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Che cosa pensava l’ufficio studi di Banca d’Italia di “La paura e la speranza” di Giulio Tremonti

Di Il Foglio

Ieri l’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha inviato a Formiche.net una lettera a proposito di un articolo in cui si accennava a rilievi contenuti in una nota riservata dell’ufficio studi di Banca d’Italia diretto da Salvatore Rossi datata 2008 sul libro di Tremonti “La paura e la speranza” che fu svelata dal Foglio. Poiché Tremonti chiede lumi su quei rilievi, abbiamo chiesto al quotidiano allora diretto da Giuliano Ferrara e ora da Claudio Cerasa il testo dell’articolo in questione che non si rintraccia on line. Ecco di seguito l’intero articolo uscito nella colonna di apertura del Foglio del 21 novembre 2008. I passi salienti si trovano in fondo al pezzo. (Redazione)

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Roma. Mercoledì prossimo il governo dovrebbe approvare il decreto che consente il rafforzamento delle principali banche quotate in Borsa. La misura su cui ci sarebbe un accordo è l’emissione di obbligazioni che saranno acquistate dallo stato. I condizionali sono d’obbligo: sono almeno tre i motivi di attrito che stanno contrapponendo il Tesoro al sistema bancario. Il primo riguarda l’indice di patrimonializzazione (Core Tier 1) degli istituti di credito, giudicato unanimemente basso rispetto a quello delle banche europee. L’auspicio dell’esecutivo è che l’indice minimo che misura la solidità patrimoniale, e quindi la capacità di erogare credito, sia elevato “dal 6 per cento fino anche al 9-10 per cento”, dice al Foglio uno dei consiglieri economici legati alla maggioranza.

Le banche, pur condividendo la necessità, specie per i maggiori istituti, di elevare la patrimonializzazione, sono di fatto contrarie a un nuovo indice comune stabilito per legge, oppure indicato-consigliato dalla Banca d’Italia. Il sistema bancario, quindi, gradirebbe una flessibilità dell’indice per evitare di chiedere molti soldi al Tesoro con la sottoscrizione dei prestiti obbligazionari. Non solo: secondo l’Abi, l’associazione che riunisce le banche, l’innalzamento dell’asticella potrebbe essere deciso soltanto dal comitato di Basilea (organizzazione formata dai governatori centrali dei dieci paesi più industrializzati).

Una tesi così commentata da un banchiere di lungo corso che chiede l’anonimato: “Non è vero. Non è necessario un intervento del comitato di Basilea”. Anche una fonte interna alle istituzioni che seguono il dossier rileva: “Le autorità nazionali in questo campo possono muoversi autonomamente rispetto al comitato di Basilea”.

Il secondo fronte di scontro riguarda un aspetto cui il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, tiene in maniera particolare. Anzi, è il vero aspetto per cui preme da tempo per il provvedimento: le banche vanno irrobustite nel capitale per consentire loro di mantenere e accrescere il credito da concedere alle imprese e alle famiglie. A questo fine il Tesoro spingerebbe per inserire nel decreto un tasso percentuale di crescita dei prestiti alla clientela, come “corrispettivo” della disponibilità dello stato a sottoscrivere le obbligazioni bancarie.

L’ipotesi, sullo stile di quanto successo in Francia, è avversata dalle banche, che la ritengono troppo interventista. Stesso giudizio con cui è bollata – ecco la terza ragione di contrapposizione – l’idea del Tesoro che punta a prevedere un tetto ai bonus dei top manager delle banche, sulla scia di quanto stabilito in Germania. Si rischia di passare da una condizione di assenza di regole e di totale libertà a una di dirigismo, ha detto ieri Corrado Faissola, presidente dell’Abi. Che cosa significa “mercatismo”?

Ma la partita tra Tesoro e banche riguarda anche la Banca d’Italia. L’istituto centrale governato da Mario Draghi gradirebbe un provvedimento ispirato alla gradualità e alla flessibilità, condividendo per molti aspetti le richieste delle maggiori banche sorvegliate. Una posizione che s’inserisce in un rapporto dialettico con il Tesoro che dura da tempo, come ha sottolineato ieri l’editoriale del Sole 24 Ore firmato da Orazio Carabini.

L’editoriale del quotidiano confindustriale diretto da Ferruccio de Bortoli si conclude con una sorta di appello ai contendenti: cari Tremonti e Draghi, deponete i fioretti e agite in sintonia, “c’è un nemico comune da battere: si chiama recessione”.

Si vedrà se il consiglio del Sole 24 Ore sarà raccolto. Sta di fatto che le differenze di vedute tra i due protagonisti restano. Basta scorrere un documento riservato di otto pagine che il Foglio è in grado di rivelare.

È un appunto interno dell’Istituto centrale scritto dal servizio studi di Palazzo Koch. Si commentano le tesi di Tremonti espresse nel saggio “La Paura e la Speranza”. Bankitalia, pur riconoscendo che “l’autore si rivolge esplicitamente ad ansie ed incertezze effettivamente presenti in ampi strati della società”, rimarca che “l’analisi che propone soffre di diversi limiti, sia nel metodo che nel merito”. Sono quattro in particolare i “limiti” del pamphlet di Tremonti, secondo via Nazionale. Primo: “Si evidenziano solo i costi della globalizzazione e non i benefici”. Secondo: “I costi di cui si parla non sono conseguenze dirette della globalizzazione, o lo sono in minima parte”. Terzo: “Si fanno dipendere i costi della globalizzazione dall’eccesso di mercatismo, ma non si chiarisce mai cosa si intenda con tale termine”. Infine, “il criterio cui si fa riferimento è limitato al benessere economico e sociale dell’Italia oppure dell’Europa”.

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