizionalmente costituite in gran parte da immobili.

La colpa, dunque, è davvero dei banchieri? O comunque dei risparmiatori, come vorrebbe una bizzarra Europa, con il bail in (incostituzionale)? Il bail out – c’è da chiedersi – non sarebbe di certo più coerente (com’è sempre stato) proprio perché le banche non sono monadi indipendenti dal clima in cui sono costrette a vivere, ma al contrario realtà condizionate (e guidate, oltre che vigilate) dallo Stato? Né la fase epocale di arretramento dai propri obblighi che caratterizza attualmente la realtà statuale come formatasi in epoca moderna, può giustificare un comportamento che incide come nessun altro sulla fiducia dei risparmiatori, con tutto ciò che ne consegue e ne è già conseguito.

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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