Una fede sempre più green, più aperta alle altre religioni, con sempre maggiore attenzione alle tematiche ambientali e alla cura del creato. Un problema, quello dell’emergenza ambientale e dei cambiamenti climatici, che – stando alle dichiarazioni dei leader religiosi che hanno fatto sentire la loro voce – coinvolge tutti, nessuno escluso. Il 1 settembre infatti, in occasione della Giornata Mondiale di preghiera per la cura del Creato, sono stati numerosi gli appelli lanciati sul tema.
L’INCONTRO INTERRELIGIOSO DI ASTANA “INSIEME PER LA CURA DELLA CASA COMUNE”
Al Palazzo della Pace e della Riconciliazione di Astana, per esempio, il 31 agosto leader religiosi di diverse fedi e confessioni si sono riuniti in occasione dell’incontro organizzato dalla Santa Sede “Insieme per la cura della casa comune”, svoltosi nel quadro di Expo 2017 di Astana “Future Energy”. “Incoraggiamo tutti i credenti e le persone di buona volontà a nutrire una continua riflessione sui valori condivisi e sulla relazione dell’uomo con la natura. Questa riflessione va di pari passo con la contemplazione della natura e con i sentimenti che provengono da questa contemplazione: meraviglia, umiltà, gratitudine per le cose meravigliose create da Dio, rifiutando l’idea che la nostra casa comune sia il risultato di una pura casualità priva di significato”. È uno dei passaggi centrali della dichiarazione finale dell’evento, firmata a otto mani dal cardinale Peter Turkson, prefetto per il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Clare Amos, del World Council of Churches, il rabbino Daniel Sperber, del Rabbinato Centrale di Israele, e l’imam Yahya Pallavicini, Ambasciatore per il Dialogo tra le civiltà dell’Islamic Educational Scientific Cultural Organization, e che mette in risalto soprattutto la volontà di “collaborazione fra leader religiosi e autorità pubbliche, organismi scientifici, scuole e organizzazioni della società civile, per una gestione dell’energia più in accordo a principi morali condivisi”.
DALL’ECUMENISMO DEL SANGUE AL DIALOGO INTERRELIGIOSO, O “DI TUTTI”, DEL CLIMA
È certo infatti che se il cosiddetto “ecumenismo del sangue” di papa Francesco, che ha fatto da sfondo a numerosi dei suoi viaggi, ha permesso di trovare nelle persecuzioni dei cristiani un terreno comune in cui coltivare spazi di incontro e di dialogo sempre più intenso con le altre confessioni cristiane, l’attenzione alle tematiche ambientali e alla “cura della casa comune”, tema su cui Bergoglio si è speso molto a partire dalla pubblicazione di una delle encicliche più caratterizzanti del suo pontificato, la “Laudato Sii”, è senza dubbio materia dal valore conciliante, capace di riunire attorno a un tavolo condiviso esponenti, stavolta non solo di diverse confessioni cristiane, ma di differenti fedi religiose. “La profezia di Abramo e il monoteismo che è comune a ebrei, cristiani e musulmani, sono un pilastro della nostra casa comune e dell’economia spirituale delle nostre tre comunità”, ha così sottolineato l’imam Pallavicini nel corso della tavola rotonda moderata da mons. Khaled Akasheh, Capo Ufficio per l’Islam del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. “A Gerusalemme, come a Roma o Astana, c’è un riconoscimento e rispetto per questa casa comune, grazie ai giovani che sapranno come rinnovare l’energia e la fede in qualcosa di superiore e profondo”, ha aggiunto l’imam.
LE DICHIARAZIONI CONGIUNTE DI BERGOGLIO E DEL PATRIARCA BARTOLOMEO
Dichiarazioni che fanno il paio con quanto affermato, sempre in occasione della Giornata per la cura del creato, nel messaggio congiunto di Papa Francesco con il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo, un’invocazione voluta da Bergoglio sull’onda del tragitto ecologista già imboccato dalla Chiesa ortodossa. O meglio, un “urgente appello” a “quanti occupano una posizione di rilievo in ambito sociale, economico, politico e culturale” per “sostenere il consenso globale perché venga risanato il creato ferito” (qui il documento integrale). “Siamo convinti che non ci può essere soluzione sincera e durevole alla sfida della crisi ecologica e al cambiamento climatico se la risposta non è concertata e collettiva”, si legge negli ultimi passaggi del testo. “L’ambiente umano e quello naturale si stanno deteriorando insieme, e questa degradazione del pianeta pesa sui popoli più vulnerabili. L’impatto del cambiamento climatico colpisce anzitutto, e soprattutto, coloro che vivono in povertà in ogni angolo del globo. Il nostro dovere di usare i beni della terra in modo responsabile implica il riconoscimento e il rispetto per tutti i popoli e tutte le creature viventi”, hanno affermato ancora le due guide religiose. Portatrici, in questo caso, di una fede rivolta all’uomo e al pianeta, che responsabilizza il primo di fronte ai rischi e alla necessaria salvaguardia del secondo.
L’APPELLO DEI VESCOVI USA A “RIDURRE IL CONSUMO DI ENERGIA”
Richiamo che arriva pure da oltreoceano, dagli Stati Uniti, dove si contano ancora i disastri provocati dell’uragano Harvey. Anche i vescovi Usa infatti – come riporta l’Agenzia Sir – hanno preso parte alla Giornata del creato, aggiungendo alle dichiarazioni degli altri leader religiosi una lettera firmata dal vescovo Frank J. Dewane, presidente della Commissione per la giustizia e lo sviluppo umano, e dal vescovo Oscar Cantù, presidente della Commissione sulla giustizia internazionale e la pace. In questo caso però l’appello entra ancora più nello specifico, fino a chiedere una “rivoluzione energetica” al Paese. L’invito è a “ridurre il consumo di energia e l’emissione di inquinanti”, centrandosi sulla “necessità di investimenti in infrastrutture e tecnologie che garantiscano la sostenibilità per l’ambiente”. L’esortazione spinge così a “un esame di coscienza personale e istituzionale per le tante azioni, grandi e piccole, che contribuiscono al degrado del mondo”, con particolare attenzione “a tutti i lavoratori dell’industria energetica, dai minatori agli ingegneri solari, ai legislatori per concludere con gli scienziati”, ma ancor più ai capi politici, su cui grava il compito di “prevedere, a seguito delle innovazioni energetiche, disposizioni che consentano la riqualificazione dei lavoratori”, in modo da svolgere il compito di “veri amministratori della casa comune e del bene comune”. In ogni caso “tutti”, prosegue la missiva, “qualunque sia la fede di appartenenza, sono invitati ad atti concreti di misericordia e tenerezza verso la Terra, nostra casa comune”.
IL DOSSIER DI CARITAS ITALIANA, CHE SOTTOLINEA LA SITUAZIONE NELLE FILIPPINE
Caritas italiana invece ha infine pubblicato, come ogni anno, il Dossier con Dati e Testimonianze (disponibile qui), che però stavolta dà risalto alla situazione nelle Filippine, segnalate dal Time come “il Paese al mondo più esposto ai tifoni”. “La situazione della nazione filippina evidenzia in maniera drammatica che il cambiamento climatico non è destinato a produrre effetti in un futuro lontano. Si tratta infatti di una realtà assolutamente attuale, che tocca in modo diverso le varie aree del pianeta e che già ora mostra la misura del cambiamento della vita di tutti noi”, scrive Caritas italiana. Spiegando che la descrizione delle situazione nelle Filippine serve a dare risalto a una problematica, quella del cambiamento climatico, che coinvolge tutti i Paesi, compresa l’Italia.