In sintesi, i punti principali del programma economico di Macron – prossimo presidente della Repubblica in Francia – sono:
1. Rispettare da subito l’obiettivo di riportare il rapporto deficit/PIL al 3%, in coerenza con la presidenza Hollande. Il conseguimento dell’obiettivo è agevolato da una crescita del PIL prevista attorno all’1,4% annuo a inizio mandato, e che poi, malgrado la restrizione fiscale, accelera all’1,7%;
2. Taglio delle tasse a imprese e famiglie, riduzione del cuneo fiscale, piano d’investimenti da 50 miliardi, transizione ecologica;
3. A copertura delle misure espansive e della riduzione del disavanzo, taglio della spesa pubblica di 60 miliardi in cinque anni;
4. Introduzione di ulteriore flessibilità nel mercato del lavoro (portando avanti l’impianto della sua loi travail, varata sotto la presidenza Hollande), incentivi all’auto-imprenditorialità e alla formazione professionale;
5. Aumento delle spese per la difesa e la sicurezza, ma proseguendo la politica di accoglienza agli immigrati;
6. Rafforzamento della Unione Europea, ridando nuovo impulso al processo di unificazione;
7. In politica estera, le sue posizioni sono allineate a quelle tedesche nei riguardi di Russia, Stati Uniti e Brexit.
Che impatto potrebbero avere, se implementate in toto, le sue proposte sui conti pubblici e sull’economia? Innanzitutto, propone di rilanciare gli investimenti pubblici con un piano da 50 mld in cinque anni, di cui ben 30 impiegati per la transizione ecologica e la formazione della forza lavoro. I restanti 20 mld dovrebbero essere convogliati in progetti per l’agricoltura (5mld), la sanità (5mld), la modernizzazione della pubblica amministrazione (5 mld) e della rete dei trasporti (5 mld). L’impulso maggiore sul PIL dovrebbe vedersi nel 2020-21.
Inoltre, viene proposto un piano di riduzione della spesa netta di quasi 60 mld rispetto al tendenziale da qui al 2022. I tagli saranno concentrati in tre aree:
– Spesa sociale: dimezzare il tasso di crescita della spesa sanitaria al 2,3% annuo rispetto al 4,6% attuale. Questo dovrebbe permettere di risparmiare 3 mld all’anno fino al 2022. A questi, si calcola che si dovrebbero aggiungere altri 10 miliardi di risparmi sull’assurance chomage in virtù del calo della disoccupazione al 7%5 indotto dalle misure pro-crescita. Abolizione della RSI6 ma nessun intervento sulle pensioni: in totale 25 mld;
– Regioni e dipartimenti: un patto con le collettività locali per un taglio dei costi di 2 miliardi annui, da ottenere in larga parte tramite riduzione del personale (70 mila posti in 5 anni): 10 miliardi totali nel quinquennio;
– Governo nazionale: l’ulteriore digitalizzazione dei ministeri e degli enti pubblici dovrebbe apportare fondi, si stima (qui, in modo abbastanza vago), tra i 5 e i 10 miliardi, a cui si aggiungono 1,5 miliardi annui grazie alla riduzione di staff di 50 mila dipendenti pubblici in 5 anni. Ulteriori 11 miliardi di tagli saranno suddivisi tra i budget dei ministeri nel quinquennio: in totale altri 25 miliardi.
Questo piano dovrebbe ridurre il peso dello Stato nell’economia francese al 52% (ora è circa al 55% del PIL), sicuramente più in linea con la media europea (48,5%), ma Macron non propone un cambio di modello economico. Dei 55-60 miliardi di tagli, circa 36 saranno indirizzati alla riduzione del deficit strutturale allo 0,5% del PIL potenziale entro il 2022.
