I deputati sbaglierebbero a non considerare il taglio dei loro stipendi una priorità per gli italiani. E, a giudicare da come alla Camera è stato accolto il testo dei Cinque Stelle per dimezzare gli onorevoli stipendi, stanno proprio sbagliando: centinaia di emendamenti già presentati, nessun relatore del provvedimento ormai in aula e tante belle parole “di principio”, cioè quasi tutti d’accordo sull’idea che una sforbiciata andrebbe data, salvo poi ognuno dissentire sul come, sul quando e persino sul quanto.
Renzi, per dire, vorrebbe agganciare i soldi alle presenze dei singoli ai lavori parlamentari. Ma a forza di cavillare (già si prevede l’immediato ritorno della proposta in commissione Affari Costituzionali per un “vizio di forma”: figurarsi…), il rischio è che alla fine non se ne farà niente. Sarebbe un bel regalo al movimento di Grillo, che potrà ricordare non soltanto d’aver compiuto l’ottavo e vano tentativo della legislatura per ridurre i compensi, ma pure d’averli da tempo tagliati ai propri legislatori. E’ la madre di tutte le loro battaglie, si sa, e non per caso Grillo s’annuncia a Roma con insolite parole d’amore per il Pd, “se votate con noi, vi abbraccerò”.
Ma questa vicenda rispecchia bene una delle ragioni più acute e facili da comunicare dell’indignazione di tanti cittadini per i “privilegi della casta”: lavorano poco e guadagnano tanto, ripete la gente, confrontando l’attività dei parlamentari con quanto lavorano gli italiani – o vorrebbero poter lavorare – e quanto poco resta nelle loro tasche dopo la tassazione più alta praticata in Europa.
Il taglia-stipendi è forse la bacchetta magica per abbassare il terzo debito pubblico più elevato al mondo, il debito del nostro Stato? Ovviamente no. Ma è un segnale fortissimo, e i simboli contano. L’ipotizzato risparmio di 87 milioni di euro dopo una forte riduzione alle indennità e alle spese sarebbe solo una goccia nel mare della dissipazione. Tuttavia, diventerebbe l’esempio che la classe dirigente dà alla nazione: abbiamo invertito la rotta. Abbiamo compreso che gli enormi sacrifici a cui da tempo siete stati costretti, ora devono essere anche i nostri sacrifici. Insieme ce la faremo.
Ecco, se così dicessero e agissero, ne guadagnerebbe la credibilità della politica. E poi nessuno vuole affamare i rappresentanti del popolo sovrano: solo che stringano un po’ la cinghia. I tempi sono cambiati. Anche la legge del rigore dev’essere uguale per tutti.
(Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaoggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com)