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Cosa prevede la Strategia energetica nazionale

Di Pierpaolo Signorelli

È stata da poco licenziata dai ministri Carlo Calenda e Gian Luca Galletti, nella versione di documento di consultazione, la SEN (Strategia Energetica Nazionale), la seconda edizione dopo quella approvata con D.M. 8 marzo 2013.

Questa nuova versione appare quanto mai opportuna e necessaria, per poter aggiornare al vorticoso ritmo delle trasformazioni in corso, l’azione complessiva della politica energetica dell’Italia. Per cominciare “il cambiamento climatico è divenuto parte centrale del contesto energetico mondiale, come sancito dall’accordo di Parigi del dicembre 2015, adottato da 197 Paesi ed entrato in vigore il 4 Novembre 2016. Tale accordo definisce un piano d’azione globale e giuridicamente vincolante per limitare il riscaldamento terrestre ben al di sotto dei 2 ºC”.

Di poi, la domanda di energia globale è stimata in crescita, con un aumento, secondo le proiezioni del World Energy Outlook 2016, del 18% al 2030, scenario che impegna tutti i paesi a potenziare e ad affinare le proprie capacità di vettoriamento (Reti) e quelle di generazione non inquinanti.

Le soluzioni, probabilmente le uniche possibili, che possono essere perseguite, per non depredare di risorse il Pianeta e – contestualmente – non avvelenarlo con gas clima-alteranti, sono l’incremento dell’uso delle rinnovabili, l’efficienza energetica e lo stoccaggio di energia elettrica.

Ad oggi “l’Italia ha già raggiunto gli obiettivi “rinnovabili” 2020, con una penetrazione di 17,5% sui consumi complessivi già al 2015, ossia con 5 anni di anticipo rispetto al target del 17% previsto dagli impegni europei”. Va detto che molto ha contato, nella riduzione delle emissioni di CO2, la Crisi economica che dal 2008 ha ridotto di un quarto i consumi energetici dell’industria, piuttosto che la diffusione di assennate politiche energetiche.

Partendo da livelli così interessanti, il documento afferma come “ambizioso, ma perseguibile un obiettivo del 27% di rinnovabili sui consumi complessivi al 2030, che, ottimizzando gli interventi e gli investimenti per poter agire in modo sinergico e coordinato su tutti i settori considerati, potrebbe essere così declinato:

– Rinnovabili elettriche al 48 – 50% al 2030 rispetto al 33,5% del 2015
– Rinnovabili termiche al 28 – 30% al 2030 rispetto al 19,2% del 2015
– Rinnovabili trasporti al 17% – 19% al 2030 rispetto al 6,4% del 2015

A nostro avviso, sebbene non impossibili, ci sembrano numeri molto impegnativi da raggiungere, soprattutto sul fronte dei trasporti. Di certo indicano un indirizzo di politica energetica molto netto che da una parte contraddice la SEN1 e dall’altra imbocca un binario di sviluppo molto deciso da cui sarà difficile fare dietro front.

Occorrerà allora investire molto di più sui drivers indicati, facendo compiere alla nostra tecnologia un salto di paradigma, affinché tali interventi diventino da integrativi a strutturali del Sistema Energetico.

In una simile prospettiva resta quindi da vedere come si finanzierà negli anni l’intera strategia indicata nella SEN, tenendo conto che la bolletta media della famiglia italiana costa oltre un quarto in più di quella europea, e che l’economia italiana è piagata da un debito pubblico immenso (il 3° più grande del mondo) e, all’avanzare della Globalizzazione, non sembra avere promosso quei meccanismi attrattivi di investimenti esteri, indispensabili per riuscire in una simile impresa di palingenesi tecnologica.

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