Primo: “A due mesi dalla gara, la decisione repentina e improvvisa di Raytheon mostra un atteggiamento superficiale e non da grande azienda qual è”. Secondo: “I prodotti della difesa non sono prodotti di mercato normali e perciò richiedono un chiarimento con il governo americano”. Così Guido Crosetto, presidente della Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad) e già sottosegretario alla Difesa nel IV governo Berlusconi, commenta la fine della collaborazione tra Raytheon e Leonardo per la gara al programma T-X dell’US Air Force.
COSA È SUCCESSO
A febbraio dello scorso anno, Raytheon e Leonardo avevano raggiunto l’accordo per sviluppare il T-100, basato sull’M-346 dell’ex Alenia Aermacchi. Obiettivo: concorrere alla gara per il programma Advanced Pilot Training (Apt) con cui il Pentagono sceglierà il sostituto del T-38, impiegato per l’addestramento avanzato dei piloti militari dell’US Air Force. La ragione della fine della collaborazione tra il colosso italiano e l’azienda americana pare risiedere “nella non uniformità di vedute sui costi e sul prezzo, da ciò che ha spiegato l’azienda statunitense”, spiega Crosetto. Raytheon avrebbe deciso di abbandonare giudicando troppo elevato il prezzo del velivolo proposto da Leonardo, prime contractor di un’offerta cui partecipano anche CAE USA e Honeywell Aerospace. Certo, “a due mesi dalla gara, la decisione repentina e improvvisa di Raytheon mostra un atteggiamento superficiale e non da grande azienda qual è”.
Il contratto, infatti, dovrebbe essere assegnato dal Pentagono proprio quest’anno, mentre si prevedono per il 2018-2022 la fase di sviluppo, per il 2024 la prima operatività, e per il 2030 le consegne. Si attende un ordinativo di 350 velivoli per un valore stimato in miliardi di dollari. L’offerta congiunta Raytheon-Leonardo prevedeva per il sistema di addestramento integrato, oltre all’aereo, anche simulatori, sistemi didattici e aule informatizzate per preparare la prossima generazione di piloti.
L’ OFFERTA DI LEONARDO
Eppure, “la motivazione del prezzo è stata pretestuosa perché i prezzi sono in linea con quelli americani”, ha detto il presidente dell’Aiad. Il problema del costo sollevato da Raytheon non dà la corretta interpretazione dell’offerta di Leonardo. Il prezzo del T-100, “è più alto di quello dei concorrenti, ma l’M-346 costa di più perché è una cosa completamente diversa”, ha spiegato Crosetto. “Il problema non è se è caro, ma cosa può fare rispetto ad altri velivoli che non fanno le stesse cose e che non sono addestratori dello stesso livello per l’F-35”. “Non penso ne esista un altro migliore con le stesse caratteristiche; a dirlo sono gli stessi piloti americani”, ha ribadito. “Leonardo ha il prodotto migliore in assoluto e quello che piace di più all’Aeronautica statunitense”. Proseguirà dunque la gara? “Non lo so, ma deve trovare il modo di presentare la propria offerta, e mi auguro che Mauro Moretti offra una soluzione”. Infatti, “Leonardo sta valutando come meglio valorizzare le significative caratteristiche e il grande potenziale del T-100 nel miglior interesse dell’US Air Force”, si legge in una nota del gruppo di piazza Monte Grappa.
UN RAPPORTO COMPLICATO
La battuta di arresto apre nuovamente il dibattito su “un problema di rapporti che andrebbe affrontato” tra Italia e Stati Uniti, dice l’ex sottosegretario alla Difesa. In passato, ricorda Crosetto, “i contratti saltati per l’elicottero US101 e il programma cargo C-27J finito nel dimenticatoio”, avevano fatto sorgere dubbi sulla stabilità del rapporto industriale tra Italia e Stati Uniti. In aggiunta, “per l’F-35 non ci sono stati i trasferimenti tecnologici previsti, mentre latita ancora il trasferimento di lavoro; inoltre, l’attività presso lo stabilimento di Cameri, che doveva garantire l’unico luogo di MRO&U (ndr, manutenzione, riparazione, revisione e aggiornamento) al di fuori degli Stati Uniti, pare sia messa in discussione”. Eppure, “l’obbligo di trasferimento tecnologico è insito negli accordi, così come la ripartizione del lavoro dall’inizio alla fine, ma pare che non lo stiano facendo e ciò non premia sicuramente le piccole e le grandi aziende italiane”, ha aggiunto Crosetto.
SERVE UNA RISPOSTA POLITICA
Ora, la decisione di Raytheon, “sebbene riguardi le aziende e non i governi come in passato, apre alla necessità di un chiarimento”. Serve una reazione politica da parte di Palazzo Chigi? “Anche”, ha detto il presidente dell’Aiad. “I prodotti della difesa non sono prodotti di mercato normali e perciò richiedono un chiarimento con il governo americano”. Una risposta che emerge con maggiore urgenza con la nuova presidenza americana. La dichiarata intenzione di Trump di favorire le imprese nazionali potrebbe, infatti, rendere più difficoltoso il rapporto dell’industria aerospaziale italiana con i partner d’oltreoceano.
(articolo tratto dal sito Airpress)