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Trump, Pence, Tillerson e il doppio binario dell’amministrazione Usa

Di Michele Arnese ed Emanuele Rossi

C’è un doppio binario nell’amministrazione Trump? E’ quello che si chiedono alcuni osservatori considerate parole e opere del presidente Donald Trump e di alcuni degli esponenti di spicco dell’amministrazione americana che si muovono da normalizzatori. Vediamo fatti, ricostruzione e scenari.

L’AVVIO DI TILLERSON

Il Senato americano due giorni fa ha avallato la scelta presidenziale di Rex Tillerson come segretario di Stato. Tillerson entra in ufficio con già sul groppone le centinaia di firme (900!) in un documento diffuso sul dissent channel contro il ban su ingressi e immigrazione inserito in un executive order del suo capo.

LA PRIMA, IMPEGNATIVA GIORNATA

Giovedì il nuovo capo della diplomazia americana ha avuto un primo giorno di lavoro tutto concentrato sul tentativo di calmare gli alleati e rassicurarli che la politica estera americana “è in mano ferma”, come scrive la Bloomberg. E sottintende i colpi di mano di questi giorni: il presidente Donald Trump ha avuto discussioni animate con gli omologhi australiani e messicani, il consigliere speciale per il commercio ha attaccato la politica economico-monetaria della Germania, il consigliere per la Sicurezza Nazionale ha detto che l’Iran è stato avvisato senza escludere nessun genere di ritorsioni, il portavoce della Casa Bianca ha diffuso un comunicato in cui invita Israele a riconsiderare l’allargamento dei settlements perché non aiuta il raggiungimento della pace.

MESSICO, CANADA, AUSTRALIA: BASTONE E CAROTA

Giovedì Tillerson ha parlato con il ministro degli Esteri messicano Luis Videgaray (considerato la porta sul governo di Città del Messico dell’amministrazione americana e con cui il segretario ha avuto rapporti quando guidava la Exxon Mobile) e con l’omologo canadese: conversazioni che vengono riportate come cordiali e “moderate”. Tillerson è noto per la sua spiccata capacità di leadership (ha diretto per anni un colosso industriale) e su questa potrebbe aver fatto leva per avviare rapporti internazionali più diplomatici, comprendendo le difficoltà della situazione. Il Messico si trova davanti al muro di Trump, che vuole che il governo del Paese centroamericano partecipi alla costruzione miliardaria dell’infrastruttura che dovrebbe bloccare l’immigrazione da sud. Il Canada è appeso al Nafta, l’accordo commerciale del Nord America (che include anche il Messico) che potrebbe saltare come il Tpp, e possibile che Ottawa si trovi a dover negoziare intese bilaterali con Washington. Partendo però da un ruolo debole, almeno secondo la visione di Trump: il Canada ha preso dagli Stati Uniti molto più di quello che ha dato. Un po’ come l’Australia, altro paese che ha subito mercoledì le sfuriate di Potus: la situazione è stata poi corretta da un incontro alla Casa Bianca tra l’ambasciatore australiano in America e il capo dello staff di Trump, Rience Priebus; presente anche il potentissimo stratega Stephen Bannon. Esito del meeting positivo, molto cordiale pare (un’altra pezza), ma Trump aveva già minizzato la conversazione di mercoledì tweettando che erano stati i media “bugiardi” a raccontare “fake news”.

IL DOPPIO BINARIO (?)

Sembra quasi che l’amministrazione americana proceda a due velocità: quella travolgente dell’iperattivo presidente, che passa come un Caterpillar su tutto quello che gli è d’intralcio, e quella di alcuni degli uomini di fiducia, occupati a temperare la situazione e a dettare il passo istituzionale. Sembra, perché saranno le prossime settimane a far capire quale sarà l’indirizzo e quanto uomini di alto profilo come Tillerson avranno voce all’interno dell’azione di governo (oppure è il gioco del “poliziotto buono e poliziotto cattivo”). Sempre giovedì c’è stata una chiamata del segretario di Stato americano al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (mentre il portavoce della Casa Bianca aveva diffuso quella nota a sorpresa sugli insediamenti). Il primo incontro ufficiale invece Tillerson lo ha avuto con il ministro degli Esteri tedesco Sigmar Gabriel, sempre giovedì: argomenti, la Nato, il futuro dell’accordo nucleare con l’Iran (la Germania è il “più uno” dei “5+1” che lo negoziarono), i rapporti commerciali. Con Berlino c’è un rapporto da costruire, dopo che è stato obiettivo di attacchi già ai tempi della campagna elettorale, quando Trump criticò le decisioni della Cancelliera sull’immigrazione per esempio. Stessi temi più o meno quelli dichiarati in un tweet da Mike Pence, il vice presidente, che ha avuto con Gabriel un incontro separato. Anche a lui sta toccando un ruolo di bilanciamento? “In tutte le conversazioni il Segretario Tillerson ha sottolineato l’impegno costante degli Stati Uniti per i suoi alleati e partner” dice la nota del dipartimento di Stato e per esempio la stampa tedesca parla di un incontro piacevole tra il vice presidente e il ministro: Die Zeit dice che Gabriel ha rotto il ghiaccio con Pence definendo entrambi i nuovi elementi sul tavolo.

PENCE VA IN EUROPA: E L’ITALIA?

Durante l’incontro sono state gettate le basi per una visita di Pence in Germania tra un paio di settimane: sarà alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco (in programma dal 17 al 19 febbraio) e da lì coglierà anche l’occasione per una visita a Bruxelles. Sarà l’occasione per consolidare i nostri rapporti e rafforzare la partnership transatlantica, ha commentato il VP sempre su Twitter. A Bruxelles possibili i contatti della nuova amministrazione anche con i delegati italiani: finora Roma è stata l’unica capitale del G7 (la cui prossima riunione sarà ospitata a Taormina a maggio) a non essere stata contatta direttamente dal presidente Trump. Unica comunicazione, la telefonata del capo del Pentagono James Mattis alla ministro della Difesa Roberta Pinotti. Trump oggi – come ha comunicato al Casa Bianca – avrà il primo contatto telefonico con il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. La telefonata tra Trump – che ieri ha lasciato Washington per la sua residenza a Mar a Lago, in Florida – è prevista per le 16.15 ora locale, le 22.15 in Italia.



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