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La Germania è rancorosa perché isolata in Europa

In una secca intervista a testate unificate, pubblicata ieri da La Stampa, Le Monde, The Guardian, e dal Süddeutsche Zeitung, il Governatore della Bundesbank Jens Weidmann ha aperto il fuoco a mitraglia sull’Italia: la flessibilità, pur prevista dal Fiscal Compact, è stata stravolta ed abusata, facendo venir meno la pressione verso il rigore; la riduzione del deficit italiano è stata determinata dal calo della spesa per interessi, dovuta alla politica monetaria ultra accomodante della Bce; questa strategia alleggerisce la necessaria pressione sui governi, che rinviano l’aggiustamento dei conti pubblici; c’è da chiedersi se c’è stata davvero una politica di austerità in Italia, Paese che deve fare del consolidamento del debito il principale obiettivo; bisogna che le banche italiane risolvano celermente il problema dei crediti deteriorati, premessa per erogare nuovo credito, senza distorsioni della concorrenza o favori per i proprietari e creditori: l’uscita dal mercato di una banca non deve essere un tabù. Speculazioni su ipotetici scenari estremi, per quanto riguarda il futuro dell’euro, non portano da nessuna parte: non ci sono alternative ad una Unione monetaria fondata sulla stabilità.

Se la rigidità di Weidmann sui temi fiscali e monetari non è affatto una novità, lo è la sua spettacolarizzazione.
A Bratislava, l’assenza della Gran Bretagna ha mostrato chi è il re nudo e quali siano i veri rapporti all’interno dell’Unione. La Germania può contare ormai solo sul sostegno della Francia, rappresentata da un Francois Hollande sulla via del tramonto. L’appuntamento era innescato come una bomba ad orologeria: già il vertice preparatorio dei Partiti socialisti dei sette Paesi mediterranei, era stato commentato acidamente dal Ministro tedesco delle finanze Wolfang Schaeuble, secondo cui da quelle riunioni non è mai scaturita alcuna proposta intelligente. A Bratislava, la Germania della Cancelliera Angela Merkel ha incassato la più cocente delle sconfitte strategiche: sulla questione degli immigrati e della loro redistribuzione obbligatoria si sono ribellati gli Stati su cui da anni riteneva di esercitare la più profonda influenza politica ed economica: Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia. E’ un blocco granitico, consapevole che l’immigrazione aprirebbe varchi pericolosi sul piano della coesione sociale, e soprattutto metterebbe a rischio la stabilità politica. In disparte, come mai prima d’ora, anche l’Austria che già controlla con cura le frontiere meridionali: il suo governo non vuole favorire al ballottaggio nell’elezione a Presidente della Repubblica un candidato che ha fatto della lotta alla immigrazione il suo vessillo. La Spagna, una sorta di dépendance tedesca, pur senza governo dopo due elezioni politiche, sui migranti non è disposta a cedere: da Ceuta non si passa. Nessun passo in avanti: il Premier italiano Matteo Renzi ha dovuto prendere atto del fallimento del vertice.

Il messaggio di Weidmann è chiaro: la Germania difenderà l’Unione della stabilità e l’euro ad ogni costo. L’Italia, intanto, va punita perché ha battuto i pugni sulla flessibilità ed ha messo sul tavolo dell’Unione il Migration Compact: deve naufragare sotto il peso del debito pubblico e delle sofferenze bancarie.
Berlino reagisce con rabbia perché è sempre più isolata in Europa, come mai in questi ultimi settanta anni. L’Italia è campo di battaglia: la Storia, ancora una volta, si ripete.

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