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Tutti i dettagli sull’attacco Isis a Charleroi

Due poliziotte sono state ferite a colpi di machete da un uomo venerdì pomeriggio, mentre svolgevano il turno di guardia davanti al commissariato di Charleroi, cittadina di duecento mila abitanti nella fascia centro-occidentale del Belgio. Le due donne non sono in pericolo di vita, sebbene una di loro ha riportato ferite profonde al volto, che secondo quanto dichiarato dalle autorità lasceranno segni “estetici”. L’attentatore è morto: un terzo agente intervenuto sul posto ha aperto il fuoco contro di lui ferendo ripetutamente a torace e gambe, trasportato poi in ospedale, ha perso la vita durante un intervento chirurgico.

I testimoni, quasi tutti poliziotti, hanno raccontato ai media locali che l’aggressore, dopo aver tirato fuori il machete dal suo zaino, s’è diretto contro le due agenti urlando “Allah Akhbar”, Allah è grande, ossia il motto religioso ormai diventato sinonimo anche delle azioni terroriste legate al fondamentalismo islamico. L’attacco è stato rivendicato sabato dalla sedicente agenzia stampa dello Stato islamico, Amaq News, usando un layout semantico già noto, che indica “fonti” che hanno riferito della vicenda, e come motivazione la risposta al richiamo del Califfo.

Già nel pomeriggio di venerdì, pochi minuti dopo l’attacco i canali Telegram bazzicati dai fan boys dello Stato islamico avevano ripreso con aggiornamenti in diretta la notizia.

L’autore, secondo le informazioni diffuse dalle autorità locali, sarebbe stato un algerino di 33 anni, immigrato illegale in Belgio dal 2012, conosciuto alla polizia solo per reati comuni ma non per terrorismo: non si trovava in carcere per mancanza di posti.

UN’AZIONE TERRORISTICA

Potrebbe trattarsi dell’ennesimo caso in cui lo squilibrio mentale si fonde con le modalità d’azione proposte dai predicatori del terrore islamista; pochi giorni fa un’azione simile ha lasciato a terra una turista americana a Russel Square, la centralissima piazza appena dietro al British Museum di Londra. Charles Michel, il premier belga, ha detto alla televisione Rtl che non è chiaro se si tratti di un’azione di un lupo solitario, come vengono chiamati quegli attentatori che procedano quasi indipendentemente al proprio indottrinamento fino al gesto estremo, sfruttando al massimo i messaggi d’odio propagandistici messi online dal Califfato. Michel ha parlato comunque del fatto che dalle prime informazioni sia indicata “la pista terroristica”.

LA JIHAD DELLE LAME

Gli attacchi con coltelli e armi da taglio sono notevolmente aumentate nell’ultimo anno, dopo che in Israele è stata avviata quella che è stata definita la “Knife Jihad”, la jihad dei coltelli – che trova sponda anche in risposta alle chiamate dei predicatori dell’IS, che chiedono ai proseliti di colpire con qualsiasi arma abbiano a disposizione, a cominciare da un coltello da cucina. Questo genere di azioni, martellanti e continue, anche se comporta meno danni dei grandi attacchi pianificati come quello avvenuto a Parigi il 13 novembre, riesce a instillare la paura tra le popolazioni degli stati colpiti. In Belgio, inoltre, la situazione è aggravata dal ricordo dell’attacco coordinato all’aeroporto e alla metropolitana di Bruxelles, e ai tanti collegamenti con le azioni avvenute in Francia. Charleroi era considerata un’area più tranquilla, differentemente da altre realtà belghe: ad esempio le periferie della capitale, come l’ormai nota Molenbeek, dove il super ricercato per la strage di Parigi Abdeslam Salah è stato arrestato; oppure come Verviers, città al confine est con la Germania, dove nel gennaio del 2014 era stata individuata una cellula con in programma un’azione kamikaze contro una centrale di polizia. Se Corinne e Hakima, questi i nomi delle due agenti aggredite, si sono salvate la vita, è anche perché le forze di sicurezza belghe hanno aumentato i protocolli di difesa dopo gli arresti di Verviers e dopo i fatti successivi. Sono oltre 500 i mujaheddin made in Belgium.

LUPI NON PROPRIO MOLTO SOLITARI

L’attacco ha ricordato sotto molti aspetti anche l’azione del terrorista che il 13 giugno, armato di ascia, ha ferito gravemente tre persone su un treno nei pressi della cittadina tedesca di Wurzburg. Anche in quel caso si era inizialmente parlato di psicosi personali sfogate sugli attacchi contro le masse, ma tre giorni fa lo Spiegel ha pubblicato un articolo in cui raccontava che sia questo attentatore che quello che una mesata dopo s’è fatto esplodere alle porte di un concerto a Ansbach, sempre in Germania, avevano avuto contatti con alcuni affiliati dello Stato islamico, in particolare con un saudita, che aveva guidato i due proseliti pronti all’attacco nelle fasi di organizzazione. In almeno una chat di queste conversazioni di cui parla il settimanale tedesco, il contatto dall’Arabia Saudita suggeriva al giovane che ha colpito a Wurzburg di utilizzare una macchina nell’attacco – un modus operandi simile a quello che s’è visto con la strage di Nizza –, ma lui aveva risposto che il piano sarebbe stato irrealizzabile visto che non aveva la patente. Si tratta di azioni semplici da compiere, rafforzate dall’emulazione e basate sulla propaganda, per questo facilmente ripetibili, imprevedibili, in grado di massimizzare l’effetto con uno sforzo minimo. Per questo gli aspiranti si sentono incoraggiati.

(Foto: Le Soir)

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