Skip to main content

Ecco come il Vaticano vota “no” alla legge sul fine vita

Papa Francesco e Angelo Bagnasco

La stroncatura dell’Osservatore Romano di due giorni fa non è che la punta più avanzata e autorevole della reazione cattolica al disegno di legge sul testamento biologico in discussione in Parlamento. “Una legge imprecisa e carente” è il titolo dell’articolo pubblicato con grande evidenza sul giornale della Santa Sede. Che traccia la linea per le associazioni cattoliche. Dopo le parole usate nei giorni scorsi, sull’onda dei due suicidi assistiti di pazienti italiani in Svizzera, con gli accenti su “silenzio” e doveroso “rispetto”, il Vaticano avverte del pericolo che, se approvata, la legge sul testamento biologico potrebbe essere usata come un grimaldello per aprire le porte all’eutanasia.

“TESTO SCARNO CHE PORTA ALL’EUTANASIA”

Non prevede appello il giudizio del medico palliativista Ferdinando Cancelli dalle colonne dell’Osservatore che definisce il ddl (qui) un “testo scarno, in alcuni passaggi quasi affrettato e immaturo”. Sancendo che il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare o rinunciare al trattamento sanitario, “sottolinea la volontà dei legislatori di garantire e forse anche di promuovere le decisioni astensioniste e di rinuncia, anche se da queste discendesse un abbreviamento della vita”. Quindi l’affondo: “Il fatto che il testo non preveda in nessuna sua parte l’esplicita esclusione di pratiche come l’eutanasia e il suicidio assistito rafforza il timore di derive in questo senso”.

“LEGGE COERCITIVA”

Cancelli ripercorre i pochi (sono sei) articoli del ddl a cominciare dal titolo: “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”. Cioè, sulle cosiddette Dat. Dove la scelta della parola “disposizione” piuttosto che “dichiarazioni” è già un punto interrogativo: “Le prime sono vincolanti per il medico, le seconde no”. Si fa così fuori l’obiezione di coscienza e il rapporto paziente-medico.“È difficile pensare che si possa imporre per legge a tutti i medici di eseguire tout court una disposizione del paziente”, osserva. Non si tratta di “disattendere a cuor leggero le volontà espresse dal paziente”, “ma piuttosto la possibilità di astenersi da gesti o manovre che possono andare contro la propria coscienza”. Non prevedere questo rispetto rischia di produrre “una legge coercitiva”.

DOMANDE SENZA RISPOSTA

“Sono molte le domande senza risposta, succede se importantissimi argomenti vengono affrontati da chi conosce poco la pratica quotidiana della medicina al letto dei pazienti”, la dura analisi di Cancelli. Che, a fronte del ddl Lenzi, prende più sul serio la legge francese Claeys-Leonetti o il Mental Capacity Act inglese. In riferimento alla prima, la definisce un testo maturo ed equilibrato. Pur riconoscendo che potrebbe essere migliorabile in alcuni punti. Nella prima versione del 2005 si leggeva che il medico di fronte a una persona in grado di esprimere i propri desideri che volesse “rifiutare o interrompere ogni trattamento” mettendo la sua vita in pericolo “deve fare di tutto per convincerla ad accettare le cure indispensabili”. “Dietro quel fare di tutto – riflette – non si nascondeva, come alcuni temevano, la voglia di accanirsi a tutti i costi, ma solo quella ‘tutela della vita’ che per essere reale deve basarsi su norme precise”. La legge è stata modificata nel 2016. Anche poco prima della nuova versione il giornale del Papa sembrava “approvarla”. Scriveva ai tempi lo stesso Cancelli: “Siamo ben lontani da un’ottica eutanasica e le polemiche che si sono levate in questi giorni paiono perciò decisamente controproducenti e spesso superficiali”. Il riferimento, niente affatto velato, era ad un articolo uscito pochi giorni prima su Avvenire dal titolo “Parigi approva l’eutanasia alla francese”.

CASCIOLI: NESSUN COMPROMESSO

Riccardo Cascioli, direttore de La nuova bussola quotidiana, invita i cattolici a riflettere sulle insidie del compromesso, ricordando anche quanto avvenuto recentemente. Si è ceduto alla mediazione sulle unioni civili, e dopo solo pochi mesi dall’approvazione della Legge Cirinnà, a suon di sentenze, si assiste “ad una totale equiparazione tra unioni civili e matrimonio”. Oltre allo sdoganamento di fatto di utero in affitto e adozione per le coppie gay. “La morale è semplice – analizza – sui principi non negoziabili non si può accettare alcun compromesso politico. Eppure la Cei e i parlamentari cattolici non vogliono capirlo e sul fine vita stanno ripetendo lo stesso errore”.

