Come c’era da aspettarsi, l’effetto emulazione non si è fatto attendere. Dopo gli eventi di domenica in Catalogna, anche i Paesi Baschi hanno chiesto al governo centrale spagnolo l’attivazione di un processo per la secessione. Il lehendakari, cioè il presidente del governo della comunità autonoma dei Paesi Baschi, Iñigo Urkullu (nella foto), ha chiesto il riconoscimento della regione e della Catalogna come nazioni indipendenti e invocato un dialogo con Madrid che sia indirizzato alla realizzazione di una consultazione legale e concordata.
LA RICHIESTA DI URKULLU
In conferenza stampa da Bilbao, Urkullu ha detto che “nessuno ha vinto con quello è successo domenica in Catalogna”. Ha poi espresso profonda “tristezza e preoccupazione” e sottolineato come questa situazione critica sia il risultato “dell’assenza di un vero dialogo politico”. Il presidente dei Paesi Baschi ha detto di non aver capito la strategia di violenza usata dalle autorità spagnole e ha manifestato solidarietà alle persone ferite. Secondo Urkullu, il modello di Stato spagnolo ha bisogno di una nuova organizzazione e il “conflitto politico merita un dialogo mirato ad un referendum concordato con lo Stato”.
IL MOVIMENTO SEPARATISTA NEI PAESI BASCHI
Tuttavia, le condizioni sono diverse. Mentre in Catalogna i sondaggi indicano che circa il 50 per cento degli elettori è a favore dell’indipendenza, nei Paesi Baschi il movimento separatista è ai minimi storici. Ad aprile solo il 24 per cento dei residenti delle tre province basche ha risposto di volere l’indipendenza, di fronte ad un 63 per cento che ha detto di essere “poco desideroso” o di “non esprimere nessun desiderio”.
IL DIRITTO DI DECIDERE
Secondo il giornalista Luis Aizpeolea, nei Paesi Baschi non si prospetta un processo di “scollegamento” totale dalla Spagna come in Catalogna. È vero che una gran parte della popolazione e del Parlamento Basco vogliono avere il diritto a potere decidere, ma questo esercizio ha molte interpretazioni: “Non tutti i partiti la pensano allo stesso modo. Il Partito Nazionalista Basco (PNV), il partito Euskal Herria Bildu e Podemos non sono d’accordo ed è lì la difficoltà del dialogo”, ha spiegato il giornalista de El País, autore del libro Los entresijos del final de ETA (Catarata edizioni).
IL RUOLO (DESTABILIZZANTE) DI PODEMOS
Per José María Calleja, professore dell’Università Carlos III de Madrid, la presenza di Podemos ha creato nuove tensioni nella regione: “Quello che non era più in agenda, o il PNV non aveva più il coraggio di chiedere, è stato proposto da un partito senza struttura né leadership nei Paesi Baschi: Podemos”. Calleja ha ricordato che per molti anni il movimento separatista basco è stato collegato alla violenza dell’organizzazione terroristica ETA. Molti continuano ad identificare l’indipendentismo con i morti del terrorismo, cosa che non è successo in Catalogna. “I giovani sono più preoccupati per la disoccupazione”, ha aggiunto Calleja.
EFFETTI ECONOMICI
Preoccupa invece la situazione economica, peggiorata dall’instabilità politica delle ultime settimane. Secondo un’inchiesta pubblicata dal sito Vozpopuli, il mondo imprenditoriale ed economico spagnolo (e anche europeo) non ha parlato d’altro che della Catalogna. “Il vero danno potrebbe essere in corso ed è la chiusura di piccole e medie imprese e la minaccia di chiudere di molte imprese grandi”, si legge nell’articolo a firma di Jorge Zuloaga. Che poi ha continuato: “Ci siamo messi in contatto con molti imprenditori baschi che raccontano come sta avvenendo una diaspora silenziosa e con banchieri che spiegano com’è la situazione in Catalogna”.