Evviva Macron, evviva la Francia, evviva l’Europa. Il tripudio che s’ode anche in Italia per la vittoria di Emmanuel Macron al ballottaggio delle presidenziali francesi merita qualche chiosa.
Certo, l’elezione di Macron è una buonissima notizia per l’Europa ed è una buona notizia per Trump (mentre non troppo buona è per qualche super trumpiano della stessa Casa Bianca e dintorni). Ma è una buonissima notizia pure per l’Italia viste le questioni aperte (dalla finanza pubblica all’immigrazione, dai sostegni statali alle banche all’allentamento monetario della Bce in via di esaurimento) fra Roma, Bruxelles e Francoforte?
Se si entra nell’officina sempre aperta del chiacchiericcio partitico-mediatico (con il profluvio di dichiarazioni utili a nulla), pare che quasi tutti (tranne Matteo Salvini) siano macroniani della prima ora. E che l’elezione di Macron sia una manna per l’Italia. Giusto. Ma davvero si pensa che Macron possa fare asse con l’Italia per riformare (e come?) politiche e istituzioni europee? O negozierà solo e soltanto quello che gli conviene di più come ha sempre fatto la Francia in sintonia con la Germania?
D’altronde, come di recente ha scritto Guido Salerno Aletta su Formiche.net, Hollande ha fallito proprio perché non ha realizzato quello che aveva detto per rendere meno austera Bruxelles. E come ammonisce oggi lo storico Giulio Sapelli in una conversazione con il nostro giornale, la Francia ora con Macron farà solo concorrenza all’Italia in Africa e in Europa. L’alleanza sarà rinnovata con la Germania: non a caso a brevissimo Macron andrà da Angela Merkel. Il motore franco-tedesco torna a rombare. Anche se le prime scintille non mancano: con Macron che spinge per gli Eurobond e la Germania che, come di consueto, nicchia.
La indubbia solidità della Francia con Macron presidente fa rimarcare ancor più lo stato confuso e debole della politica italiana. Nulla di nuovo, in verità. Come segnala quotidianamente il notista politico Francesco Damato su Formiche.net dal 5 dicembre scorso, ossia dalla scoppola referendaria subita da Matteo Renzi, in Italia siamo in campagna elettorale perenne senza aver indetto le elezioni anticipate. Beninteso, i tempi e le scadenze governative e parlamentari non favoriscono troppo il voto anticipato (qui un approfondimento di Stefano Vespa sul tema).
Ma davvero l’Italia può reggere senza contraccolpi sui mercati finanziari con i perenni spifferi renziani alla “stai sereno” per Paolo Gentiloni? Davvero ci sono le condizioni per fare una manovra economica che sia da un lato coraggiosa, dall’altro innovativa e poi anche rassicurante per l’Europa? E davvero con una Merkel sempre in palla in Germania e con un Macron galoppante e fiero in Francia l’Italia può far valere programmi e ragioni in Europa?
È lecito dubitare. Chissà se le forze politiche troveranno il buon senso istituzionale per un accordo su una legge elettorale omogenea fra Camera e Senato e tornare così – serenamente e al più presto – al voto.