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Ior, cosa ha fatto George Pell?

Grazie alle decisioni di Papa Francesco, dal 24 febbraio 2014 c’è una nuova figura a dirigere le finanze vaticane: la Segreteria per l’Economia guidata dal cardinale George Pell.

Questo nuovo organismo nasce per rispondere “direttamente al Santo Padre e attuare il controllo economico e la vigilanza sugli Enti di cui al punto 1, come pure le politiche e le procedure relative agli acquisti e all’adeguata allocazione delle risorse umane, nel rispetto delle competenze proprie di ciascun Ente. La competenza della Segreteria si estende pertanto a tutto ciò che in qualunque maniera rientra nell’ambito in oggetto”. Tra gli Enti di cui al punto 1 c’è lo Ior.

LA NUOVA FASE DELLO IOR

E a guidare la Segreteria c’è Pell: che fa discretamente sapere come sia ora di un repulisti allo Ior per avviare una nuova fase nella vita della banca, dice sempre Vatican Insider. Per il quale “nel board come pure alla presidenza ci sarà bisogno” nello Ior che verrà, “di persone che hanno esperienza di gestione di banche e non tanto di grandi investimenti finanziari”. Capito? Lo Ior a questo punto dovrebbe diventare, insomma, una specie di “borsello elettronico” delle realtà ecclesiastiche nel mondo, capace di gestire i depositi ad esso affidato e nient’altro (o molto poco altro). Von Freyberg capisce probabilmente l’antifona se ne va dopo la presentazione del Report annuale, il 9 luglio 2014 pur assicurando “di effettuare un periodo di transizione al fine di garantire un adeguato passaggio di consegne”.

LE NUOVE LINEE D’AZIONE

Pell, che sta tenendo la conferenza stampa nella quale annuncia la nomina del successore di Von Freyberg, il francese Jean Baptiste De Franssu, classe 1963, indica le sue nuove linee d’azione nella “fase due”: “Rafforzare il business dello IOR; Spostare gradualmente la gestione del patrimonio a un nuovo e centrale Vatican Asset Management (VAM), al fine di superare la duplicazione degli sforzi in questo campo tra le istituzioni Vaticane; Concentrare le attività dello IOR sulla consulenza finanziaria e sui servizi di pagamento per il clero, le congregazioni, diocesi e impiegati laici del Vaticano”. Il “borsello elettronico” di cui parlavamo prima. Debutta il nuovo board, che però è incompleto: Jean-Baptiste de Franssu (Francia, con l’incarico di Presidente), Clemens Boersig (Germania), Prof. Mary Ann Glendon (USA) e Sir Michael Hintze (UK).

Mancano due membri, che arrivano dopo l’estate, il 16 settembre 2014: uno è Carlo Salvatori, che si è dimesso nei giorni scorsi insieme a Boersig. Un banchiere di rilievo alla guida allora di Allianz, settantenne, che viene dalla Ciociaria ed è vicino ad Antonio Fazio e quella finanza romana non lontana dall’Opus Dei, ramo differente rispetto a quello di Mauricio Larraìn, classe 1950 e già presidente e Direttore Generale del Gruppo Banco Santander del Cile e oggi Direttore Esterno sempre del Gruppo Banco Santander Cile nonché della Ese Business School dell’Università Los Andes del Cile. A proposito di ciociari nella finanza del Papa: il genero di Antonio Fazio è Tommaso Di Ruzza ed è il direttore dell’Aif. Con il board al completo, lo Ior riprende la sua navigazione: Salvatori, in particolare, è l’unico membro italiano del board ed è ritenuto – oltre che molto preparato – uomo vicino a Pell. Pell che, però, entra in una parabola discendente.

