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Catalogna e Spagna, perché vedo troppa ideologia anti Stati-nazione in Italia

Lingotto, 5 stelle, molestie

La potremmo chiamare la strana alleanza, ma a ben vedere tanto strana non è. È quella che, a favore dell’indipendenza catalana, vede schierati nel nostro Paese intellettuali di sinistra, ostili al mercato e al capitalismo, e intellettuali liberal-liberisti. Non è strana l’ alleanza perché entrambi gli schieramenti hanno in odio lo Stato-nazione (oltre che una certa dose di determinismo economicistico). A sinistra imputano ad esso, come ha scritto Donatella Di Cesare sul Corriere della sera venerdì scorso, “i disastri del secolo scorso”. Quasi che gli Stati-nazione il secolo prima, e per buona parte dell’età moderna, non avessero garantito anche e soprattutto sviluppo, libertà, democrazia. È una vecchia idea che percorre anche quel sopravvalutato testo che è il “Manifesto di Ventotene”. Ed ha una spiegazione: a sinistra si fa fatica ad ammettere che le tragedie del Novecento sono state dovute non a una particolare forma politica ma a una certa idea della politica: alla ideocrazia, cioè all’idea di voler legare una astratta idea di morale e di “società giusta” alla prassi politica. In un percorso che ha fatto distruggere tante uova senza che mai si facesse una frittata, per dirla con Isaiah Berlin. Cioè fuor di metafora una società fondata sulla giustizia, anche e soprattutto sociale, che non solo è impossibile, ma neanche auspicabile. Essa comprimerebbe infatti, necessariamente e logicamente, quella libertà individuale che è a ben vedere l’unico scopo della vita di tutti noi su questa terra. E che anzi, da un punto di vista teorico, con la vita coincide senza scarti. Da questo punto di vista, lo Stato moderno, prima che l’ideocrazia contribuisse a farlo diventare statalistico, aveva dato buone performance. Questo non significa che esso vada riproposto in astratto, anche oggi quasi fosse una una entità metafisica valida sempre e comunque.

Che lo Stato nazionale sia andato in crisi è un dato di fatto: esso già oggi agisce insieme ad altre entità come depositario del potere e della forza legittima. È un processo che non va né assecondato, come vorrebbe Di Cesare o come vorrebbero i liberal liberisti come Carlo Lottieri, né ostacolato: nell’uno e nell’altro caso, l’ideocrazia e il “razionalismo in politica” si riproporrebbe paro paro. Meglio agire a tentoni, sperimentando e tornando indietro per ”tentativi ed errori”, governando un mondo di fatto poliarchico con l’arte del buon senso e della gradualità riformistica e liberale. Nessuna spinta in avanti incontrollata, solo saggezza e buon senso. Né è una questione di dimensioni, come sembrerebbe credere Roberto Esposito, che è intervenuto ieri su la Repubblica, che ci deve far dire no alle richieste indipendentiste della Catalogna. Quasi che un super Stato sovranazionale, con tutti i suoi problemi di centralizzazione del potere, fosse da preferire a uno Stato regionale per principio o per abitudine. No, la via deve essere un’altra: quella che ha, come stella polare, la libertà dei singoli e non le ideologie.

Vedo molta ideologia nella querelle spagnola. Nell’uno e nell’altro campo. Fra gli antistatalisti sempre e comunque e, nel campo opposto, fra i fautori della monarchia costituzionale centrale. Lo Stato non può essere un mito, né in positivo né in negativo: è uno strumento. I fine è sempre l’individuo e la sua libertà, mentre le forme che possono garantirlo sono infinite, nel tempo e nello spazio. Se il popolo della Catalogna vuole veramente e in maggioranza l’indipendenza, se pensa che è in questa forma che la sua libertà possa essere garantita, si proceda pure allo smantellamento dello Stato centrale. Ma se è una minoranza che vuole uscire dalla Spagna, non si imponga anche a chi vuole rimanere una scelta così radicale.

Quanto poi all’Europa, chiamata in causa spesso a sproposito, essa, in quanto concreto spazio delle libertà occidentali, non può che pensarsi come una confederazione. Confederazione di Stati, nazionali e regionali poco importa, ma non federazione. La quale, creando un super Stato centrale e burocratico, come in parte l’Europa è già oggi, sarebbe forse di per se stesso nocumento alla umana libertà.


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