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Generali, Telecom e Mediaset. Tutti i timori di Renzi per le mire di Bolloré

Di Michele Arnese e Federico Fornaro
Vincent Bolloré

Timori di Palazzo Chigi per le mire espansionistiche del francese Vincent Bollorè su alcune delle maggiori aziende italiane, con ricaschi pure sull’assetto azionario di Assicurazioni Generali. E pure in casa del Leone di Trieste i soci italiani seguono con apprensione le mosse del finanziere che, come nel caso delle nomine ai vertici di Telecom Italia, snobba il vaglio governativo. Mentre il premier Matteo Renzi sulla banda larga fa da sponda ai progetti di Enel che hanno spiazzato il gruppo ora capitanato da Flavio Cattaneo, il quale si è alleato con Fastweb sulla fibra ottica. Ma adesso i palazzi della politica e della finanza spostano l’attenzione su altro, in particolare sulle Assicurazioni Generali. Ecco tutti i dettagli su preoccupazioni e ansie per le azioni più o meno palesi, e sulle reali intenzioni, del finanziere Bolloré, che dovrà però superare anche le forche caudine a Trieste dei soci italiani del colosso assicurativo e a Roma quelle della Banca d’Italia. Mentre da ambienti vicini a Bolloré si mostra stupore per questo can can mediatico. Ma andiamo con ordine.

L’ALLARME LANCIATO DA REPUBBLICA

Attenzione al numero uno di Vivendi, Vincent Bolloré. A lanciare l’allarme, già nell’aria da un po’ di mesi, è stata Repubblica del 7 agosto, in un articolo di Francesco Manacorda e Claudio Tito, dove si metteva in guardia sul fatto che Bolloré punterebbe a mettere le mani sulle Assicurazioni Generali. Come? È presto detto: rafforzandosi in Mediobanca, nel cui capitale già figura come secondo socio con il 7,9% alle spalle di Unicredit, prima azionista all’8,7 per cento.

IL PIANO DI BOLLORE’

Secondo Repubblica, in particolare la strategia del patron di Vivendi sarebbe quella di acquistare azioni di Mediobanca da Unicredit, che in questo momento ha più che mai necessità di fare cassa, senza contare che a guidarla c’è il francese connazionale di Bolloré Jean-Pierre Mustier, e da Mediolanum, che ha in mano il 3,4% del capitale di Piazzetta Cuccia. Sulla vicenda torna La Stampa dell’8 agosto, dove Gianluca Paolucci scrive: “Secondo quanto ricostruito, il finanziere francese punterebbe a salire fino al 22-23% di Mediobanca e per questa via esercitare un controllo di fatto sul Leone”.

In proposito va ricordato che il gruppo guidato da Alberto Nagel ha in mano il 13% del capitale del colosso assicurativo del Leone. Dunque salire in Piazzetta Cuccia significa crescere indirettamente anche a valle, nelle Generali. Dove, aggiunge La Stampa, “manco a dirlo si trova da qualche mese un manager francese, Philippe Donnet. Per il quale lo stesso Bolloré si sarebbe speso presso l’ad di Mediobanca, Alberto Nagel, quando c’è stato da scegliere il successore di Mario Greco”. Di più: le mire sulle Generali potrebbero essere collegate a un disegno di fusione con la compagnia francese Axa, tra i primi concorrenti del gruppo triestino.

Le intenzioni di Bolloré si inseriscono in un quadro già piuttosto movimentato per gli affari del finanziere bretone al di qua del confine: la sua Vivendi, nel giro di poco più di un anno, è diventata prima azionista di Telecom Italia, con quasi il 25% (è la soglia oltre la quale scatta il lancio dell’offerta pubblica), mentre è notizia di questi giorni la lite in corso con la Mediaset della famiglia Berlusconi, da cui la società francese avrebbe dovuto rilevare il 100% della tv a pagamento Premium (di cui ora invece vuole solo il 20 per cento).

LA PREOCCUPAZIONE DEL GOVERNO RENZI

Ma le mire di Bolloré sulle Generali non sarebbero gradite dal governo di Matteo Renzi. “Dalla politica sono arrivate reazioni preoccupate”, scrivono Manacorda e Tito, che in un articolo dell’8 agosto tornano sulla questione: “Dietro l’allarme del governo per le mosse di Bolloré sulla galassia Generali-Mediobanca c’è prima di tutto la forte irritazione per il suo comportamento in Telecom e Mediaset”. Per quanto riguarda la società di telecomunicazioni, “alla riluttanza della società ad appoggiare le scelte del governo sulla banda larga si è aggiunta una mossa come la nomina – in marzo – del nuovo amministratore delegato Flavio Cattaneo decisa dall’azionista francese Vivendi (di cui Bolloré è socio di maggioranza relativa) senza nemmeno un’informazione di cortesia all’esecutivo. Da qui il gelo nei rapporti e il sostegno sempre maggiore che lo stesso Renzi esprime al progetto di banda larga dell’Enel, che va a cozzare frontalmente con le strategie Telecom”. Mentre per quanto riguarda l’irritazione per Mediaset, spiega sempre Repubblica, “la spiegazione benevola è che bisogna tutelare qualsiasi azienda italiana, anche se posseduta dal capo dell’opposizione. Quella più maliziosa recita invece che con il referendum alle porte e la sua posizione meno solida che in passato, Renzi ha bisogno anche del carissimo avversario Berlusconi e per questo scende in campo a sua difesa”.

IL FRONTE DEI SOCI ITALIANI

Come fare, dunque, per fermare le velleità espansionistiche di Bolloré sulle Generali? Secondo La Stampa, a questo punto, potrebbe scattare la difesa dei soci italiani del Leone. Questo gruppo di azionisti, infatti, “da Caltagirone a Del Vecchio fino a De Agostini, può arrivare a coalizzare almeno il 10% del capitale. Caltagirone – scrive La Stampa – è già vicino al 4% e intenzionato a salire fino al 5%. Del Vecchio è oltre il 3% e De Agostini, seppur abbia ridotto la partecipazione, è sotto al 2%. Una quota non distante dal 13% di Mediobanca, tale da far sentire tutto il suo peso se i timori dei palazzi della politica si dovessero concretizzare”. Sarà da vedere se il nocciolo duro dei soci italiani basterà ad arginare la potenza di fuoco di Bolloré.

IL RUOLO DELLA BANCA D’ITALIA E I TIMORI DI UNICREDIT

Ma ci sono anche aspetti tecnici che rendono complicata la mossa, scrive Fabrizio Massaro del Corriere della Sera: “Per andare oltre il 10% in una banca serve l’ok della Banca d’Italia e sulla base del Testo unico bancario il governo (Tesoro e presidenza del Consiglio) può negare l’autorizzazione a investitori di Paesi terzi «che non assicurano condizioni di reciprocità». Inoltre Unicredit non potrebbe cedere il suo 8% perché perderebbe circa 250 milioni; e anche Mediolanum non appare venditore”. Eppure da ambienti parigini vicini a Bolloré si percepisce stupore per tutto questo can can mediatico in Italia su mosse vere o presunte del finanziare: un modo preventivo per stanare le reali intenzioni di Bolloré?, o tanto rumore per nulla? Si vedrà.

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