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Thomas D. Williams, chi è e cosa pensa l’ex prete che da Roma sussurra al super trumpiano Steven Bannon

“Una voce gentile in un coro stridulo”. Così a gennaio lo ha dipinto il New York Times. Ma anche Thomas D. Williams (nella foto dal suo profilo Twitter) nella garibaldina brigata di Breitbart quando si arrabbia indossa l’elmetto. È l’uomo a Roma di Steven Bannon, che da direttore del sito più cliccato dell’alt-right americana lo scelse come suo corrispondente all’ombra di San Pietro. Era il 2014. Nel frattempo Donald Trump è diventato presidente, Bannon ne è diventato il consigliere più stretto alla Casa Bianca, e i suoi rapporti con il giornale si sono inevitabilmente diradati. Ma non cambia la linea. E anche Williams, che da certi toni radicali del giornale online per cui lavora si è spesso smarcato, a volte, si indigna.

LITIGI TRA TEOLOGI

L’ultima è di lunedì. Williams su Breitbart ha fornito una risposta più che piccata a James Martin, dell’autorevole rivista dei gesuiti America Magazine. Il padre 2.0, molto attivo sui social e nei media di ogni foggia, era stato intervistato il giorno prima dal canale televisivo Msnbc per commentare i rapporti tra Bannon e i cattolici “tradizionalisti radicali”. Gente, ha detto Martin, che si oppone alle riforme di Francesco. Il padre gesuita ha attaccato Bannon, suggerendo che il suo intento è di sfruttare la dottrina della Chiesa in chiave “razzista, misogina, omofoba e xenofoba”. Insomma, ha tratteggiato la figura di un anti-papa, che si oppone non solo a Francesco, ma anche ai predecessori, con la sua mania di insistere sul concetto di Chiesa militante: “Un punto di vista che Gesù Cristo non avrebbe condiviso”.

“CALUNNIE DA UN GESUITA”

Williams ha perso le staffe. Ha definito le parole del gesuita “insulti” e “calunnie infondate”. Ha ricordato che la stessa approvazione pontificia della Compagnia di Gesù che porta la firma di Paolo III è in calce a una bolla del 1540 dal titolo inequivocabile: Regimini militantis Ecclesiae, Al governo della Chiesa militante. Concetto da Catechismo di Pio X, per descrivere lo stato dei cristiani sulla terra in lotta contro il peccato. E ampiamente ripreso dai papi successivi. Compreso Giovanni Paolo II. Ma qui il punto non è teologico, bensì politico. L’intento del corrispondente romano di Breitbart era di smontare lo storytelling del canale Msnbc e della stampa liberal americana che nelle ultime settimane sta imbastendo una trama di presunte cospirazioni tra Bannon, il cardinale Raymond Burke e Donald Trump in persona, per sabotare il pontificato di Francesco e imporre alla Chiesa un’agenda conservatrice. Martin – che non ha mai nascosto il suo disagio verso Trump – interpreta una parte rilevante nell’opposizione cattolica contro The Donald.

DAI LEGIONARI A MEL GIBSON, SULLA VIA DI BANNON

Breitbart sforna una discreta quantità di notizie sul mondo cattolico e il Vaticano. Thomas Williams è stato assunto come corrispondente da Roma da Bannon in persona nel 2014. È un ex prete dei Legionari di Cristo. Teologo, sommelier certificato, ha lasciato il sacerdozio quando è emerso che era venuto meno al celibato ed era diventato padre di un figlio. Oggi è sposato. Williams aveva conosciuto Bannon nel 2003 tramite un amico comune che stava producendo La Passione di Cristo di Mel Gibson, con cui Williams stava lavorando come consulente teologico per il film. “Ho pensato che fosse un po’ pazzo”, ha detto Williams del primo incontro con Bannon. Poi deve avere cambiato idea. Precisa di non trovare in lui nessuno di quei toni razzisti e antisemiti che gli attribuiscono. Ne condivide invece l’analisi sulla secolarizzazione che l’attuale numero due di Trump argomentò in una videoconferenza in Vaticano. Il prodotto del distacco dalle radici giudaico-cristiane dell’Occidente, che ha creato la crisi del capitalismo e spalancato le porte all’islamismo politico. Williams da Roma ha seguito in particolare gli sbarchi di immigrati sulle coste italiane, concentrandosi sulla reazione conservatrice della gerarchia cattolica a Papa Francesco. Se Bannon è il falco, Williams è tutto sommato la colomba di Breitbart e della destra alternativa americana.

TONI GARBATI PER LA DIPLOMAZIA

L’ex prete dei Legionari martedì ha scritto una cronaca asciutta dell’intervista raccolta da Ignazio Ingrao per il Tg1 del segretario di Stato vaticano. Pietro Parolin non ha nascosto in video la preoccupazione della Santa Sede per i “crescenti populismi e nazionalismi in Europa e negli Stati Uniti di Trump”. Ha poi ricordato le parole del Papa affidate a fine gennaio ad una lunga intervista al quotidiano spagnolo El País. A Francesco era stato chiesto se fosse preoccupato per la diffusione di un populismo che capitalizza le “paure della gente”, e nella sua risposta ha detto che c’è il rischio che la storia si ripeta, ricordando lo scenario di crisi che portò al potere Hitler. Parolin ha accennato a questo passaggio. Bergoglio però di Trump nello specifico ha detto anche altro, invitando a non cedere al pregiudizio: “Vedremo che succede. Ma spaventarsi o gioire per ciò che potrebbe succedere credo che significherebbe cadere in una grande imprudenza. Nell’essere profeti o di calamità o di benessere che poi non si verificano, né l’una né l’altro. Si vedrà. Vedremo che fa e allora si valuterà”. Queste erano espressioni direttamente riferite al presidente Usa. E queste, senza polemizzare con Parolin, Williams ha ricordato nella sua column.

IN ATTESA CHE TRUMP VARCHI L’ARCO DELLE CAMPANE. MA BURKE NON È IL GRAND COMMIS

Domenica 12 febbraio, al Corriere della Sera, Williams ha svelato che Trump in maggio, in occasione della sua visita in Italia per partecipare al G7 di Taormina, vorrebbe incontrare il Papa. E sulla relazione del suo ormai ex direttore con il cardinal Burke, su cui si è tanto scritto come asse che si prepara ad assediare il Vaticano, rivela che in realtà non c’è nessuna amicizia: “Hanno stili diversi. Bannon è focoso, Burke puntiglioso”. E hanno interessi differenti: il primo si appassiona alle questioni sociali, il secondo alla dottrina, come il problema della comunione ai divorziati risposati. Commenta John Allen per l’americano Crux: non ci sono prove di rapporti curiali significativi coltivati da Bannon. E se la fantasia retroscenista si eccita, non va dimenticato che per i politici americani cercare dei collegamenti americani in Vaticano è naturale, nella speranza di stabilire relazioni con un soggetto che viene visto come importante attore globale, o per accreditarsi presso un certo elettorato. “Lo fecero, da sponde opposte, anche Bernie Sanders e John Kerry”. Al confronto Bannon è un dilettante: i due democratici riuscirono ad incontrare direttamente il Papa.

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