In Venezuela continua a combattersi una guerra silenziosa. Nonostante la minaccia nucleare della Corea del Nord, l’uragano Harvey e altre notizie abbiano spostato l’attenzione internazionale, la crisi del Paese sudamericano non si risolve. Dopo la morte di 130 manifestanti dall’1 aprile, sono diminuite le proteste in piazza, ma non lo scontento. L’inflazione prosegue verso l’alto e sono sempre più scarsi alimenti e medicine. L’economia venezuelana, fondamentalmente mono-produttrice di petrolio, è con l’acqua alla gola: le casse dello Stato hanno un deficit che impedisce l’importazione di prodotti di prima necessità. Le riserve straniere del Venezuela sono di circa 10 miliardi di dollari e il governo non ha pagato una rata del debito di 1,6 miliardi di dollari. Le entrate derivanti dalla vendita di titoli della petrolifera Pdvsa a Goldman Sachs (2,4 miliardi di dollari) potrebbero non bastare per risolvere il deficit.
E cosa fa la comunità internazionale? Mentre i media sono tornati a non parlarne, alcuni leader internazionali stanno prendendo posizioni.
LA POSIZIONE DI EMMANUEL MACRON
Uno dei consiglieri principali di Emmanuel Macron è il 30enne Ismaël Emelien (qui l’articolo di Formiche.net). Quando lavorava alla Fondazione Jean-Jaurès con Gilles Finchelstein, Emelien è stato consulente della campagna elettorale del 2013 del presidente del Venezuela, Nicolás Maduro. Forse per prendere le distanze, il presidente francese ha fatto questa settimana una dura dichiarazione contro il regime venezuelano. È l’unico leader europeo che ha esplicitamente detto che Maduro è un dittatore: “I nostri concittadini – ha detto Macron – non capiscono come alcuni hanno potuto essere così compiacenti con il regime che si sta instaurando in Venezuela […] Una dittatura che cerca di reggersi in piede al prezzo di una sofferenza umana senza precedenti e di una radicazionalizzazione ideologica preoccupante”. A spingere queste dichiarazioni è stata la chiusura di un altro blocco di frequenze radiofoniche.
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EFFETTI DELLE SANZIONI DI DONALD TRUMP
Invece, le sanzioni imposte dal presidente Donald Trump contro il governo venezuelano dividono gli analisti. L’economista venezuelano Riccardo Hausmann ricorda che grazie a queste misure sono stati trovati diversi conti all’estero. Al vicepresidente venezuelano Tareck El Aissami sono stati sequestrati 500 milioni di dollari. “Oggi il Venezuela non può prendere denaro dai mercati finanziari – spiega Hausmann, presidente del Centro di Sviluppo Internazionale e professore all’Università di Harvard -. Operazioni come quella di Goldman Sachs sono vietate”. Moisés Naim, ex direttore di Foreing Policy e membro del Carnegie Endowment for International Peace, crede invece che le sanzioni economiche degli Stati Uniti colpiranno (ulteriormente) la popolazione venezuelana, già ridotta alla fame.
No ha peores sanciones a Venezuela que las que salen de Miraflores. La situación alimentaria se va a poner mucho peor.Y no por culpa de EEUU https://t.co/jkDR9UBiLe
— Moisés Naím (@MoisesNaim) 27 de agosto de 2017
E RUSSIA E LA CINA?
La Russia di Vladimir Putin era molto vicina al regime di Maduro, ma da maggio non si è più pronunciata sul Venezuela.Il governo russo sta sfruttando la condizione di finanziatore per prendere controllo sulle riserve petrolifere di Pdvsa. Secondo il quotidiano venezuelano El Nacional, la compagnia russa Rosneft sta chiudendo in segreto molti affari con la statale venezuelana.
Sulla Cina ci sono voci che ha posticipato l’incasso del debito e si prepara per un nuovo prestito. In questi anni, Pechino ha dato 56 milioni di dollari allo Stato venezuelano, anzi, al governo. Il Parlamento del Venezuela non ha nessuna informazione o controllo di queste transazioni. Forse il governo di Xi Jinping condivide il pensiero della direzione di Goldman Sachs, che ha giustificato l’acquisto dei titoli di Pdvsa sostenendo che il Paese sicuramente migliorerà.