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Che cosa si dice all’estero su dibattiti e faide in Vaticano

Papa Francesco

Che cosa sta succedendo in Vaticano? A partire dalla cacciata dal ruolo di revisore dei conti di Libero Milone e dalla sua recente intervista a Massimo Franco sul Corriere della Sera, dove racconta la sua versione dei fatti, subito smentita dalla Sala Stampa Vaticana, o al licenziamento (o meglio il mancato rinnovo) del card. Gerhard Müller dall’ex Sant’Uffizio. Passando poi dalla lettera di “correzione formale” sull’Amoris Laetitia (meglio nota come “Dubia”) inviata dai quattro cardinali (due dei quali nel frattempo defunti), fino alla più recente “correzione filiale” degli studiosi cattolici e degli esponenti vaticani, tra cui il superiore lefebvriano Bernard Fellay.

L’OPPOSIZIONE INTERNA A BERGOGLIO

Quest’ultima lettera infatti, insieme a tutto il presunto malcontento che ne fuoriesce nei confronti di papa Francesco, fa riferimento a un universo del cattolicesimo conservatore, generalmente un po’ in ombra, ma ormai sempre più conosciuto, e che viene alla superficie esprimendosi per la maggior parte su siti internet e blog. Aveva fatto molto rumore nell’ottobre 2016 un articolo su La Stampa firmato da Andrea Tornielli e Giacomo Galezzi, intitolato “Quei cattolici contro Francesco che adorano Putin”, in cui si ritraeva e si provava a dare forma a tutto questo variegato complesso di relazioni, riviste, gruppi culturali e religiosi, peraltro spesso di carattere decisamente internazionale. Più volte, poi, in questi giorni, si è specificato che già nel corso dei secoli i papi hanno avuto molti nemici. “Sono stati avvelenati, strangolati, colpiti a morte, e uno (Giovanni X, ndr) fu presumibilmente soffocato con un cuscino”, annota Barbie Latza Nadeau sul The Daily Beast. Così accade anche oggi, da Wojtyla a Ratzinger. Dove, “nell’epoca delle false notizie e dei fatti alternativi”, anche quelle frange che “prima nessuno prendeva sul serio stanno facendo sempre più sentire la loro voce”.

“QUANTO TEMPO DEVE PASSARE PRIMA CHE UN CATTOLICO IGNORI UN PAPA?”, DICE IL GUARDIAN

Il quotidiano The Guardian, rilanciando il suo noto titolo “Is the Pope catholic?”, alcuni giorni fa ha spiegato in un editoriale come vede l’accusa di eresia a Francesco. “I papi sono tenuti a prendere molto seriamente i loro predecessori, anche se nessuna delle due parti è considerata infallibile”, ma “gli sforzi del Papa attuale per invertire la politica dei suoi predecessori hanno provocato una vigorosa sfida”, si legge. Sarcasticamente, per il Guardian la lettera “solleva una domanda interessante: quanto tempo un Papa deve essere morto prima che le sue opinioni possano essere ignorate in modo sicuro?”. Questo a ragion del fatto che “la stragrande maggioranza dei cattolici prendono poco nota della dottrina quando non sono d’accordo con essa. Il diritto cattolico ignora più di cento anni di insegnamento papale coerente contro gli eccessi del capitalismo, oltre alle denunce più recenti sulla pena di morte, sulle guerre e sulla distruzione ambientale. La sinistra cattolica poi ignora gli insegnamenti del Papa sulla sessualità, e tutti quanti ignorano il divieto di contraccezione”.

IL GUARDIAN: “HA VINTO FRANCESCO. DI QUATTROMILA VESCOVI SOLO UNO HA FIRMATO”

Ma che “cambi la dottrina”, o solo “la sua interpretazione”, “non c’è dubbio che Francesco vuole che la Chiesa incoraggi la comunione ai chi viola le regole sulla sessualità”, sostiene il quotidiano liberal britannico: questione ormai “non più controversa in nessun’altra Chiesa, nonostante la chiara dichiarazione di Gesù del principio di opposizione al divorzio”. Tuttavia, “solo la Chiesa cattolica ha una combinazione di burocrazia e autoritarismo che rende così difficile, per il clero, imparare dall’esperienza del loro gregge”, si legge ancora. L’idea poi che “la Chiesa deve imparare dal mondo, e non insegnare, offende alcuni cattolici”, e mentre “Francesco vede la Chiesa come ospedale i suoi nemici la vedono (come ha fatto Lutero) come una fortezza contro gli errori e gli infedeli”. Ma “la cosa importante”, sostiene il Guardian, “è che dopo anni di dibattito è Francesco a vincere la discussione”. Tirando in questo modo le somme della vicenda: “Nella Chiesa mondiale esistono quattromila vescovi: solo uno, di novantaquattro anni, ha firmato la lettera. Molti cattolici possono non essere d’accordo con Francesco. Ma nessuno nella gerarchia osa pubblicamente ignorarlo, almeno finché è vivo”.

