“Quando la democrazia comincia a barcollare è importante difenderla ancora più saldamente” (…) “Guardiamo al mondo nel suo insieme, guardiamo all’Europa, è un tempo difficile quello che stiamo attraversando, ma è il nostro tempo” (…) “Saper distinguere i fatti dalle bugie è l’orgoglioso prerogativa di ogni cittadino”. “E’ nostro compito non negare la realtà ma impegnarsi a migliorarla. Proviamo a essere coraggiosi insieme, e se così sarà, non nutro alcun timore riguardo al futuro”. Queste le frasi più importanti del discorso di Frank-Walter Steinmeier, subito dopo la sua elezione ieri a nuovo capo di Stato della Repubblica Federale Tedesca. Un’elezione che di per sé non presentava sorprese: c’era stato l’accordo preventivo su di lui tra i partiti di coalizione, Cdu, Csu (Unione) e Spd, così come l’appoggio dei Verdi e del partito liberale Fdp. In lizza c’erano anche quattro altri quattro candidati, tra cui uno della Linke e uno del partito populista Alternative für Deutschland, senza possibilità ovviamente. E così a Steinmeier sono andati 931 voti su 1253.
Se da una parte la convergenza su di lui è stato un segnale di responsabilità istituzionale, come l’ha definita il capo dell’Fdp Christian Lindner, dall’altra è stato visto come un segno di debolezza della Kanzlerin. Steinmeier è, dopo l’uscente (battitore libero) Joachim Gauck, il secondo capo di Stato non indicato da Angela Merkel. Lei avrebbe voluto il presidente della Corte costituzionale Andreas Voßkuhle o il presidente del Bundestag Norbert Lammert. Entrambi hanno ringraziato per la fiducia, ma declinato. Ed è a quel punto, siamo a metà ottobre dell’anno scorso, che l’ex capo dei socialdemocratici Sigmar Gabriel è entrato a gamba tesa nel dibattito proponendo, anzi a ben vedere imponendo, Frank-Walter Steinmeier (l’allora ancora ministro degli Esteri).
Si dice che Merkel e i suoi non abbiano gradito l’incursione, ma con l’AfD in continua ascesa, e le prossime scadenze elettorali alle porte – a livello regionale, poi del Bundestag e di mezzo anche quelle in Francia e Olanda – è parso a tutti, anche al capo dei cristiano sociali bavaresi (Csu) Horst Seehofer, intelligente chiudere al più presto possibile la partita, dimostrando unione e senso di responsabilità, pena un elettorato ancora più in fuga verso i populisti.
Già ma che capo di Stato sarà Steinmeier, 61 anni, politico dal carattere pacato, almeno fino a poco tempo fa? La sua è una carriera politica che l’ha visto salire un gradino dopo l’altro la scala del potere. Prima a livello regionale, nella Bassa Sassonia come sottosegretario e poi come capo di gabinetto del governatore di allora, cioè Gerhard Schröder, che seguirà dopo la vittoria dei socialdemocratici alle politiche nel 1998, anche a Bonn e Berlino, diventando il capo della cancelleria federale. E’ inoltre considerato uno dei fautori dell’Agenda 2010, quella delle riforme sociali, che costarono il ruolo di cancelliere a Schröder, ma contribuirono alla ripresa del “grande malato” come veniva chiamata allora la Germania. Nel 2009 viene nominato candidato sfidante di Angela Merkel, ma con il 23 per cento dei voti porta a casa il peggior risultato nella storia dell’Spd.
Con l’avvento al potere di Angela Merkel Steinmeier rivestirà in entrambe le grandi coalizioni da lei guidate il ruolo di ministro degli Esteri. Ed è in questa funzione che inizierà a svestirsi dei panni del grigio funzionario di partito e assumere una chiara posizione politica. Per esempio non ha mai fatto mistero di essere contrario a un confronto – scontro con la Russia anche se la definizione “Russlandversteher” (una persona che cerca di capire le posizioni del Cremlino) lo fa infuriare. Nella gestione diplomatica del conflitto in Ucraina Merkel e lui sono andati di conserva, tanto che, come ricorda la Frankfurter Allgemeine, Washington decise di lasciare a loro le trattative diplomatiche al riguardo. I primi veri screzi tra i due si sono evidenziati invece verso fine anno quando Gabriel e lui provarono a perorare la causa di un allentamento delle sanzioni nei confronti della Russia. La FAZ ricorda poi una sua visita lo scorso giugno a Ekaterinburg. Li aveva tenuto un discorso sul post conflitto siriano, quando ci sarà da ricostruire il paese: “Allora Russia e Germania dovrebbero andare mano nella mano” aveva “sognato”. Fatto è che i suoi sforzi per ottenere dai russi corridoi umanitari nelle zone assediate, non hanno mai sortito alcun effetto. Infine aveva criticato la scorsa estate le manovre della Nato nell’Europa dell’Est. “Queste parate militare certo non creano più sicurezza, anzi” aveva detto.
La notizia più ferale per Steinmeier è stata però l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti. Già in agosto aveva detto che “solo l’idea mi fa tremare i polsi”. E quando poi l’inimmaginabile era diventato realtà, aveva perso qualsiasi aplomb che il suo ruolo richiederebbe, definendo Trump un “predicatore d’odio”. I giornali allora commentarono, che sarà interessante assistere al primo incontro tra Trump e il ministro degli Esteri tedesco. Ministro Steinmeier nel frattempo non lo è più. L’interesse per l’incontro tra i due capi di stato resta però immutato. Ed è difficilmente immaginabile che Steinmeier possa prendere spunto dal suo predecessore: Joachim Gauck, ex pastore dissidente nella Repubblica Democratica Tedesca, che non ha mai fatto mistero della sua avversione nei confronti di Putin, non è mai stato, durante i suoi cinque anni di mandato, a Mosca.
In conclusione, il capo di Stato tedesco riveste un ruolo di rappresentanza simile a quello italiano. Ma come si sa, i capi di stato oggi tendono a usare sempre più tutte le prerogative che il ruolo riconosce loro. E visti i tempi incerti e tendenti al burrascoso, c’è chi in Germania pensa che Steinmeier possa essere tentato, nonostante la sua nuova veste, o proprio per questa, a svolgere anche un ruolo di ministro degli Esteri, ombra.