MA I VESCOVI NON TACCIONO

La Cei però silente non è. Da tempo la sua agenzia Sir pubblica interventi critici sul ddl Lenzi. Altri numerosi spunti su Avvenire. E intervengono i vescovi. Il presidente della Conferenza episcopale ha espresso preoccupazione “per le proposte legislative che rendono la vita un bene ultimamente affidato alla completa autodeterminazione dell’individuo, sbilanciando il patto di fiducia tra il paziente e il medico”. Il cardinale Angelo Bagnasco ha quindi stigmatizzato che “sostegni vitali come idratazione e nutrizione assistite” siano “equiparate a terapie, che possono essere sempre interrotte”. Quello che prevede la legge Lenzi. Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita, fissa intanto dei paletti: “Il disegno di legge sul testamento biologico non c’entra nulla né con l’eutanasia né con il suicidio assistito”. E auspica “l’accordo più ampio possibile in Parlamento”. A Famiglia Cristiana chiarisce che “va rispettata la volontà del malato sull’accesso o meno alle terapie”, e mentre “si deve contrastare ogni forma di accanimento terapeutico, va dato largo spazio alle cure palliative per non far soffrire il paziente”. Di cure palliative aveva parlato il vescovo di Carpi, Francesco Cavina: sono cure che riportano “al centro l’uomo e il suo bisogno di essere amorevolmente accompagnato nella fatica del cammino della vita”. Senza cedere a scorciatoie: “È una falsa compassione quella che priva della volontà di affrontare la sofferenza e di accompagnare chi soffre e porta alla cancellazione della vita per annientare il dolore”. Rifiuta l’equiparazione tra testamento biologico e suicidio assistito il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia. Che ricorda però anche l’esempio del cardinale Silvano Piovanelli “che non ha voluto cure palliative perché desiderava morire offrendo tutta la sua sofferenza”. “Ma è umano ed è lecito decidere di alleviare il dolore – precisa – Dobbiamo riaffermare dei principi chiari e allo stesso tempo cercare di dialogare con la cultura di oggi”.

MOVIMENTO PER LA VITA

Sul fronte associazionismo, dal Movimento per la vita arriva un forte no “sia all’ostinazione terapeutica che all’abbandono terapeutico”. Osserva il presidente del Movimento, Gian Luigi Gigli: “In assenza di una condizione terminale, la sospensione dei sostegni vitali in persone in condizioni di stabile disabilità al fine di accelerarne la morte si configurerebbe come una scelta suicidaria da parte dell’interessato o come una decisione di tipo eutanasico presa da chi legalmente lo rappresenta”. Insomma: il dll così com’è è inaccettabile.

PAPA GIOVANNI: PERICOLO DI UNA DERIVA TOTALITARIA

Preoccupazioni fortissime nella Comunità Papa Giovanni XXIII. Il presidente Giovanni Paolo Ramonda evidenzia che la legge, “aprirebbe ad una forma di eutanasia omissiva”. Il timore è “per la sorte di tante persone, tra cui numerosi bambini, con disabilità gravissima accolte nelle nostre case famiglia. Si tratta di persone che non possono esprimere in autonomia la loro volontà a causa del loro handicap. Con la legge, il rappresentante legale del minore o della persona incapace potrebbe interrompere qualsiasi tipo di cura, anche l’idratazione e l’alimentazione”. Scenari da “deriva totalitaria”. Quando invece “la sofferenza non è data dall’handicap o dalla malattia ma dalla solitudine che si crea a causa di queste condizioni”. Quando, cioè, come dice il Papa, trionfa la “cultura dello scarto”, che respinge i più deboli ai margini, e il malato si sente spazzatura e peso.

PRO VITA IN PIAZZA

Intanto Provita Onlus ha manifestato in piazza contro le Dat, con al fianco persone risvegliate dal coma. “Nessuno sa in anticipo come reagirebbe di fronte ad una grave malattia”, scrivono gli attivisti, denunciando l’inattualità della scelta, magari firmata anni prima dell’evento: “Moltissime persone cambiano completamente prospettiva quando arriva una grave disabilità, o persino un coma o uno stato vegetativo”. L’associazione ha promosso una petizione contro le Dat che ha raccolto quasi 70 mila adesioni in un mese, e inviato una lettera ai parlamentari.

SCIENZA E VITA: TROPPE AMBIGUITÀ

No all’accanimento terapeutico, ma attenzione alle ambiguità: “Questa legge è frutto della cultura della morte e dello scarto”. Dice Maurizo Calipari, portavoce di Scienza e Vita: “Non alimentare o non idratare il paziente equivale portarlo alla morte. Se la sospensione di alimentazione e idratazione viene fatta con l’ intento specifico di anticipare la morte, certamente siamo nel campo di una eutanasia omissiva”.



×

Iscriviti alla newsletter