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Perché (forse) Trump non rottamerà le rinnovabili. Parla la climatologa Kajfež Bogataj

Lucka Kajfež Bogataj, climatologa

Trump è un uomo d’affari e al momento le opportunità di business sono maggiori nel settore delle rinnovabili che in altri e questo prima o poi lui lo realizzerà”. Lo dice a Formiche.net Lucka Kajfež Bogataj, climatologa dell’Università di Lubiana e dell’Ipcc. Bogataj nei giorni scorsi a Roma in missione per il primo di una serie di incontri del progetto Interreg Med Compose, Comunità rurali coinvolte con energia positiva, che ha tra i primi sostenitori l’Istituto per l’agricoltura e le foreste di Maribor e che vede la partecipazione come partner italiano del Kyoto Club. Il progetto durerà 36 mesi e ha l’obiettivo di aggiornare i metodi esistenti e gli approcci utilizzati nell’ambito dei Res (Renewable energy systems) per mettere a punto un modello semplice e completo denominato appunto Compose-modello per la pianificazione Res. Il tutto con l’obiettivo di incentivare il dialogo con gli interlocutori nazionali e l’incentivazione dello sviluppo.

Quali scenari si aprono con la nuova presidenza Trump per i piani energetici americani? “E’ difficile dare una risposta concreta, ma una serie di fattori mi rendono non positiva, ma meno pessimista”, ha detto Lucka Kajfež Bogataj, che per l’Ipcc ritirò il Nobel per la pace nel 2007.

È infatti interessante capire come oggi, in un mondo dove tutto viene svolto di fretta e con il massimo profitto, si possa incentivare lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, soprattutto alla luce della politica ambientale che vuole portare avanti Donald Trump, anche con la scelta come capo dell’Epa, l’agenzia federale per l’Ambiente, di un negazionista dei cambiamenti climatici, Scott Pruitt (che però è tornato negli ultimi giorni sui suoi passi).

“Una parte importante della politica americana è rappresentata dalla scienza sul cambiamento climatico, che è la migliore al mondo, scienza nella quale gli Usa investono molto, elemento questo che non si può negare”, continua Kajfež Bogataj. “Inoltre, Trump è un uomo d’affari e al momento le opportunità di business sono maggiori in questo settore (rinnovabili ndr) che in altri e questo prima o poi lui lo realizzerà. Nella sua amministrazione tutti pensiamo che sua figlia avrà un ruolo rilevante e Ivanka ha un’idea diversa rispetto al padre su questi temi, perciò la sua influenza conterà. Gli Usa sono solo una parte dell’economia globale, l’Europa e la Cina si muovono verso direzioni opposte e Trump non potrà ignorare tutto questo”.

Vero è che l’Europa è la prima che deve incentivare alcuni cambiamenti anche e soprattutto nel modo di concepire la vita e gli spostamenti, perché ancora è lunga la strada per ottenere dei trasporti green. “La mobilità in tutto il mondo rappresenta il problema maggiore”, precisa la climatologa. “Le maggiori soluzioni le vedo per le città del futuro, poiché il piano concepito per l’organizzazione dello spazio delle città è oggi errato e non c’è modo di realizzare un trasporto efficace”.

Molti sono i piani urbanistici che tentano di rivedere e riqualificare il sistema di trasporti con un parco macchine adeguato e che inquini sempre meno, ma le metropoli tendono a non svilupparsi coerentemente. “Abbiamo molte città che hanno abbandonato alcune loro aree. Invece di sfruttare zone interne che man mano vengono abbandonate, le città si stanno espandendo con il relativo sviluppo urbano. Le giovani generazioni dovrebbero imparare un nuovo stile di vita per poter affrontare un nuovo tipo di trasporto, quale quello in biciletta. Questo però richiede un cambiamento appunto nello stile di vita, a cominciare dal modo di vestire ad esempio. E sono necessari piccoli passi anche a livello psicologico ed educativo”.

E se parliamo di nuovi stili di vita e dello sviluppo urbano delle città, inevitabile è il pensiero al futuro prossimo e al ruolo delle metropoli e le megalopoli che ricoprono contro i cambiamenti climatici. “Più di metà della popolazione oggi vive nelle megacities e nel 2030-2050 arriverà intorno al 70%”, afferma la studiosa. “Questo rappresenta un vero e proprio problema poiché la concentrazione di tanta popolazione in spazi ridotti ha una maggiore efficienza energetica, ma allo stesso tempo crea inquinamento (sia per l’acqua, per l’aria, e per appunto i problemi di trasporto). Non siamo pronti a gestire tutti questi problemi insieme, ma l’autosufficienza  a livello di cibo ed energia, è il tema che dovrebbe essere dibattuto. I sindaci spesso non possono fare questo da soli, ma occorrerebbe un intervento a livello statale”.

Tra i partner del progetto Interreg Med Compose vi è anche il Coordinamento delle Agende 21 locali italiane, proprio per incentivare capillarmente lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili nelle comunità rurali. “È importante tenere a mente che le comunità non sono tutte uguali”, spiega Lucka Kajfež Bogataj. “Spesso i livelli di conoscenza sono molto diversi tra loro e le persone non sono realmente consapevoli del perché occorre passare a fonti di energia rinnovabili. È altresì importante che le persone riescano ad acquisire conoscenza  riguardo il cambiamento climatico, i costi dell’energia e l’instabilità politica, tutto collegato all’energia fossile”.

Un maggiore grado di consapevolezza, quindi, è in grado di far comprendere perché muoversi in una certa direzione, secondo la climatologa. Ma c’è di più. “Il secondo passo da compiere riguarda l’economia”, continua. “Le persone devono capire che anche loro trarranno beneficio dal cambiamento, forse non nel primo anno, ma ciò beneficerà anche loro, sia a  livello climatico sia economico. Il passo successivo deve includere i policy maker, cioè la necessità di fornire sussidi statali per realizzare tutto ciò. Per motivare i policy maker bisogna sottolineare l’opportunità di cerare nuovi posti di lavoro”.

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