Il pendolo del sentiment nazionale è in costante movimento. Se fino a qualche tempo fa riforme e spending review sembravano – almeno a parole – obiettivi imperativi, oggi rischiamo che a prevalere sia il verso contrario. Pensiamo alla crisi economica. Abbiamo provato a uscirne facendo sacrifici ma non ci siamo riusciti e allora esorcizziamo il peso del debito e del deficit tornando a parlare di Stato. Dal mantenimento delle Province alla pubblicizzazione di Monte dei Paschi passando per il desiderio di un ritorno al proporzionale: sembra che da più parti dilaghi il rimpianto del bel tempo andato, quando i problemi si risolvevano con un accordo a tavolino, non importa a quale costo.
Abiurata da tempo l’austerità, ora l’essere démodé pare tocchi al liberismo e alle riforme. Le Province non sono più esecrabili e la spesa pubblica pare rassicurante. Anche quella delle Regioni, fino a ieri considerate sprecone. Solo che purtroppo i problemi sono ancora lì e non si può fingere che non esistano. Non si parla più di liberalizzazioni e di riduzione del numero enorme di società partecipate, piuttosto si mettono in dubbio il superamento dell’articolo 18 o la riforma della Pubblica amministrazione. Come se i posti di lavoro si potessero garantire per decreto. Ovviamente non tutte le riforme sono utili, anzi. Però è altrettanto vero che l’Italia non cresce, il debito continua ad aumentare e il suo costo non potrà per sempre essere calmierato dal Quantitative easing. A tutto questo si aggiunga che il nostro è un Paese assai poco incline all’innovazione e all’evoluzione digitale, che pure rappresenta il futuro del mercato del lavoro.
Non affrontare questi temi, subito e con riforme (se necessario anche dolorose), sarebbe un errore pari a quello commesso con Monte dei Paschi. L’esempio è calzante. Si fosse agito prima, si sarebbe potuto ridurre di molto il costo del salvataggio della banca per i contribuenti e si sarebbe forse evitata la sua nazionalizzazione. I temi liberali devono restare al primo punto dell’agenda politica, dalla riduzione del perimetro dello Stato alle liberalizzazioni e privatizzazioni mai portate a termine. I nostri irrisolti problemi sono ancora lì a suggerircelo. Prima che sia troppo tardi.