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Cosa c’è in ballo nei rapporti Vaticano-Cina

“Da parte del Vaticano, l’obiettivo del dialogo è quello di avere una vera libertà religiosa per la nostra Chiesa in Cina. L’obiettivo del governo è quello di avere il controllo completo di quella Chiesa. Questi due obiettivi sono in contraddizione”. Parola del cardinale emerito di Hong Kong, Giuseppe Zen (nella foto), che da sempre guarda con occhio critico alla possibilità di un appeasement: “Non vedo come possano raggiungere un accordo. Un miracolo può sempre accadere, ma un miracolo non deve essere dato per scontato”.

“SCHIAFFO AL PAPA”

Il porporato 84enne – originario di Shanghai e che ha un grande seguito tra i cattolici cinesi – dice di avere espresso le sue preoccupazioni in lettere al Papa, ma fino ad oggi di avere ricevuto solo un’esortazione a pregare insieme: “E intanto Pechino gli ha dato uno schiaffo”. Il riferimento è alle ultime tre nomine episcopali, celebrate tra fine novembre e inizio dicembre. Sembrava un passo avanti, dal momento che proprio la questione vescovi rappresenta il nodo cruciale dell’accordo. Difatti in quei tre casi i nuovi vescovi sono stati indicati da Roma e accettati dal regime. Peccato che in due occasioni Pechino abbia imposto in chiesa, sia pure senza un ruolo diretto nella consacrazione, la presenza di un monsignore scomunicato nel 2011, Lei Shiyin, scatenando le proteste dei fedeli. Zen, in una intervista alla Reuters, ammette di essere rimasto sorpreso dal silenzio del Vaticano, “che dovrebbe parlare chiaro quando le norme cattoliche vengono violate apertamente”.

“SILENZIO VATICANO”

Di silenzio di Roma parla Bernardo Cervellera. E così – sottolinea il direttore di Asia News, l’agenzia del Pontificio istituto missioni estere – si lascia credere “ai fedeli e ai cristiani di tutto il mondo che ormai le celebrazioni con vescovi illeciti sono qualcosa di ovvio e la libertà religiosa non è più ‘la cartina di tornasole di tutti i diritti umani’ (Giovanni Paolo II), ma un bene superfluo di cui si può fare a meno pur di salvare una flebile speranza nei rapporti diplomatici”. Quanto scrive Cervellera è espressione di contatti diretti con il popolo cattolico cinese (Chiesa ufficiale riconosciuta dal governo e sotterranea, fedele a Roma) che – osserva – “si appella al Papa per un giudizio autorevole”. Non solo su quanto avvenuto, ma anche per un importante appuntamento in agenda dopo Natale.

IL PLENUM DEI CATTOLICI CINESI

Tornerà a riunirsi dal 26 al 30 dicembre, con un anno di ritardo rispetto ai tempi previsti, l’Assemblea nazionale dei rappresentanti cattolici cinesi. In pratica, il plenum della Chiesa ufficiale in Cina. Tra i partecipanti, quell’Associazione patriottica che Benedetto XVI bollò come “inconciliabile” con la dottrina cattolica. Nel 2010, diversi vescovi fedeli a Roma furono costretti con la forza a partecipare all’Assemblea. Il Vaticano protestò. Da lì, il gelo nelle relazioni – riprese con il pontificato di Francesco – e il ritardo nella convocazione della nuova assemblea, che si sarebbe dovuta tenere lo scorso anno. Diversi sacerdoti della Chiesa non ufficiale – riferisce l’agenzia del Pime – sono stupiti dell’attuale silenzio del Vaticano: “Partecipare a questi incontri, aderire a questa associazione è diventata un fatto ovvio, che non dà più scandalo, anzi è quasi un elemento necessario alla fede in Cina. In questo modo si svilisce il significato della fede.

DOPPIO GIOCO

Grand commis dell’Assemblea è la Sara, l’Amministrazione statale per gli affari religiosi che organizza l’incontro. Per Cervellera, suo unico obiettivo “è affermare che la religione è proprietà dello Stato (o del Partito)”. E facendo così, ottiene un secondo risultato, “dividere la Chiesa sempre di più, accrescere il fossato fra cattolici ufficiali e sotterranei”. Come sembra essere avvenuto con le ultime ordinazioni episcopali.

PECHINO E’ DIVISA?

La presenza del vescovo scomunicato Lei Shiyin a Chengdu e a Xichang per due delle ultime tre ordinazioni episcopali, secondo fonti di Asia News è “stata voluta proprio dalla Sara e dal Fronte unito e non dal ministero degli Esteri”. Ma la Reuters riporta la dichiarazione del portavoce del ministero cinese degli Esteri Lu Kang, secondo il quale la posizione di Pechino sulle operazioni della Chiesa in Cina è stata “coerente”. Fraseggio tutto da interpretare, in un Paese “dove la condizione di rispetto dei diritti umani è vergognosa”, come scrive nel suo rapporto rilasciato alla vigilia della Giornata mondiale dei diritti umani la Congressional-Executive Commission on China, un’agenzia indipendente del governo Usa.

LIBERTA’ VAN CERCANDO

“Lo scorso anno il governo ha adottato misure straordinarie e senza precedenti per decimare le fila di avvocati per i diritti umani, schiacciare il dissenso e sopprimere la libertà religiosa”, si legge nel rapporto Usa. Azioni di polizia, sparizioni di dissidenti e un “massiccio controllo su stampa e Internet”. Alcuni osservatori – riporta Benedict Rogers in una sua column sul Catholic Herald – ritengono che l’attuale repressione dei diritti umani in Cina sia la peggiore dal massacro di piazza Tienanmen nel 1989. La leadership del presidente Xi Jinping, dicono, ha riportato echi di repressione culturale in stile rivoluzione. Negli ultimi due anni, più di 1.000 croci sono state rimosse dalle chiese nella provincia di Zhejiang, mentre le nuove norme sulla religione pubblicate a settembre rafforzano ulteriormente il controllo dello Stato.

UN NOBEL IN GALERA

Il 10 dicembre, in occasione della Giornata mondiale dei diritti umani, 120 intellettuali hanno scritto una lettera al presidente Xi Jinping chiedendogli di fermare la feroce repressione del suo governo su scrittori e dissidenti. Tra i firmatari, Salman Rushdie, JM Coetzee, Margaret Atwood e Neil Gaiman. Tra i diversi casi individuati nella loro lettera aperta pubblicata dal Guardian, quello del Nobel per la pace 2010, Liu Xiaobo, che sta scontando 11 anni di prigione per “sovversione”. Colpevole, secondo il regime, di avere promosso il manifesto Charta08, invocando riforme democratiche nel sistema politico, il rispetto dei diritti umani e la libertà di pensiero.

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