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Scuole paritarie, tutte le novità della legge di bilancio 2017

Qualche spiraglio per le scuole paritarie nella legge di bilancio 2017, approvata nei giorni scorsi. Ma è solo un piccolo passo avanti. La parità vera resta ancora molto lontana e non potrà essere realizzata con finanziamenti a pioggia che rischiano in ingigantire la spesa del welfare. È necessario mettere al centro lo studente e applicare un costo standard. Studi scientifici dimostrano che, in questo modo, non solo sarà raggiunta la vera parità scolastica, ma che lo Stato potrà addirittura risparmiare sulla spesa e attuare una riforma veramente sostenibile.

La manovra 2017 aumenta dunque le risorse per la scuola paritaria. Quali? Innanzitutto viene raddoppiato il fondo per la disabilità: si passa da 12 a 24 milioni; in secondo luogo il fondo per le scuole materne lievita da 25 a 50 milioni. Anche le scuole paritarie usufruiranno inoltre della ripartizione dei fondi (100 milioni) per l’alternanza scuola lavoro; e per i contributi alle scuole, basta ritardi (che obbligano le paritarie a indebitarsi con le banche): d’ora in poi i versamenti dovranno essere effettuati entro il 31 ottobre di ogni anno (lo speriamo vivamente!).

Cresceranno, progressivamente, anche le detrazioni fiscali per le famiglie che pagano le rette. Dagli attuali 400 euro a figlio, si passerà a 564 euro per il 2016, a 717 per il 2017, a 786 per il 2018 e a 800 euro per il 2019. È comunque sempre poca cosa: l’obiettivo sarebbe una detrazione totale.  Anche le paritarie, inoltre, potranno partecipare direttamente ai bandi Pon dell’Unione Europea, per progetti di innovazione didattica, che prevedono risorse per 3 miliardi fino al 2020.

Infine il cosiddetto school bonus, le erogazioni liberali versate alle scuole con possibilità di detrazione fiscale. Le famiglie potranno versarle direttamente sul conto corrente della scuola (e non più su un conto del Miur) e sarà poi la stessa scuola a girare il 10% al Fondo perequativo per i territori svantaggiati.

“Governo e maggioranza hanno dimostrato di credere nella vera parità scolastica”, ha commentato il sottosegretario all’Istruzione, Gabriele Toccafondi. Una dichiarazione un po’ troppo ottimista. Soprattutto se affiancata a quella del premier Matteo Renzi che venerdì 18 novembre nella conferenza stampa tenuta a Palazzo Chigi per presentare il bilancio dei mille giorni dell’esecutivo da lui guidato: ha detto “Ho tanti rimpianti, uno è la scuola”.  “A differenza dei governi precedenti – ha aggiunto – abbiamo messo tre miliardi nella scuola. Nonostante questo siamo riusciti a fare arrabbiare tutti. Bisogna essere bravi per riuscirci. Evidentemente qualcosa non ha funzionato”. Nel Febbraio 2014 lo stesso Renzi dichiarava: “Ripartiamo dalla Scuola per fa rinascere il Paese. Vi stupirò”. Non ci ha stupito!

Le riforme dal fiato corto frutto di compromesso, tanto la Legge Berlinguer 62/2000 quanto la Legge Renzi 107/2015 (la cosiddetta Buona Scuola), mancano entrambe del coraggio dei politici di un tempo. Entrambe non riescono a “garantire” il diritto di libera scelta educativa riconosciuto dalla Costituzione Italiana perché non superano il vincolo economico.

La piena parità economica rivendicata dalle associazioni delle scuole paritarie è ancora molto lontana, quelle della legge di stabilità 2017 sono solo aperture in quella direzione.

Bisogna dare atto a un Ministero che ha avuto il coraggio di avviare un simile processo, che non è semplice e scomoda parecchio, ma che non può non avere l’approvazione delle scuole paritarie serie, anche se occorre procedere rapidamente verso una soluzione in chiave Europea, cioè la totale parità attraverso l’adozione per tutte le scuole, statali e paritarie, del costo standard di sostenibilità, perché la politica dei piccoli passi non basta più.

Lo Stato italiano fa sempre più fatica a sostenere la spesa sociale. È necessario il coraggio di operare scelte “storiche” per il bene della scuola e del Paese. E la vera scelta è il costo standard di sostenibilità per studente. Lo si propone – dati alla mano – nel saggio Alfieri, Grumo, Parola “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento” (Ed. Giappichelli) 2015, con la prefazione del Ministro Stefania Giannini che ha ben compreso il cuore della questione.

Applicando il costo standard, in pratica dotando ogni alunno di un cachet da attribuire alla scuola che intende frequentare, si realizzerebbe finalmente il pluralismo educativo, lo Stato risparmierebbe fino a 17 miliardi di Euro, elemento non trascurabile in epoca di revisione della spesa pubblica, si attiverebbe infine una sana concorrenza tra le scuole, mirata al miglioramento dell’offerta scolastico-educativa e della qualità del servizio.

Tale soluzione garantirà alle famiglie la possibilità di scegliere fra buona scuola pubblica statale e buona scuola pubblica paritaria, secondo quando dettato in Costituzione e adottato negli altri Paesi europei.

Se plaudiamo alle aperture di questi ultimi giorni, il nostro impegno di arrivare a una piena parità anche economica non si fermerà.

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