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Come si muove la Francia per attrarre investimenti e sfruttare la Brexit

Sorpresa, Parigi è il posto ideale per creare start up in Europa: la somma delle spese destinate alla ricerca e sviluppo nella Métropole du Grand Paris è equivalente a quelle della Silicon Valley, la Grande Parigi è classificata terza nel mondo tra le città più attrattive per gli investimenti esteri nel 2015 e 1.000-1.500 start-up vengono create ogni anno a Parigi.

Sono solo alcuni dei tanti dati emersi ieri nel corso dell’evento dedicato alla seconda edizione del mese dell’investimento in Francia organizzato a Palazzo Farnese dall’ambasciata di Francia in Italia e Business France Italia (agenzia di sostegno all’export e di attrazione degli investimenti) sotto il patrocinio dell’ambasciatrice di Francia in Italia, Catherine Colonna. Parigi è anche la settima piazza finanziaria nel mondo (Indice Xinhua-Dow Jones IFCD); terza per le obbligazioni societarie in Europa in percentuale del Pil e primo mercato di private equity della zona euro con 3.600 miliardi di euro di asset gestiti e oltre 450 miliardi di euro di asset under management per clienti non residenti dati che pesano molto di più all’indomani della Brexit. L’Italia conta in Francia già 1200 filiali di sue imprese che danno lavoro a quasi 80.000 persone.

CREARE INSIEME I FUTURI CAMPIONI DEL DIGITALE

“L’attrattività è al centro delle politiche economiche della Francia come dell’Italia”, ha sottolineato l’ambasciatrice di Francia in Italia, Catherine Colonna (nella foto). “Inoltre, questa seconda edizione del mese dell’investimento in Francia si concentra sul tema delle Ict e ancora una volta Francia e Italia sono allineate”: anche il governo italiano ha varato una vasta iniziativa sul digitale, dal piano banda larga a Spid a Industria 4.0. “Obiettivo comune di Italia e Francia è creare insieme i futuri campioni dell’innovazione e del digitale”, ha detto l’Ambasciatrice.

Parigi ha una fortissima politica pubblica per rafforzare l’attrattività della Francia, in particolare nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Ha anche dato vita all’iniziativa La French Tech, una rete di 22 hub tecnologici che sostiene l’internazionalizzazione delle start up francesi; ha 1000 start up censite e l’Ambasciatrice ha salutato come “buona notizia” l’ingresso di Milano nella rete degli hub di French Tech.

I NUMERI CON CUI LA FRANCIA ATTRAE INVESTITORI

Paul Hunsinger, ministro consigliere per gli Affari economici dell’ambasciata di Francia in Italia, ha menzionato tutti i vantaggi dell’investire in Francia: la Francia è la sesta economia mondiale, il secondo mercato europeo, settima al mondo per lo stock di investimenti esteri diretti (IED) nel proprio territorio (dati Unctad). Il Pil francese è cresciuto del 3,5% dall’inizio della crisi del 2008 mentre la zona euro procedeva a un tasso medio dello 0,4 %, e quest’anno crescerà dell’1,5% (previsioni Fmi), mentre +3,2% è la previsione di crescita degli investimenti delle imprese per il 2016. L’economia francese è molto internazionalizzata, con oltre 25.000 imprese estere in Francia; i costi dell’energia in Francia sono i più bassi dell’Europa occidentale, il prezzo dell’affitto degli uffici nel centro direzionale di Parigi due volte più vantaggioso che nel West End londinese. Parigi ha semplificato enormemente sia le procedure doganali (86% delle formalità sono digitalizzate, ora è al primo posto per la semplicità dei commerci trasfrontalieri secondo la Banca mondiale) sia la richiesta di visti e permessi per gli imprenditori esteri.

Per facilità di creazione di un’impresa la Francia è 32ma nell’indice “Starting a business” della Banca mondiale (gli Stati Uniti sono alla posizione numero 49, la Germania al 107); il governo francese ha anche ridotto di 10 miliardi di euro l’imposizione fiscale alle imprese, in particolare con una riduzione progressiva del tasso dell’imposta sulle società dal 2017 (dal 33,33% al 28% nel 2020) e un incentivo di 4.000 euro per due anni per i dipendenti assunti nel 2016. In totale, il Crédit d’impôt compétitivité emploi (CICE) e il Pacte de responsabilità tagliano di 40 miliardi di euro gli oneri sociali e fiscali delle imprese.

UN SISTEMA WIN-WIN

“La Francia ha fatto enormi passi in avanti sul digitale. Non siamo più solo il paese del TGV e delle centrali nucleari, la nostra tecnologia va molto oltre. E abbiamo fatto questo salto grazie a un fortissimo impegno del governo, che a sua volta ha rilanciato l’impegno e gli investimenti privati”, ha indicato Hervé Pottier, direttore Italia di Business France Invest. Il messaggio che Parigi vuole trasmettere è chiaro: la Francia è il posto dove andare a investire, la Francia è il paese dove i talenti di tutto il mondo possono andare a sviluppare la loro idea.

