Con una breve omelia dettata venerdì per la messa di suffragio per i cardinali e i vescovi defunti nel corso dell’anno, Papa Francesco è sembrato entrare nel dibattito sulla traduzione della preghiera eucaristica sostenendo la posizione del predecessore Benedetto XVI. Anche modificando quanto aveva detto due anni fa. E insieme ha implicitamente non concluso la discussione intorno al suo recente motu proprio Magnum principium sulle competenze delle conferenze episcopali nella traduzione dei testi liturgici.
COSA HA DETTO IL PAPA
Commentando il passaggio del libro di Daniele, dove il profeta ricorda che “molti di quelli che dormono nella regione della polvere si risveglieranno”, Francesco ha precisato: “I ‘molti’ che risorgeranno per una vita eterna sono da intendere come i ‘molti’ per i quali è versato il sangue di Cristo. Sono la moltitudine che, grazie alla bontà misericordiosa di Dio, può sperimentare la realtà della vita che non passa, la vittoria completa sulla morte per mezzo della risurrezione”. Virgolette e corsivo che incorniciano “molti” sono nel testo ufficiale diffuso dal Vaticano. E sembrano una discreta quanto chiara presa di posizione del Papa nella disputa sulla traduzione delle parole della preghiera eucaristica al momento della consacrazione del vino nel sangue di Cristo.
PER MOLTI O PER TUTTI?
Nell’editio typica in latino del Messale romano a cui fanno riferimento le traduzioni nelle diverse lingue moderne si legge “Hic est enim calix sanguinis mei … qui pro vobis et pro multis effundetur”. Molte versioni postconciliari hanno scelto di leggere il pro multis come un pro omnibus, di conseguenza declinato. Con il risultato di una non irrilevante differenza in un punto cruciale del credo cattolico: stessa messa, ma diverse parole alla consacrazione eucaristica. Anche per gli stessi gruppi linguistici. Così in italiano si ha “per tutti”; chi va a messa in un paese germanofono ascolterà a volte le parole “für viele” (per molti), ma in altre regioni sentirà “für alle” (per tutti). Discrepanze anche in spagnolo. Alcune conferenze episcopali hanno scelto di tradurre “por muchos”, per molti; altre “por todos los hombres”, per tutti gli uomini. Traduzione più letterale in Francia, dove risuona un “pour la multitude” che riecheggia la moltitudine a cui ha fatto riferimento Francesco.
LA POSIZIONE DI BENEDETTO XVI
Alle traduzioni interpretative aveva tentato di porre un argine Benedetto XVI. Nel 2006 fece inviare una lettera a tutte le conferenze episcopali dall’allora prefetto del Culto divino Francis Arinze, chiarendo la preferenza per una traduzione letterale del “pro multis” e invitando a modificarla qualora fosse in uso l’espressione “per tutti”. Appello raccolto negli Usa, dove dal 2011 il nuovo messale ha abbandonato “for all” per la formula “for many”. Ma la richiesta è spesso caduta nel vuoto. Come in Italia dove, ha rivelato il vaticanista Sandro Magister, nel 2010 in una votazione su 187 vescovi soltanto in 11 si espressero per cambiare in “per molti”. Papa Ratzinger era poi tornato sulla questione in una lettera del 2012 ai vescovi della Germania. Il documento, firmato di suo pugno, riassume le ragioni teologiche della necessaria fedeltà all’originale latino, precisando che il cambiamento della traduzione doveva avvenire accompagnato da una specifica catechesi ai fedeli. Per il Papa tedesco, il “per molti” conserva una concezione giusta della salvezza che lascia il credente la libertà di dire sì all’amore di Dio.
COME CELEBRA FRANCESCO
Le parole di Francesco riaprono ma non sembrano chiudere il dibattito. Del resto, lui stesso celebra messa utilizzando a seconda dei casi l’una o l’altra versione. Così a Cuba il 20 settembre 2015 ha utilizzato la formula spagnola “por todos los hombres”, ma a Washington, tre giorni dopo, sempre in spagnolo, ha pregato con un “por muchos”, più aderente al “pro multis” utilizzato nelle altre celebrazioni durante lo stesso viaggio apostolico dove il canone è stato letto in latino. E se venerdì per la messa in San Pietro ha usato la preghiera in latino con il “pro multis”, il giorno prima, al cimitero di Nettuno, utilizzando la stessa preghiera eucaristica ma in italiano, aveva usato le parole “per tutti”, la traduzione attualmente in vigore in Italia. In Argentina, dove l’attuale versione del Messale è stata promulgata nel 2009, quando il cardinale Jorge Mario Bergoglio era primate del Paese, si legge “por muchos”. Traduzione valida anche per Cile, Paraguay e Uruguay.
LE PAROLE DI BERGOGLIO DEL 2015
Con questo intervento, Papa Francesco prende dunque posizione? Non si può non ricordare che nel 2015 ai partecipanti al V Convegno nazionale della Chiesa italiana riuniti a Firenze disse: “Ben sapete che il Signore ha versato il suo sangue non per alcuni, né per pochi né per molti, ma per tutti”. Che suona differente rispetto alle parole utilizzate venerdì in San Pietro. Un’espressione, quella del 2015, che per il teologo Andrea Grillo – considerato uno degli ispiratori di una pretesa volontà di devolution liturgica dell’attuale pontificato – avrebbe sancito la “conclusione alle inutili discussioni sul pro multis, che avevano caratterizzato gli ultimi anni del pontificato di Benedetto XVI”.
SI RIAPRE IL DIBATTITO?
Ora Bergoglio sembra riaprire il dibattito. Che andrà incorniciato all’interno del suo motu proprio di settembre Magnum principium che spinge per il decentramento delle traduzioni liturgiche ed è stato visto da molti come un rovesciamento del precedente documento in materia, Liturgiam authenticam. Documento difeso dal prefetto del Culto divino, Robert Sarah, che per avere depotenziato la novità introdotta da Francesco si è visto redarguire dal Papa con una sonora correctio paternalis. Un test sul singolo punto del pro multis sarà la traduzione del nuovo messale italiano, la cui pubblicazione è attesa da tempo. I vescovi conserveranno il “per tutti” attualmente in uso o sceglieranno una resa più letterale del canone della messa?