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L’integrità e Transparency International

Transparency International ha tenuto a Milano il primo evento del “business integrity forum”: una rete di operatori economici che, su iniziativa di Transparency International, ha fatto proprio l’obiettivo della lotta alla corruzione e della promozione della trasparenza. Nel solo settore energetico troviamo associati all’iniziativa Snam, Terna, Enel, Edison e Falck Renewables. Oltre a Assicurazioni Generali, Vodafone, Telecom Italia e altri.

Credo sia importante sottolineare l’impegno fattivo e perseverante di Transparency nel promuovere queste buone pratiche in Italia, adottate da diversi anni nella maggior parte dei paesi occidentali e non solo, con un ruolo di apripista riconosciuto alle realtà scandinave ed anglosassoni.

Come primo elemento di interesse aziendale rileva la consapevolezza che “essere etici faccia bene”: ovvero che le performances di crescita siano mediamente migliori per gli “etici” che per gli altri. Questo in buona misura spiega la crescente attenzione e selezione da parte di primari investitori internazionali verso società aventi adottato politiche di integrità e sostenibilità nonchè la diffusione di indici, panieri di misurazione e comparazione delle aziende “etiche”.

Basta questo per trasformare le aziende in integre? Ovvero, permeati dalla coscienza italica della “flessibilità” valoriale, come far si che le buone pratiche non siano solo una vetrina dietro la quale si continuano a consumare comportamenti disinvolti? Non è difficile infatti verificare che la maggior parte delle aziende coinvolte in indagini sul Mose, Expo, truffe sanitarie, avessero e abbiano da tempo adottato e pubblicizzato codici etici, modelli 231 e cosi via.

Volendo stigmatizzare e fotografare l’elemento centrale, partirei dalla differenza tra la procedura di definizione del modello di integrità e invece la cultura: la prima la può agevolmente scrivere un consulente, farla approvare dal top management e… voilá les jeux sont faits! La seconda la fanno le persone, i loro comportamenti, ogni giorno e verso tutti: clienti, dipendenti, fornitori, cittadini, decisore politico. Si acquisisce nel tempo, ha bisogno di esempi forti, auspicabilmente vissuti in primis dalle figure aziendali apicali.

Qui, personalmente, vedo l’elemento di fertile crescita nel rapporto tra Transparency International e le aziende aderenti al “business integrity forum”: una crescente trasparenza di queste ultime, una maggiore dotazione di strumenti e competenze da parte di Transparency per misurare con efficacia il grado di integrità sostanziale e non solo quella dichiarata.

L’integrità delle aziende, infatti, si articola in diverse dimensioni e non solo nella selezione dei fornitori o nel prevenire casi di corruzione: significa ad esempio attuare politiche di “influenzamento trasparente” verso l’insieme dei decisori pubblici, avere un coinvolgimento corretto delle comunità locali nella gestione dei progetti di investimento, rispettare sempre i tempi di pagamento della filiera dei fornitori (“senza strozzarli”!), avere sempre un comportamento corretto verso i propri clienti ( è integro un soggetto che con frequenza annuale subisce sanzioni per pratiche commerciali scorrette?).

Un processo di questo genere necessita di tempo ed impegno reale: esso non potrà che far bene alla crescita economica del nostro paese, alla sua sofferta reputazione e attrattività internazionale, alla competitività delle nostre aziende.



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