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Il piacere dell’operetta

Ravenna – lo sappiamo – è in festival tutto l’anno ed il turismo culturale è diventato una delle sue fonti di reddito. Oltre al festival estivo, che dura oltre un mese e mezzo (quanto quello di Salisburgo), c’è la trilogia d’autunno, una stagione lirica “di tradizione” ed una ricchissima stagione di concerti. All’intervento pubblico per i festival musicali, di estate e d’ autunno, si sono aggiunti una cinquantina di sponsor e collaboratori ed un’associazione di amici di vari continenti. I loro contributi superano quelli pubblici. Così Ravenna può offrire circa 150 spettacoli di qualità nel corso dell’anno. Si stima che un euro di contributo statale e regionale ne generi circa otto, sommando ai contributi privati il valore aggiunto di imprese (specialmente, hotel, ristoranti e negozi nella stagione dei festival).

Un esempio: la “trilogia d’autunno” ha quest’anno un carattere molto particolare. Tre operette ungheresi co-prodotte dalla Fondazione Ravenna Manifestazioni con tre dei maggiori teatri magiari: il teatro dell’operetta di Budapest, il Teatro Csokonai di Debrecen ed il Teatro Nazionale di Szeged. Il corpo di ballo viene dal teatro dell’operetta di Budapest. In buca, la famosa orchestra filarmonica Kodàli. Cantanti e attori tra i migliori che offre il mercato. Nonostante l’operetta sia un genere di spettacolo musicale quasi scomparso in Europa occidentale (se si fa eccezione della Germania e dell’Austria), l’elegante Teatro Alighieri era pienissimo la sera dell’inaugurazione il 14 ottobre con La Contessa Maritza di Emmerich Kálmán: in sala vi era anche un folto gruppo britannico venuto appositamente dal Regno Unito ed una comitiva di francesi, anche essi innamorati del genere.

Quale è oggi il piacere (o meglio) la magia dell’operetta? In primo luogo, occorre non confondere operetta con commedia musicale: l’operetta richiede un’orchestra di media dimensioni, voci impostate da teatro lirico di interpreti che siano anche bravi attori, ha sempre momenti cominci, ma è anche intrisa di melanconia per un mondo che è finito o sta finendo (quello dei grandi imperi multinazionali).  Ben altra cosa la commedia musicale di solito realizzata con un piccolo organico orchestrale, cantanti-attori microfonati e canzoni, invece di vere e proprie arie, duetti, terzetti e concertati. Herbert von Karajan ripeteva che la partitura più difficile, ma che più amava dirigere, era La Vedova Allegra.

La “trilogia” è iniziata , come si è detto, con La Contessa Maritza di Emmerich Kálmán, un’operetta che debutto a Vienna nel 1924 ed ebbe uno straordinario successo non solo nell’Europa centrale, ma anche negli Stati Uniti (dove debuttò allo Shubert Theatre di New York nel 1926). Nell’Europa della musica “alta” si era in pieno confronto tra il tardo romanticismo di Korngold e Shreker e la “nuova musica” dodecafonica. La Contessa Maritza ci porta invece in un mondo che ha avuto la sua fine con la prima guerra mondiale e lo rappresenta con una vicenda che evoca il passato, utilizzando stilemi vocali mozartiani (si pensi al ruolo del tenore principale, interpretato da un ottimo Zsolt Vadáz) od ottocenteschi e ballabili di fine ottocento. Spettacolo godibilissimo, e molto applaudito, che ci ricorda un’epoca che , filtrata dalla memoria, ci sembra felice e spensierata. Il resto del programma comprende Il Pipistrello do Johann Strauss e, per l’appunto, La Vedova Allegra. Sino al 23 ottobre.


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