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Su muri e profughi il Papa ha cambiato idea? Parla Sandro Magister

Di Alessandra Ricciardi
SANDRO MAGISTER

Un assist al governo. Nella partita con l’Unione europea per la politica sull’accoglienza degli immigrati. È questa la lettura che fa Sandro Magister (nella foto), vaticanista di lungo corso per il gruppo l’Espresso, delle parole “nuove” pronunciate da papa Bergoglio in merito alla prudenza da utilizzare nell’accogliere i migranti che sbarcano sulle coste italiane.

C’è stata una svolta nella Chiesa sui temi dell’integrazione e della solidarietà?

Una svolta vera, formale e sostanziale. In altre occasioni il Papa ha sottolineato come l’accoglienza vada coniugata con la prudenza politica nel gestire il fenomeno immigratorio, ma lo ha sempre fatto in modo sobrio ed è sfuggito ai grandi media. Per esempio ricordo, lo scorso gennaio, nell’incontro con il corpo diplomatico.

Questa volta è stato molto esplicito, distinguendo tra l’altro lo status di rifugiato da quello di migrante economico.

Esatto, va bilanciata un’accoglienza doverosa per i rifugiati a una gestione prudente. Ha sostenuto non solo le ragioni a vantaggio del principio dell’accoglienza ma anche le ragioni che possono portare al respingimento.

Non è il papa del “costruire ponti, non muri”?

Questa volta ha sottolineato le ragioni dei muri.

Niente più carità cieca e totale, insomma. Cosa cambia adesso?

Da oggi sarà difficile dedurre da lui condanne senza scampo come quelle lanciate contro l’Ungheria anche da parte di organi cattolici importanti. Penso a Il sismografo, testata para vaticana, e soprattutto al quotidiano della Cei, Avvenire, che si sono distinti per gli attacchi moralistici.

È un messaggio anche alla politica italiana?

Da qui in avanti dovrà tener conto anche di queste sapienti sottolineature. L’Italia sconta tutti gli svantaggi della sua posizione geografica senza aver nessun sostegno dal resto dell’Europa.

Un assist alla destra e alla Lega?

No, un aiuto al governo italiano che in questa fase sta giocando una partita importante con l’Unione europea sul tema dei costi dell’accoglienza. Il Papa ha fatto cadere le riserve morali che sembravano vincolare le scelte politiche di un paese come l’Italia.

La chiesa sta giocando una partita anche sul fronte politico del referendum costituzionale?

Non c’è una tesi prevalente nel mondo cattolico.

Ci sono alcune associazioni, come le Acli, che hanno sposato il sì, e anche organi come Civiltà cattolica.

Ma non influenzeranno l’area classificata come cattolica, il voto degli elettori. La chiesa di Francesco è alla finestra. Al di qua del Tevere, ovvero la Cei, e al di là del Tevere, la Santa sede.

La caduta del governo Renzi, se dovessero vincere i no, com’è vista?

Senza drammi. La situazione riflette abbastanza l’equilibrio della chiesa sui fatti politici. Ma è anche il segnale di smarrimento delle gerarchie ecclesiastiche.

Un segnale di debolezza del papa?

Non direi, è il segnale dell’ulteriore annientamento della conferenza episcopale italiana. Francesco ha azzerato il ruolo della Cei sostituendovi un segretario da lui nominato, Nunzio Galantino, che praticamente è l’unica persona titolata a parlare. E si è distinto per un ruolo svolto in termini confusi. Il che mon giova alla presenza attiva della chiesa cattolica nel paese.

(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)


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