C’è chi fa spallucce e chi si indigna. Un via vai di reciproci attacchi nella quotidiana schermaglia che va in scena sui social e nei blog del web tra chi, a seconda della posizione, viene definito guardiano della rivoluzione o violento reazionario. Così la questione dei manifesti abusivi attaccati sui muri di Roma tra venerdì e sabato, più che sul contenuto, ripropone lo scontro nella Chiesa tra due opposte, appassionate, correnti.
MANIFESTI MIRATI
“A France’, hai commissariato Congregazioni, rimosso sacerdoti, decapitato l’Ordine di Malta e Francescani dell’Immacolata, ignorato Cardinali… ma n’do sta la tua misericordia?”. È la frase incriminata, posta sotto la foto di un Papa colto in una espressione corrucciata e poco benevolente. Un testo preciso, con riferimenti a temi che probabilmente a molti, camminando per strada, non saranno stati immediatamente famigliari. Ma di stretta attualità ecclesiale: nei giorni scorsi le cronache sono tornate sulla vicenda del commissariamento dei Frati dell’Immacolata, e proprio sabato il Vaticano ha reso pubblica la nomina del delegato del Papa incaricato di riformare l’Ordine di Malta.
MODERNE PASQUINATE
Tra i critici di Bergoglio il giudizio unanime è che si tratti di una pasquinata. Lo scrive, ad esempio, lo storico Roberto de Mattei (Fondazione Lepanto) sul Tempo, giudicando l’episodio come una “pungente protesta in romanesco”. Due giorni prima sull’agenzia Corrispondenza Romana aveva pubblicato un articolo dal titolo “Un Papa violento?” richiamando le ultime decisioni pontifice su Ordine di Malta e Francescani dell’Immacolata. La questione “pasquinata” porta al troncone di statua vicino piazza Navona, braccia e gambe mutilate, ma di ghigno parlante, dove i romani da secoli appendono critiche più o meno salaci, vergate in versi più o meno riusciti per sbeffeggiare il potere. Nella Roma papalina il potere coincideva col pontefice, e a lui si rivolgevano. Con toni che in confronto il manifesto apparso sabato scorso è redatto da un’educanda. In morte di Alessandro VI Borgia uscì un “venerò il lusso, la discordia, l’inganno, la violenza, il delitto”. Di Paolo III Farnese si disse che era: “un avvoltoio cupido e rapace”. Boccaccesca e anticipatrice del gossip contemporaneo sul malcostume sessuale nel clero, quella riservata a Paolo III “per aver amato il suo servitore e una scimmia”. Era Rinascimento. Adriano VI, che arrivava dall’Olanda e di Roma ci capiva niente, cercò di liberarsi della statua di Pasquino, ordinando di gettarla nel Tevere. Fu dissuaso dai suoi cardinali: avrebbe provocato una rivolta popolare. Così lì dove era stata messa rimase. Nel tempo le pasquinate hanno preso di mira Napoleone e Hitler, e ancora oggi qualcuno, su quel Facebook d’altri tempi, ci posta la sua indignazione.
“MINACCE DI GENTE CORROTTA”
Ma il paragone con Pasquino non regge, argomentano i commentatori più vicini a Francesco. “Sono manifesti anonimi finto-popolari e ben pagati”, scrive padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica: “Segno che il Papa sta agendo bene e sta dando molto fastidio. Quei manifesti sono minacce e intimidazioni”. Non c’è nulla di popolare, ma una regia di élite: “Dietro c’è gente corrotta e ci sono poteri forti che montano strategie per staccare il Papa dal cuore della gente. E il risultato è l’effetto l’opposto”. Per lo storico Alberto Melloni “c’è una Italia ferox, che con la denigrazione usa e alimenta faglie profonde di risentimenti e cafoneria”. Gli attacchini romani, scrive su Repubblica, “spiegano alla Chiesa che quel mondo dei blog reazionari, il ‘web katto-kattivo’, non esprime più amore alla tradizione, ma un feticismo cristiano dell’antiquato, indocile al vangelo e bisognoso di visibilità”. Un gesto che non si può minimizzare, per il vaticanista Marco Politi, che descrive le affissioni come un “attacco preciso, violento e bene pianificato”. Questo perché, scrive nel suo blog sul sito del Fatto Quotidiano, “toccano gli aspetti vitali dell’immaginario di questo pontificato”: il rapporto diretto con la massa dei fedeli – “rapporto ridicolizzato e deformato dalla foto, che sui manifesti mostra un pontefice ingrugnato” – e l’attacco “al cuore della sua buona novella, la misericordia”. Come dire: “Sei un dittatore subdolo che parli di misericordia ma perseguiti chi non è d’accordo con te”. “I manifesti abusivi non fermano le riforme”, twitta Giacomo Galeazzi, che parla di calunniatori del Papa che poi se la ridono sul web. L’opera di risanamento di Francesco allo Ior e all’Ordine di Malta, commenta in un video sul sito della Stampa, “sta suscitando reazioni in ambienti ultra tradizionalisti, gli stessi che rimproverano al Papa le azioni di riforma che sta compiendo”.
