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Come Vaticano e vescovi vedono le azioni di Trump e Assad in Siria

PAPA FRANCESCO JORGE MARIO BERGOGLIO

I Tomahawk lanciati dagli Usa sulla Siria sono 59, nuovi gradi di separazione tra il Vaticano e la Casa Bianca. Fino ad oggi a dividere Donald Trump e Papa Francesco erano stati i temi legati all’immigrazione e ai cambiamenti climatici. Sulla Siria si poteva ipotizzare un terreno di incontro, nella convinzione che al momento non è opportuno un rovesciamento del regime di Bashar al Assad, e nella protezione dei profughi e dei cristiani perseguitati. Il lancio dei missili allarga ulteriormente le differenze tra Roma e Washington.

LA REAZIONE DEI VESCOVI AMERICANI

Dialogo e riconciliazione sono le vie per la pace indicate dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Le richiamano il suo presidente, il cardinale Daniel DiNardo, e il vescovo Oscar Cantù. I vescovi avevano condannato l’attacco chimico del 4 aprile come qualcosa che “scuote l’anima”. Oggi ricordano che se quelle sono armi “vietate a livello internazionale” e il loro uso è “moralmente deplorevole”, allo stesso tempo è la soluzione politica la chiave per porre fine alla carneficina: “Chiediamo agli Stati Uniti di lavorare con altri governi per ottenere il cessate il fuoco, avviare negoziati seri, fornire assistenza umanitaria imparziale, e incoraggiare gli sforzi per costruire una società inclusiva in Siria che protegga i diritti di tutti i cittadini, compresi i cristiani e le altre minoranze”. Dove l’accento sulla necessità di “imparzialità” degli aiuti sembra denotare il rifiuto a sposare una narrazione a scapito di un’altra sulle dinamiche e le responsabilità del conflitto e del raid chimico a Idlib.

COSA SCRIVE L’OSSERVATORE ROMANO

Non va allo scontro diretto con Trump L’Osservatore Romano in edicola. Il quotidiano del Papa dà notizia del lancio dei missili contro la base militare di Assad in modo asciutto. Riporta la versione del Pentagono, secondo cui da quella base erano partiti gli aerei con le armi chimiche che hanno ucciso più di ottanta civili a Khan Sheikhun. Ma dà conto anche della versione molto diversa del Cremlino, secondo cui gli aerei di Assad stavano colpendo una base dell’Isis. Quindi le bombe avrebbero distrutto un deposito nel quale si trovavano armi chimiche. Di qui, la nube tossica che ha ucciso decine di civili.

LA DURA CONDANNA DEI VESCOVI SIRIANI

Decisamente senza sfumature la condanna dell’attacco statunitense da parte dell’episcopato siriano. Il patriarca siro-cattolico Ignace Joseph Younan lo ha definito un’aggressione: “È una vergogna che l’amministrazione degli Stati Uniti non abbia aspettato le conclusioni di un’indagine delle Nazioni Unite su quanto accaduto a Khan Shaykun”. Al Catholic News Service, il patriarca – che è stato anche vescovo negli Usa per quattordici anni – ha aggiunto: “L’esercito siriano stava lottando con successo per porre fine al conflitto. Non aveva bisogno di interventi militari che potevano essere condannati dalle agenzie internazionali, come l’utilizzo di armi chimiche”. E ha previsto che i cristiani ne subiranno le conseguenze, con nuove persecuzioni. Di “sbaglio strategico” parla, all’agenzia della Cei Sir, Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo. “Perché agire così velocemente? Senza consultare nessuno? Forse Trump non voleva che la Russia ponesse un veto alla sua azione? Così facendo ha aggiunto morti ad altri morti. Se prima era buio, ora il futuro è ancora peggio”. Dello stesso avviso monsignor Georges Abou Khazen, vicario latino di Aleppo, per il quale “la decisione di Trump apre scenari inquietanti”. “Vedo che adesso anche Erdogan esulta – dichiara all’agenzia Fides –. Tutto si decide in base agli impulsi veicolati attraverso i media internazionali. Il Papa e la Santa Sede non vengono ascoltati”. Intervistato da Vatican Insider, Khazen è ancora più diretto: “Il presunto attacco chimico è una scusa, come tante che abbiamo già sentito in passato in Libia, in Iraq… Gli Stati Uniti stanno occupando insieme all’Isis tutti i giacimenti di petrolio e di gas in Siria. Da notare che pochissimi minuti dopo l’attacco americano è incominciato l’attacco dei jihadisti dello Stato Islamico e di al Nusra”.