Dal lato delle entrate fiscali, il principale aumento colpirà i carburanti, con le accise sul diesel che si andranno ad allineare a quelle sulla benzina e nuove tasse sulle emissioni di diossido di carbonio (taxe carbone) per totali 12,5 miliardi. Di contro, i tagli delle tasse proposti ammonteranno a 32 miliardi lordi e si concentreranno principalmente:
– sulle aziende, con un calo dell’aliquota al 25% dal 33,3% (10-11 miliardi, di fatto rendendo permanenti gli effetti della CICE), riduzione dell’aliquota della tassa sui dividendi al 3% (2-3 miliardi) e incentivi all’auto-imprenditorialità (1 miliardo): in totale 15 miliardi;
– sulle famiglie: esonero per l’80% dei contribuenti della tassa sulle proprietà immobiliari (10 miliardi). Inoltre, modificando il regime dei quozienti familiari, si consentirà alle coppie di compilare le dichiarazioni dei redditi separatamente, agevolando in questo modo il coniuge con il reddito inferiore (per 1,5 miliardi). Infine, si propone la detassazione degli straordinari (3 miliardi), l’alleggerimento del cuneo fiscale e dei contributi per l’assurance maladie a carico dei lavoratori. In tutto, 15 miliardi.
Complessivamente, l’impatto netto sarà una riduzione delle tasse di circa 20 miliardi in cinque anni, con un calo della pressione fiscale (assai modesto), dal 44,5% al 43,6%.
In conclusione, i 60 miliardi di tagli alla spesa serviranno a compensare i 20 miliardi di riduzione dei prelevamenti obbligatori, liberandone 40 per la riduzione del deficit, pari a poco meno di due punti di PIL. Ceteris paribus, il deficit nominale, quindi, dovrebbe passare dal 3% stimato per il 2017 all’1% nel 2022. L’impatto netto, stando al manifesto di Macron, dovrebbe quindi ridurre il deficit strutturale da -1,9% a -0,5% entro il 2022, pari a un aggiustamento strutturale dell’1,4%. Le attuali stime del FMI, che si basano sulle proiezioni dell’attuale presidenza (fino al 2021), incorporano una correzione dello 0,8% a -1,1%, cioè sei decimi in meno del piano Macron: in un orizzonte di cinque anni, fino al 2021, la differenza è solo di circa un decimo all’anno. Il grosso della correzione viene comunque lasciato all’ultimo anno di mandato.
I 20 miliardi di taglio delle tasse potrebbero contribuire per circa uno 0,2% annuo di crescita del PIL in cinque anni. Ciononostante, le stime di crescita proposte nel suo programma sembrano ottimistiche, in particolare per il 2022 (+1,7%), vista la riduzione consistente del deficit in programma (ben sette decimi da -1,2% a -0,5%,), a cui si aggiungerebbe il contraccolpo alla crescita che verrebbe dal calo del piano investimenti di 10 miliardi (dai 15 del 2021 a 5). Inoltre, bisogna ricordare che il 2021-2022 potrebbe essere per lui un anno elettorale per la ricerca del secondo mandato, con le ovvie ricadute sul completamento del programma.
Pertanto, se trascuriamo la correzione proposta per il 2022, l’impatto netto delle politiche di Macron sui conti pubblici sarà positivo ma modesto. Inoltre, occorre tenere conto che la revisione della spesa sanitaria secondo l’impianto Ondam probabilmente sarà inferiore a quanto promesso, essendo un obiettivo mancato anno dopo anno dal 1997 da tutti i governi, così come il ridimensionamento dei costi delle strutture centrali è stato indicato vagamente come una forchetta tra i 5 e i 10 miliardi. Il ruolo che lo Stato gioca tradizionalmente nell’economia
francese ci aspettiamo che rimarrà quindi preponderante anche una volta implementate in toto le sue misure. Infine, il calo della disoccupazione potrebbe essere anche qui inferiore alle stime, visto che è stato estrapolato da previsioni di crescita che sono ad oggi ottimiste rispetto al consenso.