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Tutti i numeri della buona scuola pubblica paritaria e statale

Lungo questi giorni si sprecano parole che, mentre riconoscono, smentiscono. Di conseguenza il pensiero si smarrisce e il cittadino consapevole, forte di un diritto che lo supera perché appartiene alla Societas, ritiene necessario fare il punto della situazione.

Il dato incontrovertibile è che non servono “più soldi” alle scuole paritarie e che stiamo ancora una volta sbagliando il bersaglio. Come si spiega, visto che si rilevano ringraziamenti, mentre si innesca una guerra tra poveri, cioè fra la buona scuola pubblica paritaria e la buona scuola pubblica statale?

Eppure venerdì 18 u.s., nella conferenza stampa tenuta a Palazzo Chigi per presentare il bilancio dei mille giorni dell’esecutivo, il premier ha affermato: Ho tanti rimpianti, uno è la scuola” e “A differenza dei governi precedenti, abbiamo messo tre miliardi nella scuola. Nonostante questo siamo riusciti a fare arrabbiare tutti. Bisogna essere bravi per riuscirci. Evidentemente qualcosa non ha funzionato“.

Sulla base della celebre esortazione “Affrontate la vita con totale disinteresse alla propria persona, e con la massima attenzione verso il mondo che ci circonda” (Rita Levi Montalcini) occorre ribadire la necessità di stare dalla parte dello studente, perché il diritto serve al debole; il Sovrano ha la spada.

È fondamentale dirsi la verità, perché i cittadini sono molto più intelligenti di quello che pensa chi intenda manipolarli.

Traduciamo in numeri le parole di questi giorni. Leggiamo su TuttoScuola e svariate testate giornalistiche: «il Governo con la legge di Bilancio continua a dimostrare nei fatti che crede nella scuola paritaria, parte del sistema d’istruzione nazionale. Intende proseguire un lavoro iniziato tre anni fa». Lo ha affermato il sottosegretario al Miur intervenuto lungo questi giorni e  sintetizzando i vari passi compiuti in una nota del 29 Novembre con una novità interessante ma ancora da capire nella sua attuazione pratica “la possibilità per le scuole paritarie di partecipare ai bandi Pon, i fondi europei per l’istruzione“. Questo si che sembra un passo in avanti significativo che va nella direzione di porre lo studente al centro. Restiamo sui numeri e su ciò che conosciamo ad oggi.

Vediamo con una tabella, numeri alla mano, che cosa è successo in questi tre anni dove più volte è stato dichiarato che “si è investito per  un effettivo riconoscimento della dignità di scuola pubblica che gli istituti paritari hanno, nominalmente sin dalla legge n. 62 del 2000, alla quale si inizia a dare concreta attuazione”.

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La fonte è sicura: La scuola in cifre 2009-2010, ISTAT  e Ufficio Stampa Miur Roma, 13 settembre 2015.

(*) Fondo assicurato nella Legge di Stabilità approvata dalla Camera dei Deputati.

La scuola in cifre si ferma al 2009-2010 dopo l’inizio della crisi, ma il ragioniere sa che per “capire” i conti deve andare a fondo.

E scopre che ci si ritrova nella realtà di una flessione che parte dal 2012-13, quando gli alunni delle scuole paritarie, dall’infanzia alle superiori, in Italia erano più di un milione (esattamente 1.036.312). L’anno dopo erano scesi sotto il milione (993.544), con una flessione superiore al 4%, e nel 2014-15 avevano fatto registrare un ulteriore 3,3% di decremento. Nel medesimo periodo l’incidenza della popolazione scolastica delle scuole paritarie rispetto alla totalità della popolazione scolastica nazionale tendeva a diminuire. Nel 2012-13 gli alunni di scuole paritarie erano complessivamente l’11,7% dell’intera popolazione scolastica, nel 2013-14 la loro incidenza era scesa all’11,3% e l’anno dopo al 10,9%. E il trend continua. Aumenta evidentemente il numero delle famiglie che non possono permettersi rette ulteriori. Il decremento maggiore si è avuto nella secondaria (-11% nel I grado e -15,4% nelle superiori), dove i costi di frequenza sono normalmente maggiori.

