La Commissione Europea ha condotto una ricerca sulle sfide, sugli sviluppi e sulle opportunità con cui devono attualmente confrontarsi i professionisti dei servizi sociali in Europa.
Si è avvalsa di un questionario somministrato ai propri membri, di una revisione delle politiche e della letteratura disponibili e di un seminario valutativo dei risultati. I risultati di tale ricerca sono pubblicati nel nuovo rapporto “Investire nei professionisti del sociale” sul sito dell’ Unione Europea. Il rapporto fornisce una panoramica delle qualifiche e dei contesti normativi per le professioni nei settori dell’assistenza e dei servizi sociali in Austria, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito.
Negli ultimi anni, i percorsi formativi nei servizi sociali sono stati interessati da trasformazioni significative in molti paesi europei, non da ultimo l’adeguamento dei titoli di studio universitari e dei requisiti, che hanno avviato l’armonizzazione in larga misura dell’istruzione in ambito sociale.
Tuttavia, le professioni nell’assistenza sociale differiscono molto tra i diversi Stati e spesso anche all’interno degli stessi. Molte professioni non sono regolamentate e mancano di una qualifica formale, di conseguenza la professionalizzazione della forza lavoro nell’assistenza sociale è fondamentale per rendere più attraente questa scelta di carriera. I servizi sociali di quasi tutti i paesi europei hanno difficoltà a coprire i posti vacanti e a ridurre il tasso di turnover del personale disponibile.
Il questionario ha illustrato come le scarse opportunità di avanzamento di carriera, il livello retributivo, l’invecchiamento della forza lavoro e la mancanza di lavoratori di sesso maschile nel settore siano le maggiori sfide, in fase di selezione e di ritenzione. Il rapporto ha evidenziato come le innovazioni tecnologiche, il dare più controllo sul loro lavoro agli stessi professionisti, e il contenimento della mole del lavoro entro livelli sostenibili possano contribuire strategie di ritenzione di successo. Come illustrato dal rapporto , il riconoscimento delle qualifiche estere in alcune professioni dell’assistenza e dei servizi sociali si conferma complesso, dal momento che, a differenza delle professioni sanitarie, né le professioni dei servizi sociali né quelle dell’assistenza sociale sono regolate a livello europeo.
Il ruolo dei lavoratori migranti del settore, che spesso operano in condizioni più disagiate e per un salario inferiore rispetto ai loro colleghi autoctoni, è anch’esso complicato. Da un lato, essi contribuiscono a ricoprire i posti vacanti e hanno l’opportunità di trovare lavoro e migliori condizioni di vita rispetto alle possibilità nei rispettivi paesi d’origine. Dall’altro però, i lavoratori migranti sono più vulnerabili allo sfruttamento e all’isolamento, quindi è fondamentale far valere i loro diritti.
In questi tempi difficili, la pianificazione sistematica della forza lavoro è essenziale per far fronte alla riduzione dei finanziamenti, al numero elevato di posti vacanti e alle nuove esigenze degli utenti. La Commissione promuove il coinvolgimento del personale nei processi di pianificazione e di gestione dei servizi locali. Inoltre, il coordinamento tra formazione, attivazione ed erogazione dei servizi è sempre più importante e il rapporto fornisce esempi da vari paesi europei in cui tale coordinamento è stato promosso con successo.
Il rapporto mostra altresì come sia possibile rendere più trasparenti i sistemi di gestione dei rischi e come essi possano promuovere l’apprendimento dai successi e dagli errori, così come migliorare la qualità dell’assistenza. Raccomandazioni fondamentali per i responsabili delle politiche, i ricercatori, i dirigenti e gli operatori. Il rapporto presenta una serie di raccomandazioni importanti, tra cui le seguenti, rivolte a:
– I responsabili delle politiche:
Attuare il riconoscimento reciproco delle qualifiche in ambito sociale a livello dell’UE, per consentire ai lavoratori dei servizi di svolgere la propria professione in altri Stati membri.
– I dirigenti e gli operatori:
Riconoscere e comunicare in modo chiaro come eventuali cambiamenti nelle prassi lavorative di un’organizzazione possano incidere sul ruolo dei professionisti e quali potrebbero essere i benefici per gli utenti dei servizi.
– Gli accademici e i ricercatori:
Coinvolgere in modo sistematico gli utenti dei servizi nella strutturazione dei titoli di studio e nei processi educativi del settore dell’assistenza sociale.