INQUIETANTI PRECEDENTI

Il vescovo Antoine Audo, alla guida della diocesi caldea di Aleppo e responsabile di Caritas Siria, poche ore dopo l’attacco chimico nella provincia di Idlib, in una conversazione con Fides, ammetteva “che gli scenari del conflitto siriano appaiono spesso enigmatici e manipolati da contrapposte propagande”. Ma anche di non potere immaginare che il governo di Assad possa essere tanto “sprovveduto e ignorante da commettere ‘errori’ così madornali”. Ricordava come “già in altri passaggi delicati della guerra episodi di uso delle armi chimiche hanno avuto un impatto destabilizzante sull’intero quadro”. Riferimento all’agosto 2013 e all’attacco chimico nei sobborghi di Damasco in mano alle forze anti-governative. Anche allora governo e milizie anti-Assad continuarono a incolparsi a vicenda. Come ricorda l’agenzia stampa del Pontificio istituto missioni estere: “L’attacco avvenne dopo che l’allora presidente Usa Barack Obama, circa un anno prima, aveva indicato proprio l’utilizzo di armi chimiche come linea rossa per un possibile intervento armato contro la Siria”. Audo non ha mancato di notare il repentino cambio di opinione di Trump, che pochi giorni fa aveva detto che Assad fa parte della soluzione del problema siriano, poi il contrario. “Ci sono interessi delle forze regionali implicate nella guerra – riflette il prelato –Conviene sempre tener conto di questo, soprattutto quando certe cose si ripetono con dinamiche molto simili, e innescano le stesse reazioni e gli stessi effetti già sperimentati”.

FRANCESCO E DAMASCO

Fin dall’inizio del suo pontificato, il Papa è stato fortemente contrario a un’azione militare straniera in Siria. Nel settembre 2013, alla vigilia di quello che avrebbe potuto essere un intervento guidato dagli Usa, indisse una giornata di digiuno e preghiera per la pace nel Paese. “Alla violenza non si risponde con la violenza, alla morte non si risponde con il linguaggio della morte”, avvertiva dal sagrato di San Pietro. Nell’ultimo concistoro, a novembre, Francesco ha creato cardinale l’arcivescovo Mario Zenari, nunzio in Siria dal 2008. Lasciandolo a Damasco. Una scelta piuttosto inedita quella di un nunzio apostolico e insieme cardinale. Un po’ perché – scriveva Andrea Tornielli de La Stampa – la situazione nel Paese è così drammatica che sarebbe difficile rimpiazzarlo con un altro prelato, il quale “dovrebbe presentare le proprie credenziali diplomatiche ad Assad inimicandosi così tutti gli oppositori del presidente siriano”. Certamente una scelta che segnala l’impegno del nunzio a condividere le sorti della popolazione martoriata. In dicembre Zenari ha consegnato una lettera di Francesco al presidente Assad, con un appello a porre fine alle violenze, proteggere i civili e rispettare il diritto, condannando ogni forma di estremismo e terrorismo, “da qualsiasi parte possa venire”.

PAPA “INORRIDITO” MA NON DIRETTAMENTE CONTRO ASSAD

All’udienza generale, mercoledì, Bergoglio si è detto “inorridito” per “l’inaccettabile strage” di Idlib. Ma è stato molto attento ad evitare il minimo riferimento a una parola che potesse essere letta come critica diretta di Assad. Lo stesso giorno, l’arcivescovo Paul Gallagher, capo della diplomazia vaticana, ha partecipato al vertice Ue a Bruxelles sulla Siria. L’attacco chimico era già noto. Ma nelle sue dichiarazioni successive al meeting non ne ha fatto cenno diretto (qui e qui). Scrive il vaticanista John Allen: “Certo il Vaticano non sta schierando la Guardia Svizzera per assistere Assad. Tuttavia, la posizione diplomatica della Santa Sede, sotto Francesco come era sotto Benedetto, è quello di coinvolgere Assad, in parte sulla base di un calcolo che, se cade, chiunque gli succeda potrebbe essere peggiore”. Già nel 2015 il vescovo melchita Jean-Clement Jeanbart di Aleppo, in una intervista a Crux aveva sottolineato che tra “Isis e Assad è preferibile Assad”. “Non è un angelo”, aggiungeva. Ma rimane preferibile a una teocrazia islamica. La sua posizione è quella di maggioranza tra i cattolici siriani dei diversi riti presenti nel Paese. È la posizione che ispira la diplomazia vaticana. Che ora ha un nuovo motivo di divisione con l’amministrazione Trump. Il presidente Usa ha più volte detto di volersi impegnare per la difesa dei cristiani perseguitati. “Tuttavia – annota il giornalista Allen – sembrerebbe proprio che Francesco e Trump abbiano un concetto differente su come proteggere i cristiani in Medio Oriente. A cominciare dal fatto che sarebbe importate ascoltarli prima di giungere a conclusioni”. Cosa che Oltretevere fanno, a Washington decisamente meno.


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