Dove sta andando l’industria italiana? Il quadro che viene fuori dal convegno “Crescita vs Crisi” è quello di un sistema industriale che ha voglia di crescere e aggredire i mercati esteri, ma spaventato dalle rigidità del sistema Italia.
Un esempio di questo approccio proattivo è quello di Sergio Dompé presidente della Dompé farmaceutici. “Oggi ci sono molti gruppi italiani che stanno facendo competizione internazionale e che hanno un strategia competitiva realmente valida anche sul piano della ricerca. Per continuare così abbiamo bisogno di stabilità, di visioni e di leggi che vadano sul merito e che siano semplici da modificare perché spesso bisogna avere il coraggio di tornare sui propri passi, di porre dei correttivi. Su questo abbiamo l’esigenza di lavorare insieme e di fare sistema”. Un esempio virtuoso arriva da Milano dove Regione e Comune, seppur guidati da coalizioni di colori differenti, stanno lavorando insieme al Governo, per ospitare l’EMA, l’Agenzia europea dei medicinali. “Se continuiamo a fare squadra avremo buone opportunità”, dice il ministro Lorenzin sul punto – “Corriamo con Amsterdam e Copenaghen ma noi abbiamo il vantaggio di avere già individuato l’edificio, il Pirellone”.
VINCENZO BOCCIA: “IL CODICE ANTIMAFIA EQUIPARA GLI IMPRENDITORI AI DELINQUENTI”
Anche la lettura del Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia (nella foto) è bifronte: se da un lato riconosce quanto di buono fatto dal Governo, in particolare dal ministero dello sviluppo economico, per le industrie italiane, a iniziare dal piano Industria 4.0, dall’altro non manca di ribadire la sua più assoluta contrarietà al nuovo “codice antimafia”. Per il numero 1 di viale dell’Astronomia il capitale principale delle industrie è la reputazione. “Con il nuovo codice antimafia si equipara l’attività degli imprenditori a quella dei delinquenti” – dice Boccia -. “Gli imprenditori vivono di reputazione. Se lo si rovina con la cultura del sospetto e della prevenzione non è che poi, quando lo si riammette al consesso sociale senza macchia, lo si riabilita in pieno, ormai comunque è distrutto. Se si commette un errore quell’industria è fallita e questo non è solo un danno per quell’azienda, per quei lavoratori, per quegli imprenditori ma è un danno per tutta l’economia. L’economia è un fondamentale per un Paese e non un elemento marginale al pari del diritto”. Il Presidente Boccia, pur apprezzando il piano “Industria 4.0” varato dal Ministero dello sviluppo economico rintraccia nel Paese un sentimento anti industriale. “In questo Paese ogni mattina si deve combattere con una cultura antindustriale e iperideologica che, pensando di far bene, fa in realtà molto male al Paese intero” – continua Boccia – “Nel codice c’è un errore madornale di impostazione che abbiamo denunciato e non da soli: anche Raffaele Cantone, anche Sabino Cassese sono andati su questa linea. A questo servono i corpi intermedi, a far sentire la voce degli interessi autentici del Paese. Il punto di rottura è in una visione della società anomala, in cui non si capisce cos’è un’impresa”.
DOMENICO MENNITI: “NOI NON SIAMO USCITI DALLA CRISI”
Se a Milano aspettano l’EMA a Caivano, in provincia di Napoli rischiano di perdere una importante realtà produttiva: il gruppo del fashion Harmont&Blaine. “Noi non siamo usciti dalla crisi, saremo fuori dalla crisi quando invece del 37% della popolazione occupata riusciremo ad avvicinare il 52% della Germania. Quando il nostro export tornerà a crescere, ad oggi è sceso dal 3,7% del PIL nel 2007 al 2,9%” – dice Domenico Menniti, Presidente di Harmont&Blaine – “Quando i ragazzi avranno l’Italia come opzione, come scelta. Noi siamo vivendo una forma di emigrazione che è completamente diversa rispetto a quella del dopo guerra. L’emigrante di quell’epoca aveva la speranza di tornare. Oggi non è così: chi parte lo fa per non tornare più”. Qualche tempo fa il presidente del gruppo di moda aveva “minacciato” di voler spostare il polo logistico della sua azienda da Caivano a Danzica, in Polonia. “La mia è stata una dichiarazione provocatoria. Il mio gruppo ha chiesto al consorzi Asi di poter acquisite alcuni terreni non assegnati per costruire il polo logistico” – precisa Menniti – “Non posso dire neanche di avere avuto una risposta positiva, perché non mi è stata data alcuna indicazione. Non è questo il modo in cui si cresce”.
CALENDA: “IL PROGRESSO TECNOLOGICO HA SENSO SOLO SE È ANTROPOCENTRICO”
Una duplice lettura degli eventi la si ritrova anche nelle parole del ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda che, nel suo intervento, mette in guardia dai possibili pericoli dell’innovazione tecnologica. “Dalla rivoluzione scientifica in poi noi pensiamo che il progresso sia sempre positivo. È stato il mantra di tutte le classi liberal democratiche” – dice il ministro – “Bene nel G7 di Torino per la prima volta si è affermato che il progresso va governato. Che i passi in avanti della tecnica, come l’Intelligenza Artificiale, devono essere sviluppati solo in chiave antropocentrica, cioè solo se servono a migliorare la qualità della vita degli uomini. Pensiamo alla globalizzazione, ci è stata “venduta” come una marcia verso una Terra più ricca per tutti. Invece non è stato così. La globalizzazione ha aumentato il divario tra le classi sociali: ha reso i vincenti sempre più vincenti e i perdenti sempre più poveri”. L’esperienza della globalizzazione, e dei suoi lati più feroci, deve mettere in guardia i legislatori dai rischi della velocità e della profondità del progresso tecnologico e dalle sue implicazioni etiche e sociali. “Quali sono le politiche giuste in questo crocevia dell’Occidente? Non possiamo permetterci di avere un pensiero di corto respiro” – conclude il ministro Calenda – “In termini di politica economica c’è una parola che conta più di tutto: gli investimenti. Non solo quelli che abbiamo aiutato con l’industria 4.0 ma anche quelli in cultura. L’innovazione tecnologica deve essere letta dalla cultura umanistica che deve fornire le chiavi interpretative”. Le parole del ministro Calenda si sposano alla perfezione con quelle di Brunello Cucinelli, leader dell’omonimo gruppo tessile e campione del “capitalismo dal volto umano”. “Internet ha cambiato l’umanità” – dice Cucinelli – ” Noi viviamo nel miglior momento dell’umanità. Siamo in un momento speciale ma se non umanizzeremo la rete verremo schiacciati dal mal d’anima che crea la tecnologia”.