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Ecco tutte le vere sfide che si celano nel referendum del 4 dicembre

Mentre l’Agcom chiede spiegazioni a Fabio Fazio rispetto all’ospitata del premier Matteo Renzi a Che tempo che fa, a L’Appartamento – informale e istruttivo appuntamento organizzato da Allea – si analizzano pregi e difetti della comunicazione del comitato del Sì e di quello del No. Di referendum costituzionale hanno parlato due sere fa a Milano: Nicola Porro, vicedirettore de Il Giornale e conduttore di Matrix, Adrio de Carolis, amministratore delegato SWG, e Vittorio Cino, direttore relazioni esterne di Coca Cola.

CENTRALIZZAZIONE VS CONFUSIONE

“Il comitato del sì è centralizzato: non lascia ai giornalisti possibilità di scelta degli interlocutori, suggerisce non di rado la modalità di confronto”, ha esordito Porro quando gli è stato chiesto di raccontare il suo rapporto (da giornalista e conduttore) con le due fazioni politiche. E quelli che si battono per il No? “Nel comitato del No regna sovrano il caos: chiunque vuole dire la sua lo fa, non c’è coordinamento”, ha spiegato. Probabilmente perché quel fronte contiene anime politiche diversificate: la Lega, il movimento Cinque stelle e una parte del Pd. Ma mentre gli abitanti dei palazzi romani si arrovellano per cercare di portare dalla propria parte più cittadini possibile, l’Italia dell’Auditel decreta un disastroso fallimento per il referendum: “Gli ascolti tv precipitano quando se ne parla, si continua a farlo per diversi motivi: la Rai perché ha un mandato politico; Mediaset, che non ha una vocazione d’informazione, lo fa nei contenitori che ha disposizione e La7, che la vocazione invece ce l’ha eccome, lo fa molto bene ma il Premier sceglie con chi dialogare”. Si sarebbe creato così un forte nervosismo da entrambe le parti che si pare si traduca in un’incapacità di spiegare il contenuto della riforma.

IL (DIMENTICATO) TEMA DELLE INFRASTRUTTURE

Gli interlocutori poi si fermano sul tema delle infrastrutture, poco usato dall’una e dall’altra compagine ai fini della campagna referendaria. “Il comitato del Sì non utilizza l’argomento, quello del no neppure perché composto dalla destra che non può utilizzarlo con il suo elettorato composto perlopiù dal ceto borghese e da quella parte della sinistra contraria alla centralizzazione delle infrastrutture. La scelta dunque è strategica. Il vero problema comunque è che stando ai dati di Roberto D’Alimonte sul Sole 24 Ore, il No è avanti di 4 punti e a fare la differenza è soprattutto il voto dei giovani” ha spiegato Porro. Secondo Vittorio Cino “il comitato del Sì sta puntando troppo sulle divisioni del Pd, ma per vincere la partita dovrebbe intercettare una parte del centrodestra”. Cino comunque è convinto che la scelta di non usare l’argomento infrastrutture non sia una banale dimenticanza ma “una precisa strategia”.

CAPITOLO INDECISI

Il focus si sposta poi sull’altissima percentuale di indecisi. De Carolis: “I dati (di D’Alimonte, ndr) dipingono uno scenario ancora aperto: sia per l’affluenza bassissima al momento, sia per l’alta percentuale d’indecisi”. Dai sondaggi però pare che “nelle ultime settimane la percentuale degli indecisi si sia un po’ ridotta a favore del sì” ha detto Cino. Non solo ha aggiunto il numero uno di SWG: “Se spacchettiamo il referendum, l’opinione pubblica è più orientata al sì che al no (su 18 quesiti: 14 sì e 4 no), ma alla fine quando chiediamo alle persone cosa voteranno prevale il no. E’ la percezione emozionale a influenzare il voto.”

IL RUOLO DEI MEDIA

Anche la tv e i giornali però possono influire sulla scelta. A questo proposito Porro ha sostenuto: “E’ cambiata la relazione tra media ed elettori: conta più la sensazione che suscita il personaggio del suo contenuto. Renzi nell’ultimo periodo è un po’ nervoso e i telespettatori lo percepiscono”. A prendere le parti del Premier a questo punto è stato de Carolis: “E’ normale sia nervoso: c’è in corso un processo anti-casta. Non solo, Renzi non ha un nemico da combattere, il fronte del No ha lui invece”. A questo punto Porro ha raccontato un aneddoto significativo: “Dopo l’elezione di Donald Trump negli Stati Uniti sapete qual è stata la cosa più cercata dagli italiani su Google? ‘Stipendio del presidente Usa a 1 dollaro’. Tedeschi e giapponesi hanno cercato informazioni sulla borsa e i tassi d’interesse, a differenza nostra. Siamo un Paese marcio. Ed è anche colpa dei salotti milanesi dove il Corriere della Sera e Confindustria (e il suo giornale) hanno creato il mostro della casta”. De Carolis ha risposto: “Il primo a cavalcare l’anti-casta è stato Silvio Berlusconi nel ’94: l’antipolitica, intesa come demonizzazione della politica, è iniziata allora”. Ancora Porro: “L’antipolitica intesa come anti-establishment è diversa dalla degenerazione della politica italiana a cui assistevamo all’inizio degli anni Novanta e comunque il vero ago della bilancia per il referendum è l’elettorato di Forza Italia, in particolare Piemonte, Veneto e Lombardia”.

IL RUOLO DEI SOCIAL

Dalla degenerazione della politica a quella del ceto medio a cui secondo i presenti ha contribuito anche la rivoluzione digitale che “ha trasformato la leadership in followship” ha spiegato Porro che ha concluso: “I social per indole sono la personificazione virtuale del No, in ogni cosa. Anche per il referendum”. D’accordo anche de Carolis e Cino.

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