Eliminare i voucher? Una boiata pazzesca.
I dati finalmente congiunti degli istituti nazionali sull’economia italiana suggeriscono almeno due azioni immediate: il controllo stringente dei voucher (e non la loro l’eliminazione) e una svolta robusta sui percorsi formazione/lavoro per sostenere l’occupazione giovanile e le aziende in cerca di profili professionali nuovi e adatti ad un mercato del lavoro in movimento.
Il motivo dell’esplosione dei voucher è da ricercare nel costo del lavoro ancora troppo alto e nelle incertezze del rapporto a tempo indeterminato messo in pericolo dal referendum sul Jobs Act. Così il ricorso al sistema dei buoni tutti e subito – nato per i lavori agricoli e stagionale – ora è diventato una tipologia contrattuale estesa e ricorrente trasversalmente in tutti i settori. Dobbiamo però sapere che l’alternativa non è l’accertamento fiscale sanzionatorio del rapporto di lavoro ma la crescita del lavoro sommerso con l’aumento dell’evasione e delle irregolarità a danno dell’economia nazionale.
L’Anpal – l’agenzia nazionale che dovrebbe coordinare e governare il sistema contrattuale, contributivo e assistenziale – arranca nel mettersi in moto visto che riordinare la materia è enormemente complesso, soprattutto per la frammentazione dei livelli territoriali e la rigidità dei loro lavoratori. Per i voucher bisogna restringere i settori di utilizzo e dare alle agenzie di intermediazione private il compito di distribuire e vigilare sul loro uso secondo il principio di sussidiarietà.
Per il rapporto scuola/lavoro dobbiamo ben capire che ora gli istituti superiori non sono in grado di svolgere quel pacchetto di ore previsto dalla riforma scolastica. Tantomeno le aziende sono disponibili a prendersi in carico grappoli di giovani e autonomamente si vanno a cercare solo gli alunni più volenterosi per poi inserirli nella catena produttiva . Un sistema così fortemente orientato all’innovazione necessaria – alle imprese per mantenere e sviluppare le proprie quote di mercato – ha bisogno di giovani con competenze professionali nuove. Tuttavia i profili che oggi il sistema scolastico offre appaiono di regola datati e non in grado di inserirsi nel mercato del lavoro.
Il sistema deve contaminarsi molto di più: occorrono esperienze concrete e pratiche di conoscenza per i più giovani a sostegno dei quali è necessario che intervengano anche i lavoratori più esperti. Chi è già da tempo nel mondo del lavoro – soprattutto chi è più vicino alla pensione – deve rendersi disponibile ad insegnare ai più giovani. Magari anche in cambio di un premio pensionistico. Ci si attrezza e si fa un vero e proprio Osservatorio dove raccogliere le azioni più innovative e così costruire una vera e propria biblioteca interattiva dello studio/ lavoro da cui attingere i modelli più virtuosi.