IL NCR: “NON È STATA RECEPITA L’INTUIZIONE DELLA CHIESA IN USCITA”

“L’accusa di eresia è certamente fuori dal comune, e l’impiego di questa parola equivale a un’affermazione tale da richiedere un processo. Se si tratta veramente di una campagna orchestrata, i toni sono di certo aumentati”, sostiene invece Michael Sean sul National Catholic Register. “Ho pensato che papa Francesco ha gestito in modo perfetto l’opposizione di uomini come il card. Burke: non renderlo un martire, non dargli alcun peso, non abboccare all’esca di rispondere ai Dubia. Piuttosto, se Burke arriva a lanciare l’accusa di eresia al Papa, forse sarebbe giunto il momento di chiedere indietro la porpora”, ha scritto Sean. Questo perché, “purtroppo”, la sua intuizione da arcivescovo di Buenos Aires riguardo a una “Chiesa autoreferenziale che se non esce da sé stessa per evangelizzare si ammala”, piaciuta al punto da far sì che i cardinali suoi compagni lo fecero Papa, è stata persa “dai sottoscrittori della correzione”. Tanto quanto è evidente che l’osservazione, e l’asserzione, di Bergoglio arcivescovo non nasceva da un erudito studio dottrinale e teologico, ma dall’osservazione della vita in molte parrocchie, sempre più annoiate e prive di giovani, e di vocazioni.

“FRANCESCO PUÒ IGNORARE LE CHIACCHIERE”, DICE IL THE DAILY BEAST

I firmatari della correzione in ogni caso sostengono che si tratta soltanto di “un primo passo”, “un’iniziativa di natura teologica che probabilmente porterà, Dio volendo, ad un’altra di natura canonica da parte di coloro che hanno il mandato di agire”. Si è parlato, oltre che di sempre più evidenti “fratture profonde all’interno del clero”, persino di uno scisma. Ma Francesco può “facilmente scegliere di ignorare il convulso chiacchierare contro di lui, anche se cresce sempre più forte”, scrive la giornalista del The Daily Beast. Perché, specialmente in tema di Amoris Laetitia, “la linea di fondo è che gode ancora di una notevole popolarità tra i cattolici, a cui piace molto il fatto che sotto la sua direzione le circostanze complicate delle loro vite sembrino essere più facilmente accettate dalla Chiesa cattolica”. Un dato di fatto che pare assodato per alcuni, ma non per tutti, almeno stando ad ascoltare il malessere diffuso sul web che ha portato fino alla lettera.

“PAPA FRANCESCO AMA FAR CIRCOLARE LE IDEE”, DICONO I GESUITI AMERICANI

“Papa Francesco ama far circolare le idee, per creare dibattiti”, scrive Pascal-Emmanuel Gobry sulla rivista dei gesuiti americani America. “Basterebbe immaginare la reazione che si avrebbe su Twitter all’idea di restituire a Cesare ciò che gli è dovuto: la metà denuncerebbe Gesù come stregone dei Romani e l’altra metà come un fanatico pericoloso e incline alla guerra anti-romana. I farisei e i sadducei non potevano comprendere Gesù perché cercavano di inserirlo nelle loro categorie politiche, mentre invece era altra cosa”. E chiosa: “È bene avere dibattito all’interno della Chiesa. Vorrei solo che fosse un po ‘meno sterile”. “Leggendo della firma del vescovo della Fraternità di San Pio X, che risposta può dare qualsiasi fedele cattolico, anche uno che simpatizza per le tesi della lettera, ad eccezione delle risate?”, ha aggiunto Gobry.

LA RIVISTA AMERICA: “IL FALLIMENTO È NELLA CARITÀ. DISCUTIAMO MEGLIO” 

Stroncando i firmatari della lettera, nella quale “ritengono necessario ricordare al Papa che tra le dottrine cattoliche c’è la proposizione che ‘Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo’. Immaginate i livelli di aggressività passiva autosufficiente che servono per scrivere una lettera pubblica per ricordare al papa di Roma che i cattolici credono che Gesù sia divino. È come contemplare l’infinito”. La sostanza in tutto ciò, scrive in conclusione America, è che “c’è un problema di metodo: questi ripetuti appelli all’autorità sembrano volutamente concepiti per convalidare il punto più critico del Papa, che cioè gli esponenti dell’ala pro-Francesco non possono rispondere nel merito, e così si critica il silenzio dell’autorità papale”. Ma “non ci si sta gridando l’uno contro l’altro sui social media: ci si sta stuzzicando”. Perciò “il fallimento non è nella comunicazione, ma nella carità. La gente crede in ciò che crede per ragioni sincere, profonde e complesse. Il Papa vuole che discutiamo. Io dico: facciamolo meglio”.

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