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Così la Catalogna ravviva il sentimento indipendentista della Scozia

Nel suo intervento di martedì 10 ottobre, il presidente della Catalogna, Carles Puigdemon, ha detto che la Catalogna non è più un tema spagnolo. Ora la vicenda della secessione catalana riguarda anche l’Europa. Poco prima del discorso di Puigdemon, il premier della Scozia, Nicola Sturgeon, ha detto che Glasgow ha rinnovato l’impegno per fare una nuova consulta sull’indipendenza scozzese. “L’indipendenza offre un futuro migliore […] La Scozia dovrebbe avere il diritto di scegliere il suo futuro quando le condizioni della Brexit saranno chiare […] – ha detto Sturgeon durante il congresso annuale del Partito Nazionalista Scozzese (Snp) -. Abbiamo un mandato per dare quest’opzione. Quel diritto lo abbiamo vinto in maniera giusta e diretta. L’esercizio deve farsi con l’interesse di tutto la Scozia a cuore. Ma la gente vuole chiarezza sulla Brexit. Non sappiamo ancora quando si farà, ma possiamo, dobbiamo saperlo, e sempre difenderemo l’indipendenza”.

LA VOCE DELL’EUROPA

Sturgeon ritiene che l’Unione europea avrebbe dovuto criticare la violenza della polizia spagnola durante il referendum del 1° ottobre in Catalogna: “Quando la gente di Catalogna, che sono cittadini europei, è stata attaccata dalla polizia solo per volere votare, l’Unione europea avrebbe dovuto alzare la voce per condannarli”.

L’ORA DEL DIALOGO

Per il premier scozzese, è il momento che “il dialogo sostituisca il confronto […] In questo momento il governo spagnolo deve sedersi con il governo della Catalogna. Questo è il momento di parlare e trovare un cammino per andare avanti. Un cammino che rispetti la legalità, sì, ma anche un cammino per andare avanti rispettando la democrazia e il diritto dei catalani a determinare il proprio futuro”.

IL REFERENDUM DEL 2014

Nel 2014, la Scozia votò per l’indipendenza e il “no” ha vinto con il 55,3 per cento dei voti, contro il 44,7 per cento dei secessionisti. Dopo la Brexit, il premier scozzese ha detto che c’era bisogno di una nuova consulta. A gennaio ha proposto la realizzazione di un referendum ad autunno del 2018 o la primavera del 2019. Il vice-premier scozzese, Angus Robertson, ha dichiarato che il plebiscito sarebbe avvenuto prima delle ultime elezioni a Holyrood nel 2021. Il premier britannico Theresa May però ha respinto qualsiasi tipo di dialogo sulla secessione scozzese fino a quando sarà conclusa la Brexit.

L’ULTIMO SONDAGGIO SCOZZESE

L’ultimo sondaggio di YouGov pubblicato dal The Times, indica che il 50 per cento degli scozzesi è contro l’indipendenza, di fronte al 39 per cento dei secessionisti. Il 52 per cento degli elettori pensa che il referendum non dovrebbe realizzarsi nei prossimi cinque anni.

PERDITA DI CONSENSO

Mentre nel 2015 l’Snp è arrivata ad avere 56 seggi su 59 (un successo storico), nelle ultime elezioni regionali, a maggio del 2016, ha perso la maggioranza assoluta al Parlamento di Edimburgo, nonostante sia stata la formazione politica più votata. Al nord del Regno Unito, il Partito Conservatore – storicamente contrario alla secessione scozzese – ha aumentato il consenso.

LE DIFFERENZE TRA CATALOGNA E SCOZIA

Sturgeon ha sempre voluto sottolineare le differenze con il movimento separatista catalano, spiegando che in Spagna esiste una Costituzione e che il referendum per l’indipendenza della Scozia del 2014 è stato approvato dal Parlamento britannico. Ora però il premier scozzese è una gran sostenitrice degli indipendentisti catalani.

DEMOCRAZIA DIRETTA VS. DEMOCRAZIA SEPARATISTA

Per il giurista spagnolo Javier Pérez Royo, esiste una differenza sostanziale tra il movimento separatista catalano e scozzese. “Quando l’articolazione tra democrazia rappresentativa e diretta non si produce – spiega in un editoriale pubblicato dal quotidiano El Diario -, i dubbi sulla legalità e la legittimità del processo crescono come funghi ed è molto difficile, o forse impossibile, che si arrivi ad un risultato accettato da tutti in modo pacifico. La Scozia è l’esempio del primo caso. Catalogna è l’esempio del secondo”.

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