A Febbraio 2014 pareva imminente la Rinascita dell’Italia, che finalmente avrebbe posto al centro lo studente garantendo la libertà di scelta educativa, in un pluralismo fatto di buone scuole pubbliche (statali e paritarie).

Ma qualcosa non ha funzionato, come ha detto il Premier durante la trasmissione ‘Otto e mezzo’ di Lilly Gruber: “Siamo riusciti a far arrabbiare tutti. Ci vuole un talento particolare…“, con quelle frasi infelici che scappano ogni tanto a chi ha uno stile casual in politica. In realtà di questi talenti non sappiamo cosa farcene. Ma ciò che non ha funzionato è stato quello di dichiarare e dunque agire in questi termini “Il Governo crede nella scuola paritaria”. Eh no, a nessuno serve un governo che crede nella scuola paritaria ma che creda nei suoi cittadini, che li liberi dalle briglie di uno Stato Gestore; quest’ultimo divenga Stato Garante della libertà di scelta educativa.

Dalla Tabella si evince che la diminuzione degli allievi della scuola paritaria comporta un aumento della spesa del Welfare per la scuola pubblica statale. L’emigrazione di allievi dalla scuola paritaria, complice la crisi, rappresenta un aumento annuo di spesa dello Stato per allievo di scuola pubblica statale, che passa da 56.648 milioni di euro del 2009 a 49.776 milioni di euro nel 2013 quando gli alunni della scuola paritaria erano pari a 1.036.403 e risale in modo direttamente proporzionale all’emigrazione di allievi dalla scuola paritaria alla scuola statale, giungendo a 55.536 milioni di euro  nel 2015. Curioso? Niente affatto, occorre dire matematico.

Come farà mai il Welfare a sostenere una spesa così alta in una situazione di debito pubblico composto per lo più da interessi passivi sul debito stesso? Il ragioniere ligio e scrupoloso direbbe al suo Amministratore delegato, «Dott. Rossi forse dovremmo spendere meno e meglio! »

Il come è spiegato nel saggio “Il diritto di apprendere. Nuove linee di investimento” Ed. Giappichelli: occorrono azioni di lungo respiro che “garantiscano” realmente il diritto della libertà di scelta educativa, tradito da lunghissimi anni, piegando il diritto e le riforme alle forzature elettorali. Non c’è nulla di peggio che riconoscere un diritto che non si garantisce. Non serve a nessuno affermare che sono aumentati i contributi alle paritarie (attenzione! Compresi i fastidiosi diplomifici, che – sebbene pochi – sono potentissimi e ben “protetti”, al nord come al sud…) invece di porre al centro lo studente, il soggetto debole di tutto il comparto scuola. Come mai abbiamo solo a Milano 2500 cattedre vuote, nonostante l’immissione in ruolo di 100mila docenti senza alcuna valutazione di merito? “Abilitato” non è sinonimo di “competente, onesto, serio, coerente, professionale”… Come mai abbiamo bambini diversamente abili in buone scuole statali senza docente di sostegno, ma se scelgono la scuola paritaria, che allo Stato non costa pressoché nulla (500 milioni di euro annui a fronte di quasi 56 miliardi di euro…), a loro lo Stato stesso eroga solo mille euro all’anno? Chi paga la differenza? O meglio: dove va a finire la differenza?

Si metta a confronto, da un lato la proposta del “costo standard di sostenibilità per alunno” che, come ampiamente dimostrato, migliora tutto il comparto scuola – pubblica statale e pubblica paritaria – a costo zero, dall’altro l’immissione in ruolo di 100 mila docenti, con le relative cattedre vuote e i milioni di euro in più. Parlino i numeri.