I CRITICI SI SENTONO ACCUSATI
Dal fronte dei critici al pontificato di Francesco si replica non tanto sull’affissione dei manifesti, ma per i commenti di chi utilizza l’episodio per denigrare le opposizioni. Il giornalista ticinese Giuseppe Rusconi scrive di “agitazione turiferaria per dei manifesti che richiamano – con veracità romanesca – a Papa Bergoglio alcuni fatti poco misericordiosi”. Antonio Socci ironizza via social su quello che definisce il “coro degli indignati speciali”. Argomenta Riccardo Cascioli, direttore della Nuova Bussola Quotidiana: “Se c’è qualcosa di inquietante è usare la storia dei manifesti, trasformarla in un atto di terrorismo, con tanto di ‘indagini negli ambienti conservatori’, per poter tappare la bocca a vescovi, teologi, docenti, giornalisti che osano anche solo manifestare perplessità davanti a certe affermazioni o omissioni del Papa”.
I PRECEDENTI NON MANCANO
Come ricorda John Allen, per sedici anni corrispondente da Roma e oggi al timone del portale americano Crux, l’affaire manifesti non è un inedito. Cita in particolare i volantini diffusi a Roma che accusavano di eresia Wojtyla per avere indetto la prima Giornata interreligiosa di Assisi, nel 1986; e i manifesti con “Vota Turkson” (Peter Turkson, cardinale ghanesese, votante ed eliggibile a Papa) comparsi intorno al Vaticano nel pre-conclave 2013. Questi, in verità, probabilmente più goliardici che forieri di messaggi politici. Marco Roncalli, sulla Stampa, ricorda quando, nell’agosto 1978, ambienti di destra, dopo la morte di Paolo VI, fecero affiggere un manifesto di condanna del pontificato precedente con un eloquente “Vogliamo un Papa cattolico”.
BENEDETTO XVI COME UNA DRAG QUEEN
Di ridicolizzazioni dell’immagine papale ne fu più volte oggetto Benedetto XVI. Nel 2011 una pubblicità (poi ritirata) srotolata a pochi passi da San Pietro lo ritraeva in un bacio omosessuale con un imam. Nell’autunno 2013 un gruppo di studenti della Statale di Milano stampò volantini per pubblicizzare un cineforum su omosessualità e religione con un Ratzinger (ormai Papa emerito) truccato come una drag queen. Poi si scusarono. Tutt’altro che una pasquinata il divieto imposto di fatto a Ratzinger da altri studenti, quelli della Sapienza di Roma, a intervenire all’inaugurazione dell’Anno accademico.
FRANCESCO NON SE NE CURA
Stando a quanto riporta Luigi Accattoli sul Corriere della Sera, Papa Francesco, informato dei manifesti, avrebbe reagito con “serenità e distacco”. È l’atteggiamento più credibile. Anche se molti si sono soffermati sulle parole pronunciate all’Angelus domenicale, cercando di leggervi una indiretta risposta ai manifesti, nel passaggio da lui dato sui “germi inquinanti dell’invidia e della maldicenza”. Ma Bergoglio da sempre punta il dito contro chiacchiere e mondanità che rovinano il tessuto della Chiesa. E domenica stava commentando le letture della liturgia del giorno, richiamando alcuni aspetti della testimonianza cristiana. Altri hanno interpretato un sonoro “Viva il Papa” – che si è effettivamente levato dalla piazza – come popolare gesto di solidarietà. Le intenzioni sono insindacabili, ma di “evviva” in San Pietro se ne sentono spesso. E la piazza in verità domenica non era tra le più affollate degli ultimi tempi.
CHI È CHE STAMPA?
Chi c’è dietro i manifesti anonimi e abusivi? Anche nel Rinascimento le pasquinate erano sovente preparate su commissione. Spesso per un interesse dei poteri di Curia che si affidavano a scrittori più abili nel vergare versi. Ma con lo stesso obiettivo: attaccare il pontefice regnante. E per il motteggio satirico si poteva anche finire sulla forca. È il caso di Niccolò Franco, impiccato su ponte Sant’Angelo nel 1570. Oggi indaga la Digos. E lo fa in ambienti tradizionalisti e di destra.
DUE LEADER FORTI
Al di là del risultato dell’inchiesta, interessante il giudizio del vaticanista Usa, John Allen, che avanza un paragone tra la contestazione a Bergoglio e quella a Trump: “Sono ambedue leader forti, ambedue hanno un sostegno quasi fanatico in alcuni settori dell’opinione pubblica e un’opposizione altrettanto accesa in altri. Ambedue sono polarizzanti, così che non ci sono verso di loro molte opinioni fredde: o sono amati, o sono odiati”.