Fabrizia di Lorenzo non è più con noi. Dopo ore di attesa nella speranza di ritrovarla, sana e salva, la conferma da parte delle autorità. Fabrizia è una delle 12 vittime di questo vile attentato nel cuore di Berlino.
Fabrizia come Valeria. Da Parigi a Berlino a distanza di tempo, i destini di due giovani donne si sono tristemente incontrarti. Anche Fabrizia, come Valeria, amava la vita e aveva deciso di cercare nuove possibilità di sviluppo personale e professionale fuori dall’Italia. Laureate, piene di vita, intraprendenti e quei sorrisi, che abbiamo visto sulle tante foto che ora circolano, a ricordarci che anime belle erano.
Anche in questa vicenda, la dinamica dell’attentato e l’individuazione del colpevole stanno richiedendo molto più tempo del previsto. Un arresto sbagliato a danno di un giovane pachistano richiedente asilo, le polemiche sulla sicurezza, l’ansia di un pericoloso terrorista in libertà, forse armato. La città è sconvolta e noi tutti anche.
Il mio pensiero oggi non si vuole però spostare da lei, da Fabrizia. Come tutte e tutti noi che abbiamo deciso di spostarci altrove, in questo caso a Berlino, anche lei aveva lavorato nei servizi clienti, scritto per un giornale italiano a Berlino, studiato il tedesco, cominciato il percorso stimolante, indispensabile e difficile, dell’integrazione. E poi l’impegno sociale e politico, in una città che affascina per la sua storia, la sua cultura, la sua dinamicità.
Parlare di Fabrizia per me è davvero un po’ come guardarmi allo specchio. Ci saremo probabilmente anche incontrati in qualche evento o iniziativa locale, ma non la ho mai conosciuta. Ma è come se lo avessi fatto. La sua storia è in parte anche la mia e quella di decine di migliaia di persone che qua a Berlino negli ultimi anni sono arrivate da ogni parte d’Italia e d’Europa per costruirsi un futuro. O almeno provare ad immaginarlo.
Quanto dolore mi ha dato la notizia della morte di Fabrizia. Non riesco davvero a smettere di pensarci. Ho l’immagine del suo sorriso costantemente davanti ai miei occhi. Ho sperato fino all’ultimo che si fosse semplicemente spaventata, che si fosse nascosta, che avesse semplicemente perso quel telefono. Ho sperato, come tante e tanti di voi. Come i suoi familiari, a cui in questo momento va tutto il mio affetto.
Non so se Fabrizia ha fatto l’erasmus. Io no. E non so perché continuino ad etichettarci tutti come cervelli in fuga o generazione erasmus. Etichette, appunto, prive di senso. Fabrizia, io e tante altre decine di migliaia di nostri coetanei eravamo e siamo semplicemente cittadini d’Europa. Abbiamo avuto la possibilità di spostarci, di fare nuove esperienze di vita. Si tratta della circolarità dei giovani e dei talenti. Preferisco questa dicitura a tutte le altre che si sentono nei media italiani.
Fabrizia condivideva con noi un sogno, ossia di potersi costruire la propria vita liberamente, e una speranza, quella di essere felice. Invece, per Fabrizia il destino ha deciso che questo sogno doveva finire. Fabrizia come Valeria, simboli di una generazione alla disperata ricerca di sé, di prospettive, di speranze e di crescita personale e professionale. Fabrizia come Valeria sono tutte e tutti noi, per questo il loro ricordo non può e non deve sbiadire nei fatti di cronaca di tutti i giorni.
Fabrizia e Valeria, con i loro splendidi sorrisi, non le dimenticheremo. Non permetteremo che vengano strumentalizzate da chi vuole fare l’opposto di quello che loro hanno sempre pensato, creduto e voluto. Non permetteremo che le loro storie tragiche siano usate per il cinismo politico di alcuni o per fomentare odio, rabbia e divisioni.
Per Fabrizia e Valeria, e per tutte le persone che ogni giorno soffrono nel mondo, che vedono la loro vita manacciata, dal terrorismo, dalle guerre, dalla povertà e dallo sfruttamento, ci impegneremo per lavorare a un mondo più unito, più solidale, più aperto, più libero, più umano. Come ha titolato il Tagesspiegel “unseren Hass bekommt ihr nicht” – non avrete il nostro odio. Berlino rimarrà tollerante, aperta e libera.