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Raccontare deve anche un po’ consolare. Parola di monsignor Dario Edoardo Viganò

Nel messaggio inviato per la 51esima Giornata delle comunicazioni sociali, prevista per il 28 maggio 2017, Papa Francesco sprona tutti coloro che “macinano informazione” a favorire la cultura dell’incontro con sguardo fiducioso, citando il libro di Isaia (Is 43, 5) dove ha inizio il cammino del popolo di Israele. “Un invito affinché il nostro raccontare abbia la responsabilità di una consolazione”, ha spiegato il prefetto della Segreteria per la comunicazione vaticana Mons. Dario Edoardo Viganò nel corso dell’evento “Comunicare speranza e fiducia nel nostro tempo”, organizzato dall’Ufficio per le comunicazioni sociali del Vicariato di Roma insieme all’associazione Comunicazione e Cultura Paoline Onlus e con il patrocinio della Segreteria per la comunicazione, che si è svolto ieri 16 maggio a Roma, all’interno della suggestiva Chiesa degli Artisti in piazza del Popolo. Alla fine del quale è stato premiato l’attore e produttore cinematografico Beppe Fiorello, per le sue “scelte etiche nelle storie da raccontare”.

CALABRESI, FIORELLO E MAGGIONI INSIEME A MONSIGNOR VIGANO’ A ROMA. FOTO DI PIZZI

“Il papa indica una strada che non sia tecnocentrica ma umana, centrata cioè sull’uomo e non sui mezzi”, ha detto Viganò nel suo intervento. Oggi infatti “non esiste più da un lato la società e dall’altro i media”, perché questi “sono totalmente interconnessi”, e così viviamo in “un’epoca post-mediale”. Ma guardando ai fatti dell’attualità, come ad esempio il fenomeno delle migrazioni e il modo in cui molti volontari accolgono con affetto le persone che sbarcano nelle coste siciliane, capiamo che “la legge dell’umanità è molto più forte della burocrazia di uno Stato”, ha concluso il prefetto.

CALABRESI, FIORELLO E MAGGIONI INSIEME A MONSIGNOR VIGANO’ A ROMA. FOTO DI PIZZI

Questo significa che “non ci si deve appiattire sull’idea del male come unica esistenza” ma che “bisogna darsi un atteggiamento costruttivo rispetto alle vicende del mondo”, ha affermato la presidente della Rai Monica Maggioni. “Invertire la tendenza dello sguardo sul mondo non vuol dire cambiare le notizie, e dire che ci sia un’altra prospettiva non significa parlare solo di cose buone, ma capire con quale sguardo si descrive la realtà. Raccontare il male non significa privarsi di uno sguardo con cui costruire”.

CALABRESI, FIORELLO E MAGGIONI INSIEME A MONSIGNOR VIGANO’ A ROMA. FOTO DI PIZZI

Per i giornalisti i fatti sono sempre centrali, ricorda naturalmente Maggioni, ma “quello dell’incontro è uno dei grandi temi di quest’epoca”, sottolinea. Quindi, per esempio riguardo al fenomeno della migrazione, è importante “dare una dimensione reale”, e “dire che politicamente è molto complesso da gestire non significa non descrivere il fenomeno”. Restituire il “senso della complessità”, in definitiva, vuol dire “sforzarci di ricordare il nome, il volto, la vita di quelle persone”.

CALABRESI, FIORELLO E MAGGIONI INSIEME A MONSIGNOR VIGANO’ A ROMA. FOTO DI PIZZI

Oggi però “la tendenza in atto è di pensare che bisogna indignarsi continuamente e comunicare solo ciò che fa scandalo”, ha spiegato il direttore di Repubblica Mario Calabresi. Mentre invece “mai come oggi è chiamata in causa la responsabilità individuale di ogni persona”. Il riferimento è alle possibilità offerte dai social media di trasmettere qualsiasi contenuto, compresi atti di violenza, e Calabresi ha portato l’esempio dell’attentato di Nizza, dove in rete è apparsa una gran mole di video di uomini agonizzanti, pubblicati da persone che con il proprio cellulare riprendevano in diretta le tragedie. “Ai miei giornalisti ho detto: non voglio vedere niente di questa roba. Basta immaginare che quelle persone fossero tuo fratello o tua sorella: faresti loro questo?”.

CALABRESI, FIORELLO E MAGGIONI INSIEME A MONSIGNOR VIGANO’ A ROMA. FOTO DI PIZZI

Ciò indica che “c’è una responsabilità dei comunicatori ma anche dei singoli cittadini”, e il messaggio del Papa “ci dice che nel momento in cui maneggi gli strumenti della comunicazione devi essere responsabile”. Per quanto riguarda invece i giornalisti nello specifico, “dobbiamo farci carico della sofferenza e del malessere che c’è”, ha concluso Calabresi: “Il giornalismo delle soluzioni non vuol dire negare il problema ma farsene carico e riconoscerlo. Raccontare storie va fatto ed è fondamentale. Ma devi cercare di trovare soluzioni, spiegare contesti e dare risposte. Non porre un’immaginetta di bene che poi verrebbe respinta e rifiutata”.


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