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Io, fautore della flat tax, dico: l’aliquota al 15% è irrealizzabile

Di Emanuele Canegrati

Armando Siri, ho letto il suo articolo di ieri sul Sole 24 Ore, di risposta alle critiche di Enrico De Mita, fratello del noto Ciriaco, e che quando studiavo economia all’università Cattolica era noto per essere il maggior contribuente dell’università, dove insegnava diritto tributario. Mi riesce difficile credere che in Italia ci sia ancora qualche studioso del diritto tributario (De Mita lo è da, penso, 60 anni) che ancora mette in discussione la progressività di un sistema fiscale flat con detrazione alla base. Però tant’è, non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.

Mi permetto di ricordarle però, dal momento che mi sono occupato anche io di flat tax dal 2010, scrivendo un libro commissionato dall’allora gruppo dei senatori del Pdl, che riprendeva l’antica proposta del prof. Martino del 1994, che l’aliquota al 15% è del tutto irrealizzabile, dato lo stato della finanza pubblica italiana. La nostra simulazione, che avveniva sotto l’ipotesi di invarianza di gettito, aveva portato ad aliquote leggermente superiori al 20%, anche nell’ipotesi (corretta) che l’introduzione della flat provochi un incremento della base imponibile e, quindi, di gettito. L’aliquota al 15% è compatibile con un livello di spesa pubblica attorno ai 500-600 miliardi di euro, più di 200 miliardi in meno di quella attuale. Per rendere la sua proposta fattibile dovrebbe quindi precisare che occorre un taglio netto di spesa di quella entità. Ma dubito che ci riuscirebbe a meno di non distruggere quel poco di welfare che in Italia rimane.

Ovviamente sono sempre disposto a ricredermi, ma da economisti lo farei solo se mi venisse dimostrata matematicamente la soluzione.



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