D’altronde le leve di trasparenza e di buona organizzazione; l’autonomia scolastica e la valutazione dei dirigenti e dei docenti; la detraibilità delle spese scolastiche e gli investimenti school bonus, che il d.d.l. Scuola, dal 9 luglio 2015, legge 107 “Riforma del Sistema Nazionale di istruzione e formazione” ha introdotto, vanno verso questa prospettiva. Si riconferma il “costo standard di sostenibilità per allievo” come il solo anello mancante che, mentre consente alla famiglia di scegliere, innesca una sana concorrenza tra le scuole sotto lo sguardo garante dello Stato. La strada è tutta in salita ma è quella giusta: le modeste detrazioni introdotte dalla legge 107/2015 sono uno strumento di breve periodo, utili – più che a risolvere il problema – a sancire un passaggio culturale dal quale non si torna indietro. Il passo successivo sarà il costo standard per studente e la piena garanzia di scelta della scuola da parte della famiglia senza dover pagare due volte, le imposte allo Stato e il contributo di funzionamento alla scuola pubblica paritaria. Interessante nella legge 107/2015 la pubblicità dei dati, dei bilanci, del SNV, che rappresenterà un portale di accompagnamento delle istituzioni scolastiche, un supporto alle scuole su tematiche anche di natura amministrativa, contabile e gestionale, oltre che didattica. Introdurre il costo standard per studente significa accompagnare le scuole verso la riqualificazione delle risorse e l’acquisizione di competenze di riorganizzazione amministrativa prima e gestionale poi, per rendere sostenibile la buona scuola di qualità ma senza sprechi. Chi non intende le ragioni del diritto, intenderà quelle dell’economia: le famiglie che scelgono la scuola pubblica paritaria pagano e le tasse per la pubblica statale e le rette per formare i loro figli. Dunque, triplo il vantaggio per lo Stato: 1) offrono un gettito di imposta per la scuola statale a fondo perduto; 2) fanno risparmiare ben sei miliardi di euro allo Stato, costituenti un’entrata a fronte della mancata spesa, e 3) formano per la collettività cittadini in grado di produrre ricchezza con il loro lavoro. Attualmente, i cittadini lavoratori formati dalle scuole pubbliche paritarie non sono costati una lira e tanto meno un euro allo Stato: semplicemente lo arricchiscono. Dunque gli convengono.

Ma in democrazia non possono esistere cittadini di serie A e di serie B.

Pertanto ben venga la detrazione fiscale nel breve periodo, che si perfezioni speditamente verso il costo standard per allievo, fattore di efficienza e di sostenibilità nel buco nero della pubblica istruzione.

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Il riferimento all’a.s. 2009/2010 deriva dalla certezza dei dati Ministeriali che si ricavano dalla Scuola in cifre 2011 mai più prodotta. Ma per derivazione un bravo ragioniere ricostruisce i dati.

Ma i tempi non sono maturi: c’è ancora troppa ideologia. Semmai i dati sopra riportati non fossero sufficienti a spiegare che occorre un’inversione di rotta, si rileva quanto segue:

«Nella legge di Bilancio del 2014 la previsione di spesa per le paritarie era di 272 milioni – ricorda Toccafondi – adesso il fondo è stabilizzato a 500 milioni, inoltre con la legge di bilancio in discussione alla Camera, le risorse per il sostegno studenti disabili passano da 12,2 a 24,4 milioni, aumentano per il 2017 anche le risorse destinate alle scuole materne paritarie con un fondo di 25 milioni e si va avanti anche sulle detrazioni per le famiglie: lo facciamo gradualmente, in tre anni, da € 400 (il 19% è di € 76) a € 640 (il 19% è euro 121) per l’anno 2016, € 750  (il 19% è di €142)  per 2017, fino a € 800 (il 19 è di € 152) del 2018».

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Ipotesi A: Famiglie bisognose per il 20% e famiglie abbienti per l’80% che contribuiscono per il 30% del Costo Standard di sostenibilità per studente.

Ipotesi B: Tutte famiglie bisognose con un intervento dello Stato pari al 100% del Costo Standard di sostenibilità per studente.

