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Mps, ecco cosa cela l’arrivo di Marco Morelli al Monte dei Paschi di Siena

Di Michele Arnese e Federico Fornaro

A pochi giorni dall’annuncio dell’uscita dell’amministratore delegato, Fabrizio Viola, dal Monte dei Paschi di Siena, proseguono senza sosta le indiscrezioni su quel che è accaduto dietro il sipario e che, proprio per questo, non è stato raccontato fino in fondo.

LE INDISCREZIONI

Dai rumor sin qui circolati, si evince in maniera piuttosto evidente che dietro le dimissioni del banchiere si celi il doppio zampino del governo di Matteo Renzi (che pare particolarmente attento e attivo sulla vicenda) e della banca d’affari Jp Morgan. Quest’ultima, insieme con Mediobanca, dopo che l’istituto senese non ha superato gli stress test di luglio, ha disegnato il piano di salvataggio di Mps, basato sulla vendita di un maxi pacchetto di sofferenze e su un aumento di capitale da un ammontare massimo di 5 miliardi. I dissidi sorti tra Viola, da una parte, e tra i consulenti e in seconda battuta il governo, dall’altra, verterebbero su più questioni. Innanzi tutto, la tempistica dell’aumento di capitale: l’ormai ex ad avrebbe voluto rispettare il tabellino di marcia e quindi ricapitalizzare prima della fine dell’anno, mentre le banche d’affari, dati i chiari di luna sui mercati e sulle banche italiane in particolare, avrebbero preferito che l’operazione slittasse all’inizio del 2017. Senz’altro, con l’uscita di Viola, i consulenti hanno ottenuto quel che desideravano. Tra i temi su cui si sarebbe consumato uno scontro, anche le commissioni (grasse) da riconoscere agli stessi advisor e la possibilità di eliminare il diritto di opzione dall’aumento di capitale.

LE NOVITA’

Ma perché le banche d’affari hanno deciso che serviva più tempo per l’aumento di capitale? Secondo quanto appreso da Formiche.net, sarebbe stato determinante in questo senso lo studio di Goldman Sachs del 6 settembre firmato da Francesco Garzarelli. Nel documento, che affrontava il tema del referendum costituzionale italiano, l’esperto sosteneva che, in caso di vittoria del “no” (cui Goldman Sachs attribuisce una probabilità del 40%), sarebbero tornati, prepotentemente, i timori sugli istituti di credito italiani e sui crediti deteriorati che si ritrovano in pancia, e in particolare quelli sul Monte dei Paschi, con l’aumento di capitale che avrebbe incontrato enormi difficoltà a completare la sottoscrizione delle nuove azioni. Ebbene, in ambienti finanziari, si racconta che, letto questo studio, Vittorio Grilli (nella foto), presidente del Corporate and investment banking per Europa, Medio Oriente e Africa a Jp Morgan, nonché ex ministro dell’Economia del governo di Mario Monti, si sia definitivamente convinto ad attendere ancora qualche mese prima di lanciare l’aumento di Mps. Ma sulla sua strada ha incontrato il “no” di Viola.

LA POLITICA DELLA BCE

Di più. Sempre stando a indiscrezioni, avrebbe giocato un ruolo chiave anche la politica attendista della Banca centrale europea guidata da Mario Draghi, che nei giorni scorsi ha deciso di prendere ancora tempo prima di annunciare un rafforzamento del programma di acquisto di titoli (Quantitative easing, Qe). E poiché un eventuale irrobustimento del Qe della Bce tende ad avere effetti benefici sulle Borse (e quindi sull’andamento delle banche e di Mps), sarebbe maturata la convinzione di aspettare ancora un po’ prima di chiedere soldi al mercato.

ORA CHE SUCCEDE?

Ora che Viola se n’è andato e l’aumento di capitale è stato rinviato nel tempo che succede? Innanzi tutto, è atteso a Siena il nuovo timoniere. “Dovrebbe essere nominato mercoledì al consiglio di amministrazione”, ha detto a Porta a porta Pier Carlo Padoan, ministro dell’Economia, che è poi il primo azionista singolo del Monte dei Paschi con una quota del 4 per cento. Si tratterà – ormai è certo – di Marco Morelli, attuale numero uno in Italia di Bank of America Merrill Lynch, che, come scrive Fabrizio Massaro sul Corriere della Sera, “conosce bene il piano di Mps anche per essere il capo italiano di una delle banche del consorzio. Morelli – aggiunge il Corriere – avrà la stessa retribuzione di Viola (circa 1,9 milioni l’anno tutto compreso), sarà anche direttore generale e porterà con sé alcuni manager di fiducia, a cominciare da Francesco Mele, top banker di Nomura in Italia (ed ex Goldman Sachs), che dovrebbe diventare cfo”, ossia direttore finanziario. Oggi Morelli sarà a Francoforte, in Bce, insieme con il numero uno dell’istituto Massimo Tononi e il presidente del comitato nomine Alessandro Falciai per esporre la candidatura. E con il nuovo ad, il piano di Mps potrà finalmente subire quei piccoli cambiamenti richiesti dalle banche d’affari: proroga dell’aumento di capitale, che nel contempo dovrebbe essere ridotto attraverso la conversione in azioni di obbligazioni subordinate, e probabile esclusione del diritto di opzione. Con buona pace di Viola.


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