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Perché è tempo di un corso di laurea in Intelligence nelle università. Parola di Minniti

Di Andreina Morrone
Minniti, Cei, migranti, rifugiati

Si è svolto nell’Aula Magna “Beniamino Andreatta” dell’Università della Calabria la giornata di studi “Intelligence: a dieci anni dalla riforma. Risultati, questioni aperte, prospettive”, organizzato dal Centro Studi in Intelligence dell’ateneo calabrese, diretto da Mario Caligiuri, che ha moderato l’evento.

È intervenuto il ministro dell’Interno Marco Minniti, il quale ha sostenuto che possono essere considerati maturi i tempi per l’avvio di corsi di intelligence nelle università del nostro Paese, dando atto del lavoro svolto dall’ateneo calabrese per lo sviluppo della cultura dell’intelligence in Italia. Entrando nel merito del convegno, il ministro ha sostenuto che “l’intelligence italiana è diventata una struttura competitiva e professionale anche se non è possibile prevedere gli attacchi poiché a volte dal momento in cui viene concepito e poi realizzato un attacco terroristico passano pochi minuti: siamo difronte alla ‘prevedibilità zero’. Basti pensare a quello che è avvenuto recentemente a Stoccolma dove un fondamentalista ha rubato un camion e lo ha indirizzato sulla folla. In questi casi, non c’è possibilità di prevederlo ma certamente di contenerlo”.

Minniti ha poi affrontato il tema della minaccia cibernetica, dichiarando che è “un tema cruciale per l’intelligence italiana dove – è bene ribadirlo – c’è un legame strettissimo tra intelligence e forze di polizia. Tutto è condiviso poiché c’è uno scambio di informazioni costante”. Il ministro ha poi illustrato i temi principali della riforma della legge sui servizi: “Nel 2007 quando in Parlamento si discuteva della riforma dell’intelligence sapevamo tutti che c’erano delle criticità. Era come se avessimo dovuto cambiare le ruote della macchina senza fermare la macchina. Sembrava un’impresa impossibile eppure oggi possiamo dire che l’Italia c’è riuscita. Ciò dimostra che quando si lavora insieme sui problemi dimostriamo di essere un grande Paese. La sicurezza nazionale è un argomento che riguarda tutte le forze politiche e non dev’essere motivo di divisione. Voglio lasciarvi con un augurio che sia anche un monito fortissimo per tutti noi: la sicurezza nazionale non deve essere mai elemento di scontro politico”. Al termine dell’intervento, il rettore Gino Mirocle Crisci ha omaggiato il ministro Minniti di una targa, sottolineando l’impegno e lo sforzo dell’ateneo calabrese nella formazione dell’intelligence.

Ad inaugurare i lavori della sessione mattutina era stato proprio il rettore Crisci, il quale ha auspicato la nascita di un corso di laurea in Intelligence. È quindi intervenuto il direttore del dipartimento di Lingue e Scienze dell’Educazione Roberto Guarasci, che ha sottolineato l’importanza del convegno sia per il tema sia per i relatori intervenuti.

Ha tenuto la prima introduzione Marco Valentini, prefetto e componente del Comitato Scientifico del Master in Intelligence, che ha inquadrato il tema della sicurezza nell’ambito dei diritti di libertà, precisandone lo sviluppo nell’ambito dell’intelligence nel corso del tempo.

È quindi intervenuto Mario Caligiuri che ha illustrato le varie attività svolte sull’Intelligence dell’ateneo calabrese, iniziate alla fine degli anni Novanta. Caligiuri ha ricordato le tappe di questo percorso scandito dall’inquadramento della disciplina, dai saggi sulle riviste specializzate, da collane editoriali, dall’organizzazione del primo master in intelligence nelle università pubbliche italiane con il sostegno di Francesco Cossiga, dall’istituzione di un centro studi accademico, da pubblicazioni e ricerche, da seminari alla Crui, da siti internet specializzati. Ha infine menzionato i principali docenti che si sono susseguiti nelle varie edizioni del master, i libri pubblicati  dalla collana del Centro Studi in Intelligence e il convegno “Aldo Moro e l’intelligence. Il senso dello Stato e le responsabilità del potere” svoltosi nel mese scorso, concludendo con le illustrazioni delle ragioni del convegno.

Dopo l’intervento di Marco Minniti, si è registrata la relazione del direttore della Scuola del Dipartimento Informazioni per la Sicurezza, Paolo Scotto di Castelbianco, che ha ripercorso le tappe della diffusione della cultura dell’Intelligence nel nostro Paese, in conseguenza appunto della riforma del 2007. In particolare ha evidenziato l’importanza di fare sistema tra le varie istituzioni e la società per favorire la consapevolezza della sicurezza come bene partecipato. E in tale quadro una particolare attenzione va quindi riservata ai giovani e alle università.

La seconda sessione è stata avviata dalla relazione del prefetto Carlo Mosca, che ha rimarcato il rapporto tra intelligence e diritto, evidenziando i progressi avvenuti negli ultimi quarant’anni, cioè dalla prima legge del 1977 fino a oggi, passando per la riforma avvenuta nel 2007 e le successive modificazioni.

Si è proseguito con l’intervento di Roberto Baldoni, direttore del Consorzio Interuniversitario Nazionale sull’informatica e docente dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha focalizzato l’attenzione sul cyberspace, evidenziando come la sicurezza informatica oggi rappresenti una condizione essenziale della sicurezza nazionale.

La sessione pomeridiana è ripresa con la relazione di Lorenzo Vidino, della George Washington University, che ha trattato il radicalismo islamico, effettuando anche una comparazione tra quanto avviene in Europa e in Italia. In particolare, si è soffermato sul ruolo di internet nello sviluppo del fondamentalismo islamico e sui possibili rimedi culturali.

Il generale Carlo Jean, dell’Università Luiss “Guido Carli” di Roma, ha riletto il rapporto strutturale fra intelligence e geopolitica nell’epoca della globalizzazione. Ha quindi evidenziato il possibile ruolo del nostro Paese alla luce della nuova via della Seta promossa dalla Cina. Singolare la circostanza evidenziata dal generale riguardo i collegamenti che ogni settimana avvengono via treno tra Shangai e l’Europa, con arrivo nella stazione ferroviaria tedesca di Duisburg.

Infine l’intervento di Antonio Maria Rinaldi, dell’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara, che ha illustrato il ruolo dell’intelligence nelle guerre economiche, mettendo in luce i processi di privatizzazione delle aziende pubbliche nel nostro Paese, le relazioni dell’Italia con gli Stati Uniti e la Cina, il peso della Germania nelle attuali politiche europee.

Ha concluso la giornata di studi Mario Caligiuri che ha riepilogato i contenuti del convegno, ribadendo che la cultura della sicurezza va diffusa nella società perché l’intelligence rappresenta una dimensione fondamentale del futuro.

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