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Big data e Pubblica amministrazione digitale. A che punto siamo?

big data

“Ci sono settori della Pubblica amministrazione che recepiscono bene il lavoro che svolgiamo e collaborano quotidianamente, altri che vanno presi per mano nel cammino verso la digitalizzazione”. Sono le parole di Raffaele Lillo, chief data officer del Team per la Trasformazione Digitale della Pa coordinato da Diego Piacentini (nella foto), voluto dal governo Renzi. Obiettivo: rendere accessibile al pubblico tutti i dati che la Pubblica amministrazione produce, non prima di averli valutati: “Stiamo lavorando bene – ha aggiunto Lillo – ma il tempo stringe, il nostro mandato finisce il 16 settembre 2018”, rispondendo alla domanda di un agente della polizia stradale durante la prima conferenza internazionale TRAP2017 (Traffic Police) per il lancio ufficiale della nuova attività di ricerca della Polizia Stradale. La novità annunciata dalla polizia consiste nell’analizzare i dati riguardanti i flussi di traffico per creare strategie risolutive, migliorare la sicurezza stradale e diminuire le vittime di incidenti. Ma le parole di Lillo ci raccontano che sul tema dei dati l’Italia è in ritardo.

Giovanni Azzone, ingegnere gestionale ed ex rettore del Politecnico di Milano, ha detto di recente che la missione non è semplice per nessuno: «La Pubblica amministrazione italiana non è pronta, così come non lo è il resto del mondo. Non si tratta di tecnologia o d’infrastruttura, ma di organizzazione dei dati. Non si tratta solo di raccoglierli: il problema è renderli leggibili».

“In Italia i big data non esistono”, sosteneva nel 2016 l’esperto di business intelligence Marco Russo, ma in realtà abbiamo grandi quantità di dati in molti settori (sanità, istruzione, fiscalità, pensioni, eventi culturali, crimini, eventi aziendali, energia, giustizia, etc. etc.) che forse aspettano solo di essere digitalizzati e analizzati più rapidamente.  In ogni caso le domande che dobbiamo porci per iniziare a capire cosa sono i big data e come siamo messi in Italia sono altre.

Quali sono i dati che potrebbero rientrare nella categoria dei big data? Quali sono i settori interessati? A cosa potrebbero servirci? Abbiamo la capacità di analizzarli? Molto riguarda la nostra Pubblica amministrazione, ma quali sono le implicazioni di sicurezza e privacy? L’unica certezza è che quando si parla di big data è ancora difficile trarre conclusioni perché i confini sono ancora indefiniti e in continua evoluzione.

In Italia siamo ancora alla ricerca di una definizione chiara. “Amazon, Google e Facebook li chiamano semplicemente dati, tutti gli altri li chiamano big data quando si riferiscono all’enorme quantità di informazioni che queste big companies registrano ed elaborano ogni giorno”, ha detto Fabiana Lanotte, software developer del Team per la Trasformazione Digitale.

Per mettere ordine su questo tema Formiche.net inizierà una serie di approfondimenti con l’obiettivo di capire che cosa siano i big data e a che punto siamo in Italia.


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