Così Paolo VI descriveva la Chiesa: una “istituzione sacra e santa, costruita con materiale umano e inserita nel fiume della storia”. A ricordarlo è stato il segretario di stato della Santa Sede, il cardinale Pietro Parolin (nella foto), mercoledì 8 novembre in occasione di un convegno tenutosi all’interno della Basilica di San Paolo fuori le mura, a Roma, organizzato dall’università degli studi di Roma Tre per celebrare i cinquant’anni della Populorum Progressio, una delle encicliche più note del pontefice Giovanni Battista Montini.
LE PAROLE DI PAROLIN AL CONVEGNO SU PAOLO VI
“Paolo VI ha amato la cultura, ha difeso e tutelato gli artisti, ha aperto alle scoperte scientifiche, di cui ne viveva il fascino, e sin da giovane era attratto dalla storia, dall’evoluzione della civiltà e dal progredire dell’uomo nella dimensione materiale e spirituale. Per ricordare, soprattutto ai giovani, che la vita presenta soddisfazioni, sorprese, talvolta sofferenze ma anche traguardi, e sempre conseguiti con gioia”, ha ricordato il segretario di Stato vaticano davanti agli studenti dell’università romana, venuti ad ascoltare le sue parole all’interno della Basilica. “L’insegnamento di Paolo VI è ricco di entusiasmo per la vita, che trasmette anche a chi legge i suoi scritti, e a chi lo ammira anche nella dimensione spirituale”, ha aggiunto.
(AMATO, BERTONE E CARDIA RICORDANO PAOLO VI. LE FOTO)
GIOVANNI BATTISTA MONTINI E IL SUO PONTIFICATO
Nel corso del convegno si è infatti ricordato il pontefice sotto vari profili: nella sua dimensione spirituale, ma anche in quella personale, oltre che di capo della Chiesa e successore di Pietro. O della sua produzione intellettuale, e quindi attraverso le sue encicliche, che esprimono “il suo amore per la giustizia e per l’umanità”. E poi nel modo in cui spesso è stato descritto dall’esterno, o infine attraverso i suoi numerosi e importanti interventi pubblici, scanditi di fronte ai grandi eventi della storia: il Concilio Vaticano II, lo sbarco sulla luna, la condanna delle persecuzioni nell’Unione Sovietica, in quella che venne definita Ostpolitik, e infine il tema della pace nel mondo, con lo storico discorso all’Onu che inserì la Chiesa e lo Stato Vaticano nel grande consesso delle nazioni e delle decisioni internazionali.
IL RICORDO DI PAPA MONTINI DEL CARDINALE PAROLIN
Tra i discorsi più noti, Parolin ha ricordato il suo “pensiero alla morte” in cui chiedeva, soprattutto agli ecclesiastici, di “dare tutta la propria vita alla Chiesa”. O quello alla Fuci in cui indicava tre tipi di formazione: “morale, intellettuale, spirituale”, coerente cioè “in pensiero, parola, azione”. Fu “avvocato dei popoli che vivevano nella fame e nell’ingiustizia, e da questo amore per l’uomo nasceva la sua insofferenza”, ha aggiunto Parolin. E così capì che “l’uomo moderno è spaesato perché ha perso il suo vero orientamento, che consiste nel guardare al cielo”. Di fronte a questa condizione, “era reale la capacità di Paolo VI di domandarsi se non era dovuta anche da sue responsabilità personali, o della Chiesa, e quindi di domandare perdono se non siamo stati bravi testimoni, e capaci di annunciare il Vangelo”, ha proseguito il porporato.
(AMATO, BERTONE E CARDIA RICORDANO PAOLO VI. LE FOTO)
L’AMORE PER L’ITALIA E I MESSAGGI DI POLITICI E RELIGIOSI ITALIANI
Un aspetto importante di papa Montini, nato in un paesino del bresciano, fu anche l’amore per l’Italia. E non a caso sono state numerose le personalità pubbliche, della politica e della Chiesa italiana, che hanno voluto lasciare ai partecipanti dell’incontro un messaggio personale per ricordare il pontefice. Da Mattarella a Napolitano, da Gentiloni a Minniti, dal vicario di Roma De Donatis al vescovo di Milano mons. Delpini, o al presidente della Cei Bassetti, che ha condiviso il fatto che il suo “amore per l’Italia non può che ritrovarmi pienamente coinvolto”. Fino a Papa Francesco, che ha ricordato nel suo messaggio “l’appello solenne” di Montini a “una azione concertata per lo sviluppo integrale dell’uomo”: “richiamo che risulta urgente anche ai nostri occhi”, ha scritto Bergoglio, che nel 2014 lo ha reso beato. Ciò che infatti “lo ha mosso è stato un grande amore”, ha ricordato Parolin. “Per Gesù, per la Chiesa, per la verità, per l’uomo. Cristo tu ci sei necessario, diceva. E da questa necessità per gli uomini di tutti i tempi e le latitudini nasceva l’urgenza dell’annuncio”.
