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I ministri, il registro dei lobbisti e una storiella

La notizia è di appena qualche giorno fa: anche il ministero dello sviluppo Economico ha istituito il famoso “registro dei lobbisti” su cui, negli ultimi anni, si sono ascoltati cori favorevoli di politici e professionisti del settore. L’idea del registro non è nuova, avevano cominciato a istituirlo, diversi anni fa, alcune Regioni del centro-nord, poi il ministero delle Politiche Agricole e quello delle Infrastrutture e ora anche il ministero dello Sviluppo Economico.

Al registro si possono iscrivere i rappresentanti di aziende e associazioni che intendono incontrare ministri, Sottosegretari o alti burocrati per rappresentare i propri interessi economici o sociali. I lobbisti iscritti al registro guadagnerebbero una sorta di patentino di professionalità e correttezza e persino qualche punto in più sulla propria cifra “etica”. La successiva pubblicazione dei dati, incontri e documenti, aiuterebbe non solo a dare pubblicità alle posizioni ma anche a scoprire interessi nascosti, decisioni politiche partigiane e eventuali intrallazzi. Senza il registro, quindi, sarebbe molto più difficile sapere.

Penso dentro di me che un registro fatto così – isolato dall’architettura e dal processo istituzionale – serva a poco, ma le regole si rispettano e quindi m’iscrivo. D’altronde, non ho nulla da nascondere, e poi come puoi dire di no allo Stato che ti chiede trasparenza? Mentre compilo i dati sul sito, mi viene in mente una storiella, immaginaria ma neppure tanto. La storia è questa.

Il ministro immaginario si trova in un importante convegno e stringe tante mani. Tra queste, stringe quella di un importante manager che gli accenna ad una soluzione risolutiva per quell’annoso problema. Il ministro gli risponde: “M’interessa molto questa sua idea. Chiami il mio ufficio e venga a trovarmi a Roma”. I due s’incontrano, si piacciono. Arrivano a darsi del tu. Il manager lascia al ministro un appunto sul tavolo. Gli dice: ”Ministro, mi sono permesso di farmi preparare una nota tecnica dai miei collaboratori, semplici bullet point. Qui c’è tutto e, se il tuo staff ha bisogno, fammi contattare che gli metto a disposizione tutto ciò che gli serve”. Qualche settimana dopo, il Ministro annuncia pubblicamente le sue intenzioni per risolvere, appunto, l’annosa questione; intenzioni che sono, più o meno, quelle suggerite dal manager. I bullet point, diventano un testo di legge formalmente proposto dal nostro ministro immaginario. Il testo giunge al Consiglio dei Ministri che lo approva. Il Governo, nella conferenza stampa, dichiara che il disegno di legge è una priorità e che è disponibile a modifiche ma in tempi rapidi, altrimenti sarà costretto a porre la fiducia; perché la questione si trascina da anni e va risolta con urgenza. A questo punto, il disegno di legge va in Parlamento e i lobbisti con il patentino fisseranno incontri, presenteranno documenti, dati, e proposte di emendamenti. Qualcuno di loro dirà che la decisione è già presa e favorisce una lobby, altri diranno che non si mettono le categorie di fronte al fatto compiuto. Qualcun altro lamenterà che il ministro non li ha consultati prima e i sindacati scenderanno in piazza sul piede di guerra perché non era questo che gli aveva prospettato il Governo. La proposta di legge sarà approvata, con qualche piccola modifica. Il problema molto probabilmente resterà “annoso”.

Delle impronte originarie sul registro poco o nulla. Tu chiamala se vuoi …..trasparenza.


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