Sono andata in piazza stamane, come tutti i 25 aprile da mezzo secolo e oltre, e parlava con toni concitati la presidente della Camera Boldrini. Non una parola sul ruolo delle donne in questo giorno storico, ma solo tanta politica di partito.
Il mio 25 aprile è sempre stato un avvenimento prezioso in Piazza Maggiore a Bologna. Ho cominciato ad andarci con mio nonno e mia nonna e mi raccontavano che la giornata era per sottolineare l’importanza delle donne, un contributo che ha avuto un peso sia numerico sia in relazione alle responsabilità affidate loro durante la guerra che ha massacrato il nostro Paese. Anche allora si ricordavano solo alcune figure femminili, soprattutto quelle cadute, ma ignoravano volutamente le tante e tante che sono state protagoniste della Resistenza e che vi hanno partecipato attivamente e in vario modo. I nonni mi raccontavano delle staffette, delle donne operaie, delle madri di famiglia e del male furioso che avevano subìto, una parte della memoria di una delle pagine più buie e brutali della Seconda guerra mondiale descrivendo l’orrore degli stupri di guerra da parte delle truppe coloniali francesi a seguito della “battaglia di Cassino” e lo smantellamento della linea Gustav. Una trappola costante perpetrata da eserciti che si fronteggiavano e dove la popolazione civile si trovò destinata a vivere mesi di violenze e di terrore, gli stupri di massa e brutali violenze compiute dalle truppe coloniali ausiliarie francesi e da altri “alleati”.
Questa barbarie iniziò in Sicilia, dove sbarcarono i primi contingenti dei Goumier, e continuò fino in Toscana dove vennero fermate a seguito delle proteste anche del papa e del governo Badoglio. Solo negli anni Cinquanta, si denunciò in Parlamento che le violenze sessuali da parte delle truppe coloniali consumate perlopiù sulle donne, sui bambini di ambo i sessi e gli uomini sollevarono un muro di omertà di vergogna, silenzio, sofferenza fisica – talvolta anche mentale – senso di colpa ed emarginazione che hanno accompagnato, il più delle volte, la vita di coloro che subirono queste atroci violenze. La memoria pubblica ha assecondato i sentieri dell’oblio, e nel dopoguerra si cercava di non parlare di questo orrore, ma i miei nonni mi raccontarono la verità. Questa pagina di storia non la possiamo dimenticare e chi rappresenta le istituzioni deve impegnarsi a non cancellare insieme alle associazioni femminili e all’intera società una diversa sensibilità verso la violenza maschile contro le donne, i minori e gli stupri di guerra e anche quelli che ci raccontano i giornali quotidianamente.
La memoria storica deve servire a rivendicare il diritto a non dimenticare gli orrori del passato, per costruire una società diversa fondata sull’ascolto, sul ripudio della guerra e di ogni forma di prevaricazione, discriminazione e violenza. Lo stupro e non solo ha una sua continuità, seppure in forme diverse, nella storia, e ancora ai nostri giorni costituisce un’arma, una strategia di guerra a volte camuffata tesa a distruggere il nemico che a volte è la persona con cui vivi. La trasmissione della nostra storia, e dei suoi valori, è il fondamento della nostra democrazia. E se la memoria collettiva è precaria, quella delle donne è costantemente sotto la minaccia di una erosione che sembra difficilmente contrastabile Dalla partecipazione alla Resistenza è nato il diritto del voto alle donne, la Liberazione è stata la lotta per la conquista della democrazia in Italia e, per le donne, il primo passo verso la conquista di diritti fondamentali loro negati e non ancora ottenuti fino in fondo. Quello delle donne è un cammino sempre in essere, è un traguardo mai raggiunto pienamente o definitivamente.
Stiamo attraversando un periodo molto, molto brutto e spesso ho l’impressione di vivere tensioni e premesse analoghe a quelle di quando ero bambina, e il pericolo dello scoppio di un’altra guerra lo sento molto forte. Le donne oggi possono ancora essere e rappresentare una nuova stagione/Resistenza che richiede per prima cosa di ricostruire un progetto di società, poi di spiegare ai giovani e alle giovani che bisogna associarsi perché si possono fare cose buone solo se si è uniti mentre invece prevale l’individualismo, e contemporaneamente ricostituire i valori della giustizia e della libertà.
Mi auguravo che le donne sarebbero state una risorsa, ma vedo donne di potere in cui non mi riconosco. Sono e rimango convinta, che bisogna avere costanza, battersi perché le donne abbiano ruoli paritari in ogni luogo in cui si decide. Dunque 25 aprile è tutti i giorni!