Pottier ha menzionato anche il credito di imposta del 30% sull’R&D per tutti coloro che fanno ricerca applicata e innovazione in Francia, in qualunque settore industriale e qualunque sia la dimensione dell’impresa. E ha chiarito: l’hub French Tech di Milano è sì un centro per le start up francesi, ma che sono lì per creare alleanze e sinergie con le start up e le imprese locali, non solo lombarde, ma di tutta Italia: Pottier lo ha definito un sistema win-win per francesi e italiani, perché porta benefici non solo agli imprenditori di Francia.

COME LE IMPRESE ITALIANE CRESCONO IN FRANCIA

Le testimonianze di alcune imprese italiane – TAS Group, Expert System e Noovle – che hanno scelto di investire in Francia sono entusiastiche. “In Francia abbiamo trovato un business environment sicuro, efficace integrazione nell’ecosistema digitale locale, possibilità di crescita, competenze Ict, un sistema che premia chi investe, idee chiare da parte del paese e delle imprese su come realizzare la trasformazione digitale“, ha sottolineato Mario Mendia, direttore business unit di TAS Group e presidente di TAS France. “La filiale francese è la seconda realtà del gruppo dopo l’Italia”.

Expert System ha condotto una vera operazione di M&A in Francia, acquistando la “concorrente” Temis e facendo tesoro di un laboratorio di sviluppo software a Grenoble con competenze specifiche, ha spiegato Maurizio Mencarini, direttore commerciale Emea di Expert System. Come società che serve grandissimi clienti anche per servizi di intelligence e sicurezza, la Francia è una delle “piazze” in cui essere presenti: “E’ per noi il primo mercato di riferimento, dopo l’Italia”.

Piergiorgio De Campo, presidente di Noovle, ha ribadito: “La Francia è un mercato molto interessante, aperto all’innovazione digitale. Per il cloud è il primo mercato insieme a Uk e Germania, ma la situazione in Uk è cambiata dopo la Brexit”. Ora però c’è un passo in più da fare: “Unificare regole e politiche economiche e digitali su scala Ue, gli imprenditori soffrono della frammentazione”.

START UP FRANCESI CON MOLTO MADE IN ITALY

“In Francia ho trovato una facilità di passaggio dal dottorato alla creazione di impresa che non avrei mai trovato in Italia”, è intervenuto Antonino Famulari, fondatore e direttore della start-up francese GeoUniq, nata da un’idea dello stesso Famulari e di un suo docente francese. E’ vero, a un certo punto della creazione di impresa è stato coinvolto un partner a Londra e Famulari ha spiegato bene perché: “A Parigi è molto facile mettere su la start up, è il posto migliore. Ma per trovare il venture capital bisogna anche andare in Regno Unito”. E l’Italia, che figura ci fa? Be’, è il terzo ma non meno essenziale mattone per far reggere la costruzione: “In Italia abbiamo trovato le persone con le competenze tecniche che ci servivano. La Francia è ottima per preparare i manager, ma gli skill digitali migliori sono ancora in Italia”, secondo Famulari.

Come reagiscono i francesi di fronte agli italiani che gestiscono le imprese, assumono personale, chiedono prestiti alle banche? Diffidenza, resistenza? “I francesi sono aperti e amano l’Italia perché ci vedono come un mercato di eccellenza”, ha raccontato Dionigi Faccenda, direttore vendite e marketing di OVH Italia, filiale nostrana della start up (nata in Francia) OVH.

LA POLITICA ITALIANA PER IL DIGITALE

Il governo italiano però non sta a guardare mentre gli altri paesi investono nel digitale: anche il primo ministro Matteo Renzi punta con forza sulla trasformazione della nostra economia, come ha puntualizzato Antonio Samaritani, Direttore dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Le politiche italiane per il digitale coniugano investimenti per le infrastrutture (tra cui la banda ultra-larga) e iniziative per favorire un necessario cambio culturale. “Il governo italiano è per la prima volta impegnato in un programma di trasformazione digitale che ha una vera strategia paese e un vero piano di execution”, ha sottolineato Samaritani. “L’obiettivo è rendere i servizi della PA semplici, veloci e accessibili, innanzitutto da piattaforme mobili” ma anche essere presenti nell’economia digitale da paese “produttore e non solo consumatore”, quindi favorendo le imprese che creano hitech e innovano.

Per questo uno dei pilastri della politica italiana per il digitale è il ruolo centrale assegnato a API aperte, interoperabilità, standard. “Il digitale deve essere un sistema unificato di creazione di valore in Ue e la libera circolazione digitale è un principio fondamentale”, ha continuato Samaritani: pagamenti, servizi delle PA e delle smart city, circolazione ma anche protezione dei dati, devono valere per tutti i cittadini Ue con standard e principi comuni. “Nelle politiche sul digitale l’Europa deve procedere unita, da soli i singoli paesi non possono competere”, ha dichiarato Samaritani. E anche l’Italia ha agevolazioni e stimoli: sono stati inseriti tanto nel Piano Ultra-banda larga che in Industria 4.0. Ma gli sgravi non equivalgono a “sconti”: “Le imprese usano risorse e generano reddito, devono pagare le tasse come tutti”.

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