 TUTTI I GUAI DI PELL

Australiano classe 1941, Pell è chiamato Lo Sceriffo dal Papa in persona per gli incarichi che gli hanno affidato. È chiaro che la sua voce davanti alle istituzioni economiche della Santa Sede conta, eccome. Ma per dargli questo ruolo, va detto, è stato tolto un po’ di spazio alla Segreteria di Stato in tema di autonomia finanziaria, che non ci sta e non può gradire l’eccessiva libertà d’azione del cardinale australiano. Il quale peraltro ha dei guai per i fatti suoi, ampiamente taciuti – in un primo momento – dalla stampa italiana: in Australia, infatti, una Royal Commission del governo di Canberra sta indagando sugli abusi sessuali dei sacerdoti. Pell, va detto, non è mai stato indagato e non lo è nemmeno ora: ma, e qui sta il punto, la Commissione ha voluto sentirlo sulle sue scelte in merito alla gestione dei casi di pedofilia del clero quand’era alla guida dell’Arcidiocesi di Sidney e sui suoi rapporti con padre Gerald Ridsdale, accusato innumerevoli abusi sessuali su minori, al tempo in cui Pell – parliamo del 1982 – era ancora nella Diocesi di Ballarat dalla quale proviene.

Per di più, Pell si trova davanti un’altra gatta da pelare: Avarizia, il volume di Emiliano Fittipaldi, scrive di spese non proprio evangeliche: 501 mila euro spesi in appena sei mesi (luglio ’14-gennaio ’15) per sé ed i suoi tre collaboratori. Pell viaggia in business e – dicono i documenti pubblicati da Fittipaldi – spende per arredi di qualità per ufficio e abitazione. Parliamo, ad esempio, di 47.000 euro per mobili e armadi e un sottolavello da 4.600 euro. Eppure l’Ikea – passateci la battuta – c’è anche in Australia: avrebbero trovato mobilio a minor prezzo.

Ma vabbè. Dopo la tegola primaverile di quest’anno, Pell si è dovuto anche mettere al passo. Sì, perché la Segreteria di Stato è intervenuta sospendendo il contratto di auditing da 3 milioni di dollari per tre anni che Pell aveva stipulato con Price Waterhouse Coopers per la revisione dei conti in Vaticano. Il contratto è stato sospeso – firmato a dicembre 2015, già muoveva i primi passi a febbraio – dall’aprile di quest’anno, motivazione: Pell non avrebbe avuto potere di firma. Ed è stato poi rinegoziato dalla Segreteria di Stato qualche tempo dopo.

IL GIALLO DELLE DIMISSIONI

Come se non bastasse, l’8 giugno il cardinale ha compiuto 75 anni. A quest’età ha dovuto presentare le sue dimissioni secondo le norme canoniche, restando confermato nel suo incarico da parte di Bergoglio. Però le dimissioni di Salvatori e Boersig sono un segnale importante. Siamo infatti alla fine di maggio 2016, ad un paio di settimane dal fatidico 8 giugno, ed ecco che Salvatori se ne va insieme a Boersig. Lo fanno, spiega la Sala Stampa della Santa Sede, dopo l’iter di approvazione e presentazione del Report Annuale Ior. E, in modo sibillino, Padre Lombardi spiega che “Tale passo va compreso nel quadro delle legittime riflessioni e opinioni circa la gestione di un Istituto di natura e finalità così particolari come lo IOR”. Poi padre Lombardi spiega che i due saranno rimpiazzati, ma Vatican Insider chiarisce scrivendo come l’idea dei due manager fosse quella di una Sicav, una Società d’Investimento a Capitale Variabile per gestire parte della liquidità Ior. Meta? Il Lussemburgo, paradiso fiscale. Non proprio quello che voleva Francesco.

Ed è già nel marzo di quest’anno, infatti, che si comincia a parlare di dimissioni del board dello Ior, con il Papa pronto ad aspettare le lettere di dimissione sulla sua scrivania. Lettere che non arrivano: ed ecco che a maggio, due mesi e mezzo dopo le prime indiscrezioni diffuse da Italia Oggi sul cambio di passo allo Ior, Salvatori e Boersig se ne vanno. Visioni insomma divergenti da quelle del “principale”, l’Uomo in Bianco che piace tanto alle folle di credenti (e non). E un messaggio a Pell, che chiaramente entra in un cono d’ombra dal quale si esce solo con il pensionamento. Tra sei mesi, un anno, chissà: Francesco troverà il momento opportuno per decidere come chiudere la vicenda.

(Terza puntata di un approfondimento di Antonino D’Anna. La prima e la seconda puntata si possono leggere qui e qui)

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