Come si evince dalla Tabella di seguito riportata, la spesa complessiva – per tutti gli 8.908.102 studenti italiani (che – nel 2009 e per derivazione oggi –  frequentano la scuola paritaria e la scuola statale) – che lo Stato sosterrebbe si assesterebbe intorno a € 50.457.880.679,29, inferiore alla spesa che oggi sostiene pari a € 55.169.000.000,00.

Si può garantire il diritto di tutti gli studenti a costo zero, anzi risparmiando, eppure si preferisce spendere di più e restare in un sistema scolastico a grave rischio di default progressivo.

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Il Governo, ha affermato infine il sottosegretario, «crede nella parità e lo ha dimostrato concretamente con i finanziamenti, le stabilizzazioni dei fondi, le norme: sono passi importanti per il raggiungimento di una reale parità scolastica, che vanno in parallelo alle azioni di contrasto ai cosiddetti ‘diplomifici’, perchè siamo per la parità ma contro chi si nasconde dietro la parità». Si nasconde e fa affari, ed è anche potente, al punto da ottenere che ispettori ministeriali seri “ammorbidiscano” le loro relazioni…

Alla garanzia di un sistema scolastico serio il plauso del cittadino, va «a un Ministero che ha avuto il coraggio di avviare un simile processo, che non è semplice e scomoda parecchio, ma che non può non avere l’approvazione delle scuole paritarie serie“, anche se si ribadisce la convinzione che occorre procedere rapidamente verso la totale parità attraverso l’adozione per tutte le scuole, statali e paritarie, del ‘costo standard di sostenibilità’, perché a) la libertà o c’è o non c’è: tertium non datur; b) la politica dei “piccoli passi” aumenta il deficit, anziché alleggerirlo. E si arriverà ad un “punto di non ritorno”, cioè al tracollo delle scuole paritarie anche serie, all’aumento repentino delle spese dello Stato per l’Istruzione, alla perdita anche della “possibilità” di essere liberi, mancando completamente la “scelta” educativa.

Ritornando ai numeri La Legge di stabilità 2017 che molti hanno titolato Più soldi alle Paritarie in realtà sembra ancora una volta non porre al centro lo studente perché non guarda a tutto il Comparto Scuola.

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Vediamo in pratica: il costo nel 2016 aumenta a €  56.133.672.785 (56 miliardi, 133 milioni e 672 mila 785 euro) di spesa dello Stato, cioè di tasse dei cittadini per gli allievi che frequenta la scuola pubblica statale, a fronte di € 547.200.000 (547 milioni e 200 mila euro) per gli allievi che scelgono la scuola pubblica paritaria.

Praticamente si continuerà a spendere di più e male. “Capisco la gente perché ho studiato ragioneria”, dice Paolo Sorrentino.

Che si spenda di più è chiaro. Ma perché male? Con ordine: 1) solo in Italia lo studente non può scegliere fra una Buona Scuola Pubblica Statale e Paritaria senza pagare due volte avendo già pagato le tasse; 2) lo Stato utilizza la famiglia e la scuola Pubblica paritaria come un finanziatore di prim’ordine; 3) i docenti non possono scegliere se insegnare, a parità di titoli e di effetto di tali titoli (gli alunni diplomati), fra una buona scuola pubblica statale e paritaria; non solo: ai docenti abilitati delle paritarie è negato il bonus di 500 euro per l’aggiornamento, mentre viene concesso a tutti i diciottenni per andare al cinema; 3) l’Italia viola da anni l’art. 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo “I genitori hanno diritto di priorità nella scelta di istruzione da impartire ai loro figli”; ma nessuno ne parla. Sulle violazioni dei diritti la democrazia scricchiola. Ben diceva Luigi Sturzo: “Finché gli italiani non vinceranno la battaglia delle libertà scolastiche in tutti i gradi e in tutte le forme, resteranno sempre servi (…) di tutti perché non avranno respirato la vera libertà che fa padroni di se stessi e rispettosi e tolleranti degli altri, fin dai banchi della scuola, di una scuola veramente libera”. 

 

 


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