IL CONCILIO VATICANO II, L’OSTPOLITIK, LA PACE, LA SCIENZA, LA CULTURA
Parolin ha così sottolineato la “dimensione pastorale” della predicazione di Paolo VI, specialmente in relazione al Concilio Vaticano II. Ovvero “quella attenzione privilegiata verso l’uomo, nella sua realtà concreta”, con l’atteggiamento di fondo “del buon samaritano, di colui che si è chinato nei confronti dell’uomo ferito al lato della strada”, come disse lo stesso Montini. Intravedendo in questo modo la “direzione antropocentrica” che stava imboccando la cultura moderna. “La riforma della Chiesa e della curia romana prendeva le mosse dalla constatazione che la Chiesa ha bisogno di riforme”, ha poi spiegato ancora Parolin. In un confronto costante con “l’inquietudine che ha turbato” da quegli anni “la conversazione della Chiesa, e intorno a lei l’amore dei pubblicisti”. Mettendo poi “sempre in guardia dai fautori di improvvise semplificazioni chirurgiche, talvolta sovversive, ricordando che la modernità della Chiesa non dipende dal ripudio delle sue strutture tradizionali”, e “mettendo in particolare luce la funzione del primato petrino, contro ogni errato concetto di democrazia nella Chiesa”.
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IL PAPA PIÙ ITALIANO E PIÙ UNIVERSALE DELLA MODERNITÀ
Paolo VI, si è poi affermato a più riprese durante il convegno, è stato il papa più italiano e allo stesso tempo il più universale della modernità, contribuendo a formare buona parte della classe dirigente della Repubblica italiana, e spingendo Roma nei “mari aperti di tutto il pianeta”. Dando poi inizio alla riforma del concordato, ricomponendo i rapporti col popolo ebraico, allentando secoli di inimicizie con l’ortodossia cristiana grazie all’incontro con il patriarca di Costantinopoli Atenagora, nominando San Benedetto patrono d’Europa, celebrando le esequie ai funerali di Aldo Moro. E dando forte risalto alla dimensione antropologica della famiglia.
L’INTERVENTO DI GIULIANO AMATO
“Pensiamo al 1967, anno della Populorum Progressio, come diverso era il mondo, la percezione, come diversamente erano discussi i problemi e visti con occhi del passato, e come proprio per questo la sua enciclica fu assolutamente anticipatrice e profetica”, ha proseguito il discorso l’ex presidente del Consiglio dei ministri Giuliano Amato. “Aveva una visione del mondo che era nuova, e fu il primo che cominciò a cogliere la coscienza della pari dignità di ciascuno. Oggi gli stessi concetti sono affermati da Nobel come Amartya Sen, o la piccola Malala, quando dice che l’alfabetizzazione è la prima chiave per la realizzazione degli esseri umani”. “I popoli della fame interpellano in maniera drammatica i popoli dell’opulenza”, scriveva infatti Paolo VI nell’enciclica. Ma non ci sono solo i popoli, ci sono anche i singoli, le persone. “C’erano voluti duemila anni dalla prima volta che è stato detto”, ha continuato Amato. “Nei secoli abbiamo prodotto carte e diritti, ma nella storia umana abbiamo sempre vissuto nel contraddirli. Jefferson aveva schiavi in casa, la rivoluzione francese riconosceva il diritto di voto solo a proprietari e alfabetizzati. E Martin Luther King, combattendo per l’uguaglianza razziale, non a caso citava il verso della Genesi in cui si dice che tutti gli uomini sono stati creati uguali”.
(AMATO, BERTONE E CARDIA RICORDANO PAOLO VI. LE FOTO)
IL COMMENTO DEL CARDINALE HARVEY
“Paolo VI ha amato l’Italia e in particolare Roma”, ha infine aggiunto il cardinale statunitense James Michael Harvey, arciprete della Basilica. “La Populorium Progressio è rivolta a tutto il genere umano, a tutti i paesi della terra, e non presenta una Chiesa che tende ad imporre sistemi societari e politici, ma che come scrive nell’enciclica è ‘lungi dal pretendere minimamente di intromettersi nella politica degli Stati, e ha di mira l’unico scopo di continuare sotto l’opera dello Spirito santo la stessa opera del Cristo venuto nel mondo con la verità per salvare e non per condannare’. Non quindi “per conquistare il potere terreno”, ma per essere “vivente, come è nella storia”, e per “scrutare i segni dei tempi e interpretarli alla luce del Vangelo, in comune con le migliori aspirazioni degli uomini. La Chiesa deve aiutarli a raggiungere la loro piena fioritura, raggiungendo in proprio una visione globale dell’uomo e dell’umanità”.