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Perché l’ondivago Carles Puigdemont fa irritare Rajoy sulla Catalogna

Finito il tempo per chiarire la posizione della Generalitat, il presidente catalano Carles Puigdemont ha cercato di rimandare ancora una volta. In una lettera (nella foto in basso) inviata al presidente spagnolo Mariano Rajoy, Puigdemont chiede ancora due mesi di tempo per negoziare con Madrid il processo d’indipendenza della regione. Il leader separatista ha continuato a non rispondere “sì” o “no” alla domanda se ha dichiarato l’indipendenza della Catalogna, come da richiesta di Madrid. Ha chiesto due mesi di tempo per avviare il dialogo tra le parti e ha lanciato un appello alle autorità spagnole per sospendere “tutta la repressione” in Catalogna. L’emittente televisiva catalana Antena TV3 aveva anticipato ieri che Puigdemont non era intenzionato a rispondere a Rajoy, ma avrebbe dato una risposta più elaborata.

L’AMBIGUITÀ DI PUIGDEMONT

Dopo l’intervento di Puigdemont al Parlamento catalano, il governo centrale spagnolo – e anche i rappresentanti più radicali del movimento separatista – hanno invitato la Catalogna a dire esplicitamente se sono intenzionati o meno alla secessione. Rajoy ha detto la scorsa settimana che Madrid è pronta a prendere il controllo della regione autonoma se questa non farà un passo indietro.22448656_1493207950770652_7446920141866228637_n 22540243_1493207964103984_9088077629044743033_n

IL FANTASMA DELLA SECESSIONE

Senza assicurare la rinuncia alla dichiarazione unilaterale d’indipendenza, Puigdemont ha chiesto un incontro d’urgenza con il presidente spagnolo e con “quelle istituzioni e personalità internazionali, spagnole e catalane che hanno chiesto di sospendere i risultati del referendum per esplorare la possibilità di negoziare”. Da quanto si legge sul quotidiano La Vanguardia di Barcellona, il leader del movimento separatista catalano insiste che la priorità del suo governo “è cercare con tutta la forza necessaria la via del dialogo”. Ma per Madrid non ci sarà dialogo se resta ancora il fantasma della secessione. Con la sua ambiguità, Puigdemont non soddisfa le richieste del governo di Rajoy né quelle dei suoi alleati politici, che potrebbe fare saltare il governo regionale.

VERSO LA SOSPENSIONE DELL’AUTONOMIA

Oggi è il primo dei giorni più decisivi per gli indipendentisti della Catalogna. Questa nuova risposta aperta rischia di essere interpretata da Madrid come un “sì”, dando il via all’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola. Con l’ammissione della dichiarazione unilaterale d’indipendenza, il governo di Madrid potrebbe attivare immediatamente l’articolo 155 della Costituzione, che prevede la sospensione formale dell’autonomia. Verrebbero sostituiti i funzionari locali e la gestione dell’amministrazione della regione andrebbe sotto il controllo del governo centrale.

TRE SCENARI PROBABILI

Secondo alcuni analisti spagnoli, le alternative sono tre: un’autorizzazione del governo centrale ad un voto di autodeterminazione; un nuovo Statuto di autonomia; o una riforma costituzionale in piena regola.

La prima opzione è esclusa per motivi ideologici: la destra rappresentata dal Partido Popular e da Ciudadanos non hanno alcuna intenzione di permettere uno scenario di questo genere, anche per gli effetti che l’indipendenza catalana potrebbe avere sull’Unione europea. Sul nuovo statuto di autonomia c’è poca fiducia, giacché l’attuale normativa approvata nel 2006 è stata sottoposta a numerosi ricorsi dalla Corte Costituzionale. Resta, quindi, la terza opzione, nominata da Rajoy nel suo intervento alla Camera dei deputati; una riforma costituzionale seguendo le regole previste per farlo.

LA POSIZIONE DI MOSCA

Per il governo russo la crisi catalana “è una questione interna della Spagna”. Secondo il ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, il dialogo è l’unica via per arrivare ad una soluzione. Durante il Festival Mondiale della Gioventù a Sochi, Lavrov ha detto che i negoziati sono necessari ora più che mai: “Sentiamo inviti al dialogo, sentiamo dire che si è pronti al dialogo, anche da parte di Barcellona. Credo che questo sia l’unica via per gestire la situazione creatasi dopo il risultato del referendum”.

LA BANCA CENTRALE DELLA CATALOGNA

Dietro le quinte, il governo di Puigdemont è convinto che la Catalogna potrà restare – anche se indipendente – all’interno dell’Unione europea e della zona euro, per cui si sta cucinando la creazione di una Banca Centrale della Catalogna. Secondo un dossier visionato l’agenzia di notizie Efe, si tratterebbe di “un’autorità monetaria del nuovo Paese” con circa 500 impiegati. Il progetto è elaborato dal vicepresidente della Catalogna e ministro dell’Economia regionale, il separatista Oriol Junqueras. “La continuità dello spazio economico europeo si può garantire attraverso l’Associazione Europea di Libero Commercio – si legge nel testo -. Probabilmente l’Europa non porrà il tappeto rosso alla Catalogna in un primo momento, ma si troverà il modo di non danneggiare le esportazioni né le multinazionali europee che sono presenti in Catalogna”. I benefici della Banca Centrale della Catalogna sarebbero di circa 500 milioni di euro all’anno e risulterebbe tra le banche più efficienti d’Europa.

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