Ma come può una regione belga bloccare l’approvazione di un Trattato, come l’accordo commerciale con il Canada (CETA), che riguarda 500 milioni e passa di europei? È veramente un’enormità, vuol dire proprio che l’Europa non funziona, che va ripensata, rifondata su nuove basi. Ah, la Vallonia ci dice che l’Europa è proprio finita.
Messa così, la lettura è semplice e rassicurante, rientra in un hastag, ma è non è realista.
IL CERINO IN MANO
Il TTIP, l’accordo commerciale di libero scambio con gli Stati Uniti, è stato messo in pausa. Non ci sono le condizioni, l’hanno detto in Francia, in Germania e in altri Paesi ai più alti livelli. L’accordo con il Canada è senz’altro meno osteggiato, c’è anche un elenco di molti (ma non tutti) prodotti DOP tutelati, su cui per esempio in Francia si è sviluppato un dibattito anche nelle primarie della destra. Manca però la convinzione ad andare avanti, proprio a ridosso delle elezioni tedesche e francesi. Forse sarebbe anche passato, ma si è forse involontariamente trovato un punto di inceppamento che ha consentito di rimandare il problema. Poteva essere una delle Corti costituzionali, una maggioranza traballante in uno dei Paesi membri, un referendum. E’ capitata una regione belga, che guarda caso ratifica i trattati, tutti i Trattati. Il cerino è stato passato al parlamento regionale della Vallonia, e lì è rimasta la responsabilità della decisione.
SUL CETA HA DECISO IL BELGIO, NON LA VALLONIA
Il primo ministro belga, Charles Michel, appartiene al partito liberale “Mouvement réformateur” regolarmente iscritto ad ALDE. Il suo partito è all’opposizione in Vallonia, dove domina il partito socialista, il quale a sua volta assomiglia alla sinistra del PD, con pulsioni DEM/Tsipras, di cui il Presidente della Regione Vallonia, Paul Magnette, è un esponente noto. Il Partito socialista belga, nella sua area più radicale, anziché bloccare la decisione sul piano nazionale è riuscito a farlo sul piano regionale. Un po’ come i blocchi che in Italia si realizzano al Senato e non alla Camera, o come gli ostacoli che in Germania vengono posti dalla Corte costituzionale anziché dalle Camere politiche. Complessivamente è dunque il Belgio che non ha fatto passare il CETA, anche se per mezzo di una delle sue istituzioni: uno Stato membro dunque, per via di una delle sue istituzioni.
LA COMPLESSITÀ
La semplificazione schiva il fatto che i Laender tedeschi portano ogni ratifica in dibattito interno prima di decidere in sede di Bundesrat. Le isole Åland, 30 mila anime di lingua svedese ma di nazionalità finlandese, sono autonome, e già furono oggetto di un trattato di neutralità ai tempi della Lega delle Nazioni, nel 1921. Il loro parlamento regionale, che ha poteri legislativi, ratifica i trattati. Ha votato anche sul Trattato di Lisbona (anche se ne era stato ridotto l’impatto sull’entrata in vigore) che è passato 24 a 6 voti, il 25 novembre 2009. In Europa esistono otto Stati membri con potere legislativo ripartito tra il livello centrale e il livello regionale: Germania, Austria, Belgio, Italia, Spagna e parzialmente Regno Unito (per Scozia, Galles e quando funziona Irlanda del nord), Portogallo (per Madeira e le Azzorre) e appunto Finlandia (per le isole Åland). L’Europa è una faccenda complessa, come anche l’Italia e tutta la realtà che ci circonda, e bisogna prenderne atto. Ricordiamo per esempio che il Consiglio regionale del Trentino riunisce i consiglieri provinciali eletti nelle province di Trento e Bolzano: un Consiglio regionale “federale” all’interno di un sistema regionale differenziato. Cose difficili da liquidare con poche parole, che funzionano abbastanza bene come altre faccende complesse, dai software alle politiche sociali o sindacali.
IL MODELLO SEMPLIFICATO (DELL’ITALIA UMBERTINA)
Il CETA non è passato per varia ostilità ed è inciampato in una delle istituzioni di uno Stato membro, nel caso specifico, un parlamento regionale belga. La semplificazione però auspicherebbe Stati membri uguali o comunque molto simili, con parlamenti che ratificano, fiscalità uguale, regole uguali, procura europea, molto più potere accentrato. Sono occhiali che in Italia derivano dalla proiezione sul piano europeo di schemi concettuali tipicamente nazionali, traslando l’interpretazione umbertina e accentratrice del processo risorgimentale e unitario. Con questi occhiali, i processi reali sfuggono, come la rilevanza delle regioni europee o delle lobby economiche o amministrative, o i tedeschi così difficili da interpretare.
Poniamo per esempio che anche Francia e soprattutto Germania non volessero sanzioni ulteriori alla Russia sul caso siriano, ma non potevano andare oltre, visto che si erano molto esposte a farsi vedere con Putin a Berlino il 19 ottobre, come Formiche ha raccontato. Se loro non potevano cancellare la frase sulle sanzioni dalle Conclusioni del Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre, doveva pur farlo qualcun altro, come l’Austria, o l’Italia. Proprio come la Vallonia ha stoppato il CETA, pur traendone (parziale) consenso interno.