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Chi sarà il prossimo ministro delle Finanze in Germania?

“La strada è irta e lunga, d’altro canto non è che Kingston stia dietro l’angolo”, scrivono i media tedeschi, alludendo al nome della coalizione che potrebbe guidare la Germania nei prossimi quattro anni, la cosiddetta “coalizione Giamaica”. È dunque comprensibile che per giungere ad accordi solidi, tra partiti così diversi come i conservatori CDU e CSU (Unione), il liberale FDP e il progressista Verdi ci vuole tempo. Per molti poi, questa coalizione di governo è né più né meno che un esperimento. Un esperimento che (stando ai sondaggi) vale comunque la pena osare per la maggioranza dei tedeschi, mentre agli occhi dei politici appare assai più rischioso, perlomeno a livello federale. A livello regionaleinfatti c’è già stato un governo simile nel 2009 nel Saarland, la regione che confina con la Francia. Si è però dimesso anzitempo nel 2012. Dalla primavera di quest’anno, invece è la regione dello Schleswig-Holstein (la regione sopra Amburgo) a essere governata da una colazione Giamaica.

Ma non sono solo i punti del futuro programma di governo a richiedere lunghe trattative, a volte anche fino a notte fonda, e non sempre coronate dal successo. C’è anche il problema della distribuzione di dicasteri.

È vero che l’assegnazione dei ministeri avverrà ufficialmente solo dopo aver raggiunto un accordo sul programma di governo. Ciò nonostante, c’è un dicastero in particolare la cui assegnazione non è meno decisiva del programma per la nascita o meno di questa coalizione. Si tratta del ministero delle Finanze.

Per otto anni ne è stato il padrone di casa il cristianodemocratico Wolfgang Schäuble, ora eletto a presidente del Bundestag, il Parlamento federale tedesco. Schäuble non è stato di certo un capo facile. Nel corso dei suoi due mandati ogni tanto trapelavano anche lamentele sui suoi modi bruschi. Anni fa Schäuble aveva umiliato pubblicamente durante una conferenza stampa il suo portavoce, perché non aveva fatto avere in tempo ai giornalisti alcuni documenti. Ciò nonostante, settimana scorsa, i dipendenti hanno voluto salutarlo in un modo veramente singolare: nel cortile dell’austero palazzo delle Finanze, centinaia di loro si sono messi in modo tale da formare un gigantesco zero, richiamando così uno dei successi dell’era Schäuble: cioè quello di essere riuscito dal 2014 in poi, a presentare bilanci senza ulteriore indebitamento da parte dello stato. Secondo la Bild Zeitung un’eredità degna dei libri di storia e con la quale d’ora in poi dovranno misurarsi i ministri delle Finanze.

Già ma chi prenderà il posto di Schäuble? I liberali dell’FDP non hanno mai fatto mistero che quella poltrona la vorrebbe occupare loro. Se non con il capo del partito, il 38enne Christian Lindner (nella foto), al quale il partito deve la propria rinascita, allora con il secondo uomo più potente del partito, Wolfgang Kubicki. Sessantacinquenne, politico di lungo corso, Kubicki è uno dei pochi sopravvissuti dell’era pre- settembre 2013, cioè le penultime elezioni, nelle quali l’FDP non riuscì nemmeno a superare la soglia di sbarramento del 5 per cento, e dovette uscire dal Bundestag. A tutt’oggi i liberali sono convinti che se non vogliono fare la fine che hanno fatto quattro anni fa, dopo aver governato con l’Unione (o meglio essersi fatti prendere al guinzaglio da Merkel) devono misurarsi con un dicastero di peso.

Ma dare in mano proprio le Finanze all’Fdp, è un’idea che non piace all’Unione (e nemmeno ai Verdi per motivi opposti). Non piace perché Lindner e Kubicki per quel che riguarda la gestione economica nell’Ue sono assai più euroscettici e hanno in passato fortemente criticato la gestione dell’eurozona, fa notare lo Spiegel.

Già ma cosa accadrebbe se a prendere in mano le redini del dicastero nella Wilhelmstraße fosse il capo o il vicecapo dell’Fpd? Sempre secondo il settimanale, a quel punto l’Unione a male estremo ricorrerebbe a estremi rimedi, estrapolando dalle Finanze tutte le questioni inerenti la politica monetaria internazionale (in primo luogo tutto quello che riguarda l’euro), trasferendole al ministero dell’Economia, il quale, per la logica dell’alternanza verrebbe guidato da un politico dell’Unione. Ma non sarebbe solo la politica monetaria a cambiare casa, anche quella bancaria e finanziaria (materie sempre più strettamente intrecciate alla politica europea) finirebbe traslocherebbe. Così facendo, il ministero delle Finanze verrebbe però svuotato delle sue principali competenze e ridotto a occuparsi solo di questioni fiscali e di bilancio interno. Alle sedute dell’eurogruppo parteciperebbe in futuro non più il ministro delle Finanze, ma quello dell’Economia.

Problema risolto, dunque? No, scrive lo Spiegel, perché se veramente si dovesse arrivare a questi cambiamenti, la Germania rischierebbe di perdere potere a Bruxelles. Il ministro dell’Economia avrebbe, infatti, uno spazio di azione limitato a Bruxelles. E ogni volta che vi fosse bisogno di soldi dovrebbe non solo fare richiesta alla Kanzlerin, ma ovviamente anche al ministero delle Finanze, retto per giunta dal rappresentate di un altro partito. Per cui al posto del potente e cocciuto ministro delle Finanze tedesco, che fino a oggi ha fatto “rigare dritto” il resto dell’eurozona, ora ci sarebbe un ministro dimezzato.

Una situazione doppiamente assurda per Berlino. Perché, spiega il settimanale, mentre italiani, francesi e greci si strofinerebbero le mani per non doversi più confrontare con l’austero e severo Schäuble, Berlino si ritroverebbe con un ministero delle Finanze relegato a emettere assegni e basta.

Infine, questo indebolimento di fatto, contraddirebbe le intenzioni ripetutamente proclamate da parte della classe politica tedesca: cioè, mostrarsi in futuro più incisivi in Europa, portare avanti in modo più efficace le richieste e aspettative tedesche. Fino a ora, infatti, quando a Bruxelles si tratta di tematiche sulle quali in Germania due ministeri la pensano in modo diverso, i tedeschi devono astenersi dal voto. Un esempio recente l’ha fornito il dibattito sul diserbante glifosato. Il ministero dell’Agricoltura e quello della Sanità non sono riusciti ad accordarsi se dare il via libera o meno a questo prodotto sospettato di essere cancerogeno. Questo regola tedesca ha ripetutamente irritato gli altri stati membri, visto che provoca inevitabili ritardi. Se ora le competenze dei dicasteri Economia e Finanza venissero divisi, il blocco rischierebbe di essere ancora più gravoso. Motivo per cui, alcuni dei politici che guidano i colloqui esplorativi sollecitano di chiarire velocemente il ruolo che Berlino intende rivestire in futuro nell’Ue. E proprio il ministro dell’Agricoltura uscente, il cristianosociale Christian Schmidt è tra quelli che fa più pressione, temendo che in caso contrario verranno a costituirsi gruppi di interesse europei che potrebbero soffocare la voce tedesca.

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